…alla “marcia degli otto mila”

di Vincenzo Vestita

Molto è stato detto e scritto sulla giornata tarantina del 30 Marzo 2012. L’attenzione che i media nazionali hanno riservato al rapporto conflittuale tra ambiente, salute e lavoro – che la situazione del nostro territorio esemplifica in modo estremamente plastico – è stata ben riassunta dal breve reportage di Alessandro Sortino andato in onda il 5 aprile su La7 nella trasmissione Piazza Pulita che, al netto di qualche piccola (e trascurabile) imprecisione, ha ben fotografato la giornata, inserendola nel quadro generale. (altro…)

di Gaetano De Monte

Taranto è la città che, all’inizio degli anni ’90, con Giancarlo Cito e la sua Lega d’azione meridionale, – più che un partito personale un vero e proprio clan familiare, un movimento politico misto di un leghismo nero e xenofobia al sapore della cozza tarantina – è stata in una certa misura laboratorio politico del populismo italiano. In concomitanza con le elezioni amministrative cittadine del 6 maggio c’è il pericolo dell’affermazione di una destra eversiva a spaventare le cosiddette forze democratiche.
E’ la destra di Giancarlo Cito, ex picchiatore fascista, telepredicatore dalle frequenze delle tv di sua proprietà, Tbm e Super 7, già sindaco nel 1993, eletto deputato nel 1996 con 33.960 voti. Alle spalle una condanna passata in giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa, con conseguenti quattro anni di carcere scontati dal 2003 al 2007. Ed un’altra condanna definitiva, sempre a quattro anni, per una mazzetta ricevuta dal portavoce della Dirav, la multinazionale liberiana interessata al progetto del porticciolo turistico a San Vito, che proprio in queste ore, gli ha spalancato le porte del carcere di via Speziale.
Infatti il candidato, per chi non avesse la ventura di conoscere le dinamiche politiche di Taranto, non è lui, ma il figlio Mario, candidato sindaco già alle elezioni del 27 e 28 maggio 2008, quando riuscì nella straordinaria impresa di essere il primo candidato sindaco nella storia di questo Paese, a prendere il 20,2 % dei voti senza pronunciare nemmeno una parola. Eppure, nonostante le vicende giudiziarie, per dirla con il titolo di un pamphlet di Alessandro Leogrande, pubblicato da minimum fax nella raccolta di saggi ed inchieste “ Il Corpo ed il Sangue d’Italia”, potrebbe essere “L’eterno ritorno di Giancarlo Cito”. (altro…)

Il leghismo tarantino di Cito sdoganato da Fitto e dal Pdl*

di Alessandro Leogrande

Alle ultime elezioni provinciali, a Taranto è accaduto un fatto surreale. Al ballottaggio, un po’ come in tutta Italia, sono andati un candidato del Pd (Gianni Florido, presidente uscente) e uno del Pdl (Domenico Rana, il presidente che lo aveva preceduto). A guardarla in superficie si direbbe una chiara applicazione del principio dell’alternanza, in realtà il vero vincitore delle elezioni è Giancarlo Cito, l’ex sindaco degli anni 90.
Ex picchiatore fascista ossessionato dalle arti marziali, Cito era diventato un telepredicatore razzista e forcaiolo. (altro…)

Un’altra Taranto era possibile. A colloquio con Pinuccio Stea

di Salvatore Romeo (’84)

“Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.” Non sempre – anzi, quasi mai – il desiderio di Holden Caufield è realizzabile. Ammetto quindi di essere stato fortunato: finito di leggere l’ultimo libro di Pinuccio Stea, “Taranto da Lorusso a Cannata (1971-1982)” (ed. Scorpione), mi sono precipitato al telefono per sentire l’autore. Non è stato difficile ottenere un incontro, da cui è venuta fuori la “chiacchierata” che potete leggere di seguito. Questo libro di Stea è l’atto conclusivo di un percorso di ricostruzione della politica cittadina nell’ultimo dopoguerra sviluppatosi, a cominciare dal 2006, attraverso altre quattro pubblicazioni. Era partito da Cannata e dall’epilogo delle giunte di sinistra negli anni ’80 il nostro autore – già autorevole dirigente della sinistra tarantina (prima PCI, poi PDS e DS) – e a Cannata ritorna, quasi a voler segnalare il valore di spartiacque di quell’esperienza politica per la nostra comunità: il segno di quello che avrebbe potuto essere – e non è stata – la terza città più grande del Mezzogiorno continentale. Lo straordinario merito di quest’ultima fatica di Stea consiste dunque nel riabilitare dalla damnatio memoriae una Taranto che ha provato a immaginarsi (e a diventare) città europea, affrontando con convinzione i nodi del suo sviluppo squilibrato. Ecco che dalle macerie emerge allora una città combattiva, che non accetta la subalternità alla grande industria, un movimento operaio forte e consapevole, avanguardia del processo di trasformazione, una società civile vivace e aperta alle suggestioni e alle influenze del mondo esterno. Una Taranto quasi irriconoscibile e inaspettata. (altro…)

