di Giovanni Vianello
Il 12 e 13 giugno ci saranno i referendum per l’abrogazione delle norme che sanciscono la privatizzazione forzata dei servizi pubblici locali ( art. 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall’art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99), l’obbligo per legge della remunerazione del 7% del capitale investito senza logiche di reinvestimento nei servizi idrici (comma 1, dell’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006), il ritorno della produzione di energia nucleare in Italia (parte del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) e il legittimo impedimento (l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5 e 6, nonché l’articolo 2, della legge 7 aprile 2010, n. 51). Votando “Si” ai quesiti, si vota per l’abrogazione di tali norme, 3 delle quali redatte del ultimo governo di centro destra e 1 redatta dall’ultimo governo di centro sinistra.
I Referendum e il Quorum
“La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.” (art 75 comma 4 Costituzione Italiana). Il che significa che per avere esito positivo è necessario il raggiungimento del Quorum pari a 25 milioni di italiani. Su temi così delicati e vitali sembra che la popazione “informata” si sia già fatta un idea precisa che
sembra pendere decisamente dalla parte dei SI (cioè dalla parte dell’abrogazione delle norme in oggetto referendario). Infatti su questi referendum dobbiamo valutare due aspetti di partenza:
-La tragedia giapponese della centrale nucleare di Fukushima che corrisponde con la terribile dimostrazione che non esiste il nucleare sicuro, sembra aver convinto, secondo la maggioranza dei sondaggi, anche gli indecisi sulla contrarietà del ritorno di questa fonte di energia non rinnovabile in Italia (dove ancora vige il problema delle scorie da stoccare delle centrali degli anni ’80).
-La straordinaria raccolta firme per i quesiti per l’Acqua, che in soli due mesi ha raccolto oltre 1.400.000 firme portando già nella storia questo referendum per due motivi; maggior numero di firme raccolte per un referendum nella storia della Repubblica Italiana e primo referendum promosso interaramente dalla cittadinanza senza alcun padrino partitico.
La scomparsa dei Referendum dai media
A fronte di questi aspetti il difficile obbiettivo del raggiungimento del Quorum non sembrava più tanto distante per i comitati promotori e sostenitori, sembrava appunto, perché dei referendum, da qualche tempo a questa parte, se ne è persa la traccia sui media. Non che prima abbiano goduto di visibilità mediatica, l’unica visibilità tangibile è stata quella dei comitati territoriali che per due mesi sono stati sotto la pioggia e sotto il sole, di giorno e di notte a raccogliere le firme per proporre i referendum, ma da qualche mese a questa parte sulle TV nazionali (pubbliche e private) l’argomento sembra diventato tabù. Le ultime notizie a riguardo risalgono a qualche servizio, mal narrato e di parte per la privatizzazione dei servizi idrici del TG1 nei primi mesi dell’anno e di uno spot con oggetto una partita a scacchi con due giocatori che si fronteggiano affermando le ragioni dei favorevoli e dei contrari al nucleare (aprendo quindi un dibattito), l’inganno reale era invece che lo spot cercava di pilotare un’opinione precisa creando un pregiudizio pronucleare. Infatti lo spot è stato bloccato dal Giurì dello IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) cassandolo come “Comunicazione commerciale ingannevole”.
Dopo di che, si sono rimessi al “lavoro” gli oltre 1000 comitati territoriali del Comitato Referendario 2 SI per l’Acqua Bene Comune e gli “storici” Comitati contro il Nucleare ai quali se ne sono aggiunti dei nuovi soprattutto dopo il disastro di Fukushima e le impressionanti immagini che hanno convinto anche i non pochi cittadini poco informati pronucleare della pericolosità di tali centrali e di tale concezione nel produrre energia…..poi il vuoto di informazioni!
Sembra infatti che il governo, agevolato dall’inspiegabile (?) mancata comunicazione di buona parte dei mezzi di informazione, voglia far passare gli argomenti oggetto dei referendum “inosservati” alla popolazione, una possibilità che sembra sempre più una certezza.
