di Gaetano De Monte e Francesco Ferri
Poco attenti ai divieti intimati, ben nascosti tra gli alberi d’ulivo e i numerosi camion dei vigili del fuoco, tra le pieghe di un tramonto che da queste parti si tinge dei colori della vigna, abbiamo voluto renderci conto della portata reale della partita che si sta giocando in contrada Paione, tra Manduria ed Oria, al confine tra le province di Taranto e Brindisi, nella zona di un ex aeroporto, dismesso ormai da decenni. Quest’area, immersa nella campagna e distante pochi chilometri dalla cittadina brindisina (ma situata sul territorio del comune di Manduria) è stata individuata dal ministero degli Interni come zona idonea per ospitare la prima tendopoli italiana, nella quale confluiranno una parte dei profughi provenienti dal Maghreb.
Le gru scaricano freneticamente container dai camion, le pale meccaniche spianano l’area su cui vengono, a ritmo serrato, allestite le tende. I vigili del fuoco giunti da mezza Italia si prestano, un po’ imbarazzati, a qualche battuta. Anche nei loro sguardi dubbiosi, nelle loro titubanti parole, si coglie la percezione della solennità del meccanismo messo in atto al confine orientale della provincia Ionica.
Poco convinti dalle altalenanti e frammentarie versioni ufficiali che ci continuano a raccontare, in maniera abbastanza inverosimile, di come l’area in questione avrà i connotati di centro temporaneo di accoglienza (parola che, associata a recinzioni e filo spinato, mette i brividi), ci aggiriamo intorno alle tende ancora vuote e la sensazione dalla quale siamo avvolti, ognuno nel proprio silenzio, è allo stesso tempo una domanda connotata da un retrogusto acre di paura e di rabbia: che ne sarà degli uomini, investiti da guerra e morte, che verranno qui reclusi?
Preoccupazioni e timori ci assalgono, tutto è in divenire. Ci sono, mentre si scrive, solo vigili del fuoco che continuano freneticamente a mettere su il campo profughi dalle potenziali proporzioni gigantesche e che, alla prova visiva, palesa in maniera incontrovertibile di come il concetto più appropriato per descrivere costruzioni di questo tipo sia reclusione forzata, in luogo dell’inflazionato e tremendamente più rassicurante termine di tendopoli.
Quello che percepiamo anche è che, parafrasando il presidente Vendola “In Puglia si accoglie e non si fa razzismo”. E che la Puglia “ostacolerà in ogni modo qualsiasi operazione di incivile ordine pubblico camuffata con volute di amorevole accoglienza”, cosi’ come ha dichiarato Nicola Fratoianni, assessore della giunta Vendola con delega alle politiche di inclusione per i migranti, che questo pomeriggio ha visitato la costruzione in divenire.
Appare altresì certo, fin da ora, è che il centro di Manduria ha ogni elemento utile per divenire, da subito, assolutamente lesivo di ogni concetto possibile di dignità umana, e che il meccanismo azionato nella cittadina tarantina è assolutamente contiguo alle politiche messe in atto dal governo italiano in tema di migranti. Separare, schedare, contenere, respingere, isolare, gestire, controllare. Oggi Manduria, forse per la prima volta nella sua storia, è in Europa.
Ci rendiamo conto di quanto sia forviante la circostanza per cui che nel dibattito politico nazionale l’unico elemento di discussione ruoti incorno al numero di ‘invasori’ in arrivo sulle nostre coste, e di quanto i concetti di solidarietà e accoglienza, inflazionati nelle normative italiane ed europee in tema di migrazioni sappiano, drammaticamente, di beffa.
Ci appare evidente come, qui ed ora, sia in ballo una sfida dalla portata epocale. Una partita iniziata vent’anni fa, nel rapporto tra la Puglia e i cittadini albanesi. Che è continuata – e che continua – drammaticamente nelle campagne del foggiano, e non solo. E che investe nuovamente il territorio pugliese. Saprà la nostra regione mostrarsi matura e coraggiosa, calda e colorata, aperta e solidale, facendosi contaminare dal vento di libertà proveniente dalla sponda sud del mediterraneo, e declinandolo in una rivolta generale contro ogni centro di contenimento forzato?
ci risiamo sVendola fà le passeggiate per imbonire i suoi delle fabbriche di niki,http://www.uonna.it/regina-pacis-frisullo-denuncia-2002.htm come quando stringeva le mani ai carcerieri del cpt regina pacis, mentre al contrario si sono fatte persino le ronde per catturare chi è riuscito a scappare da questo ennesimo campo di detenzione. tutto a posto…. e niente in ordine, caro sVendola????? http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=37386&sez=HOME_INITALIA&npl&desc_sez
3 minuti fa ·
Racconti di uno (brano)
Da giorni prima di vederlo il mare era un odore
Un sudore salato, ognuno immaginava di che forma .
Sarà una mezza luna coricata, sarà come il tappeto di preghiera,
sarà come i capelli di mia madre.
Beviamo sulla spiaggia il tè dei berberi,
cuciniamo le uova rubate a uccelli bianchi.
Pescatori ci offrono pesci luminosi,
succhiamo la polpa da scheletri di spine trasparenti.
L’anziano accanto al fuoco tratta con i mercanti
Il prezzo per salire sul mare di nessuno.
(…)
Notte di pazienza, il mare viaggia verso di noi,
all’alba l’orizzonte affonda nella tasca delle onde.
Nel mucchio nostro con le donne in mezzo
Un bambino muore in braccio alla madre.
Sia la migliore sorte, una fine da grembo,
lo calano alle onde, un canto a bassa voce.
Il mare avvolge in un rotolo di schiuma
La foglia caduta dall’albero degli uomini.
(…)
Vogliono rimandarci, chiedono dove stavo prima,
quale posto lasciato alle spalle.
Mi giro di schiena, questo è tutto l’indietro che mi resta,
si offendono, per loro non è la seconda faccia.
Noi onoriamo la nuca, da dove si precipita il futuro
che non sta davanti, ma arriva da dietro e scavalca.
Devi tornare a casa. Ne avessi una, restavo.
Nemmeno gli assassini ci rivogliono.
Rimetteteci sopra la barca, scacciateci da uomini,
non siamo bagagli da spedire e tu nord non sei degno di te stesso.
La nostra terra inghiottita non esiste sotto i piedi,
nostra patria è una barca, un guscio aperto.
Potete respingere, non riportare indietro,
è cenere dispersa la partenza, noi siamo solo andata.
(…)
Faremmo i servi, i figli che non fate,
nostre vite saranno i vostri libri d’avventura.
Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,
l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.