Una storia triste

di Tristolandia

Più di ogni muro di omertà, oggi vogliamo parlarvi di una storia, un avvenimento triste che ha turbato parecchi di noi.
Quando una lettera, che non possiamo che ritenere minatoria, distrugge la serenità del focolare, quando un muto dolore prende il sopravvento dopo anni di velenosi silenzi. Ora sei lì, mesto, ti senti perso. Nella tua omertà forzata non sai cosa dire. Il tuo studio, tra un busto ventennale ed una foto memorabile, è vuoto. Una parola sembra uscirti per reagire, ma nulla. Cerchi di ripassare il tuo discorso, ma cala in te un tetro gelo. Pensi fra te e te “Lui avrebbe fatto così”. E ripensi a quel molo della discordia, non saresti mai voluto andare su quella barchetta.

Quel colpo al cuore, quel ricovero forzato. E’ rimasto lì, piantato e piantonato. Non era più quello di una volta, non riusciva a rendersi conto della fine che aveva fatto. Per un attimo ripensi all’India, no, non così lontano. Fermati, zitto, non farti sommergere dalla polvere, candida deve essere la tua reazione. Non è tagliata su di te, pensi. (altro…)

Basta ai finanziamenti pubblici ai partiti. Da che pulpito?

di Massimiliano Martucci

L’argomento di questa settimana sarebbe stata la morte di Morosini e il modo in cui un evento del genere, che da un punto di vista meramente quantitativo è meno grave della massa dei suicidi da crisi, interviene nel flusso degli eventi e ne modifica il corso. Ma mentre le prima parole toccavano il foglio, da Facebook ecco che un amico posta un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno. Un articolo che merita minimo minimo un fermarsi a riflettere.

L’articolo in questione raccoglie la dichiarazione di un prete di Surbo, tale Don Antonio Murrone, che ha fatto partire una lettera aperta affinchè i partiti rinuncino ai rimborsi elettorali, soprattutto in momento di crisi come questo. Niente rimborsi, soprattutto dopo il caso Lega Nord. (altro…)

Montgomery vs. Trench

di Cosimo Spada

Il mondo della musica è molto simile ad un negozio di abbigliamento per uomo. Hai bisogno di un cappotto, ma la tua condizione di maschio ti ha reso incapace di avere dei gusti chiari in fatto di abbigliamento: invidio le donne. Beh, tu vai nel negozio e, ad un commesso sottopagato e perennemente mestruato, chiedi un cappotto. Ma è qui che nasce il problem:, la fai facile a chiedere un cappotto. “Vuole un trench o vuole un montgomery?”, ti chiede il sottopagato mestruato, ma tu vuoi solo un cappotto, e non capisci le differenze sostanziali e le sfumature tra i diversi tipi di cappotto. Sei come un piccolo Calearo: vuoi solo mangiare, mica ti interessa in quale partito puoi farlo. (altro…)

Quel che resta oggi dell'acciaieria di Mongiana

di Salvatore Romeo (’85)

“Se sei di Mongiana, ogni giorno vedi cos’eri e a cosa sei stato ridotto”.

Quando Garibaldi, con a seguito le mille camicie rosse, sbarcò nei pressi di Marsala nel lontano 1860, qualcuno non esultò. Troppa la paura che uno straniero venisse non a liberare, ma a conquistare terre già conquistate; insomma, in molti temevano un mero un cambio di “proprietà” e non una ridistribuzione. La storia ci insegna che i riluttanti della liberazione non si sono scostati molto dalla realtà. Tra i diversi soprusi che le truppe garibaldine prima e lo stato piemontese poi hanno inflitto al territorio meridionale, è utile soffermarsi sulla chiusura della più grande acciaieria “italiana” di quel tempo: la fabbrica d’armi sita a Mongiana, piccolo paese di quella perla grezza che è la Calabria.

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