di Gaetano De Monte e Francesco Tinelli
Lo scenario è quello tipico delle campagne pugliesi: muretti a secco costruiti con antica sapienza, ulivi secolari, rigogliosi vigneti resi tali dalla fatica e dal sudore dei maestri contadini. Una natura che – a distanza di duemila anni da quando Orazio e Vitruvio ne elogiarono la bellezza, il dolce frutto degli ulivi, unici al mondo, e i doni della terra razionalizzati dalla fatica e ancora orti, frutteti e vigne – sembra ancora sopravvivere immutata, nonostante lo scorrere inesorabile dei secoli. Siamo nel cuore di una provincia atipica, diversa dal suo capoluogo per tenore linguistico e per quello stile di vita che stride fortemente con la “vocazione industriale” di cui tanto a sproposito sentiamo parlare ad ogni tornata elettorale. A parte i pensionati Italsider – che, nati contadini, lasciarono la terra per la gloria facile e per la “dignitosità” dell’industria e che oggi però sovente pagano le conseguenze fisiche di quell’esperienza –, generalmente con l’industria pesante da queste parti si condivide soprattutto il veleno che si respira, mescolato a quello delle discariche, e la vista delle ciminiere, che si possono scorgere alla perfezione in tutta la loro maestosa violenza, guardando dalla collina verso tramontana, oltre il Mar Piccolo. (altro…)