Lo “scippo” dei Referendum
Il 16 marzo, infatti, il Parlamento ha deciso per il non accorpamento delle elezioni amministrative del 15 maggio con i referendum, decisione che è maturata dopo votazione per cui per un solo voto di scarto, l’Aula ha deciso di seguire la volontà del Ministro dell’Interno (Maroni) e del Governo che da giorni dichiaravano la loro contrarietà all’accorpamento. Decisione che comporterà tra l’altro un ulteriore esborso per le casse pubbliche di centinaia di milioni di euro oltre al fatto di stabilire la data referendaria in un periodo non certo favorevole all’affluenza alle urne e chiamando per la seconda o terza volta nel giro di un mese milioni di cittadini, residenti nei comuni/province dove ci saranno le amministrative, ad andare nuovamente a votare. Da sottolineare che al momento del voto erano assenti in aula due parlamentari dell’IDV e ben dieci del PD… Capano, Cimadoro, Ciriello, D’Antona, Farina, Fassino, Fedi, Gozi, Madia, Mastromauro, Porcino, Samperi.!
Ma il non accorpamento sembra una “misura” insufficiente per far demordere gli italiani ad andare a votare ai referendum, l’incidente Giapponese, che sin da subito si è cercato di far passare mediaticamente come “non grave e controllato” in realtà si rivela una vera e propria tragedia arrivando infine ad essere classificato dall’Agenzia per la sicurezza nucleare e industriale del Giappone al grado 7, il massimo grado della scala INES , analogamente al disastro di Černobyl’, considerando l’insieme dell’evento e non più i singoli incidenti distinti e avendo come effetto in generale l’aver risvegliato la prudenza e la saggezza che portò gli italiani ad andare a votare nel 1987 contro il nucleare.
La prudenza sembra che abbia “illuminato” anche il Governo che intanto frena sul nucleare, ma apparentemente non per un cambio di strategia nelle politiche energetiche ma bensì per altri fini. Memorabile la frase rilasciata dal Ministro Prestigiacomo a colloquio con Bonaiuti e Tremonti nei corridoi di Montecitorio dopo la cerimonia di celebrazione del 150esimo anniversario, frase ascoltata e riportata dai giornali nazionali di qualsiasi orientamento politico: «È finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Bisogna uscirne – dice rivolta a Bonaiuti e soprattutto a Tremonti – ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla, si decide tra un mese» (fonte: Corriere della Sera). Sembra che il governo abbia più paura delle elezioni e della perdita delle poltrone che del rischio del nucleare vero e proprio. Infatti dopo qualche giorno il Consiglio dei ministri ha approvato una moratoria di dodici mesi per quanto riguarda le decisioni e l’attivazione delle procedure per la ricerca dei siti per le centrali nucleari in Italia a cui fanno eco le parole del leader del PD Bersani riportate anche sul suo blog “Sul nucleare il governo con ogni evidenza scappa dalle sue stesse decisioni, è una vittoria del PD”, diffondendo una ingiustificato senso di liberazione dal rischio del ritorno del nucleare in Italia a coloro i quali poco informati hanno ascoltato queste parole… a questo punto, molti si sono interrogati sul destino del referendum contro il nucleare, si farà? E’ ancora necessario? La discussione per il decadimento delle norme sul Nuke prosegue, esse sono inserite nel decreto Omnibus e riguardano perfettamente, tra l’altro, le norme oggetto del referendum.
Ad accrescere le perplessità e i dubbi nei cittadini sono arrivate le dichiarazioni del Premier che ammette candidamente al termine del vertice Italo-Francese del 26 aprile:“Il nucleare è il futuro del mondo. Soprattutto è «un destino ineluttabile». Ma la tragedia giapponese ha spaventato molti italiani. Così si è reso necessario evitare il referendum, optando per una breve moratoria, perché lo “stop” arrivato dalle urne sarebbe stato troppo lungo” , dichiarazione che ha dato un messaggio chiaro agli Italiani su tutti i media: il referendum non si farà…. ma sarà vero?
Al di la del fatto che dalle parole del Premier si evince la volontà di non far decidere agli italiani sul tema delle energie, in barba al secondo comma dell’Art 1 della Costituzione riguardante la sovranità popolare, si dovrebbe ricordare che il decreto non è ancora stato convertito in legge, e che dovrà essere discusso dalla Camera entro il 30 maggio. Successivamente solo la Suprema Corte di Cassazione potrà decidere se il Referendum sul Nucleare si farà o meno, quindi il Referendum contro il nucleare per il momento è ancora in piedi!
Ma oltre al nucleare, si è creata confusione anche sull’Acqua ed ecco la notizia lanciata puntualmente dal ministro Tremonti; la creazione di un Authority di controllo delle gestioni dei servizi idrici. Come se non esistesse già il Co.vi.ri. (Comitato di Vigilanza delle Risorse Idriche), come se un Autorità “indipendente” potesse realmente vigilare sulle SpA che al loro interno hanno tra l’altro multinazionali, banche e gruppi di affari potentissimi.”…È palese il tentativo di depotenziare i referendum contro la privatizzazione dei servizi idrici del prossimo giugno. A Governo e maggioranza diciamo chiaramente che tanto dal punto di vista del metodo, quanto da quello del merito anche questo tentativo si rivelerà per quello che è: una farsa ideata al solo scopo di delegittimare il voto popolare. Il re è ancora una volta nudo: si richiama al popolo ad ogni occasione ma fugge a gambe levate quando il popolo può davvero pronunciarsi su temi essenziali per la vita e la società…” si legge nel Comunicato Stampa del 5 maggio del “Comitato Referendario per i 2 SI per l’Acqua Bene Comune”.
Il silenzio mediatico
Ma di tutto ciò e del fatto che comunque a giugno ci saranno i Referendum contro la privatizzazione dei servizi pubblici, tra cui quello idrico, contro il legittimo impedimento e in attesa approvazione della legge Omnibus e successiva sentenza della Corte di Cassazione, quello contro il Nucleare, le televisioni sembrano essersene “dimenticate”.
Il silenzio mediatico diventa assordante sotto le centinaia di comunicati stampa che i comitati referendari inviano giornalmente ai media, certo c’è la par condicio, ma viene da chiedersi cosa impedisce alle TV e ai giornali di parlare di referendum e di ricordare che il 12 e il 13 giugno ci saranno le consultazioni? Cosa impedisce agli strapagati conduttori televisivi di informare a riguardo gli spettatori sull’esistenza dei referendum?
Cosa impedisce alle trasmissioni di approfondimento di verificare lo stato della gestione dei servizi idrici li dove sono stati privatizzati?
E a dar maggior supporto alla tesi del “boicottaggio mediatico” dei referendum c’è l’inspiegabile decisione della Commissione di Vigilanza Rai che ha approvato con oltre un mese di ritardo sui tempi stabiliti per legge, il regolamento sugli spazi di propaganda referendari sulle TV pubbliche, regolamento che è stato approvato dopo giorni e giorni di Sit-in dei Comitati cittadini sotto la sede Rai a Roma e sotto decine di prefetture in tutta Italia.
L’assenza d’informazione sembra essere il nemico numero uno dei referendum, tra l’altro nelle decine di uscite per volantinare e sensibilizzare ci siamo resi conto che a un mese della data referendaria i cittadini sanno poco o nulla sui referendum e sugli argomenti in questione, molti, addirittura, pensano che siano stati cancellati tutti i referendum.
Il successo del Referendum dipende da te
Probabilmente molti di noi, che navigano sul web, hanno la percezione che l’informazione ci sia, e che sia chiaro il quadro informativo, ma possiamo con sicurezza affermare che non si può dire la stessa cosa di chi internet non lo utilizza e come sappiamo sono la maggioranza degli Italiani.
Per questo ci permettiamo di lanciare un ennesimo appello a tutti e di partecipare alla diffusione delle informazioni oltre il web, serve un azione massiccia, quasi “porta a porta”, di informazione da parte anche di tutti quelli che fino ad ora non hanno partecipato ai volantinaggi e alla diffusione delle informazioni. C’è bisogno di cittadini, c’è bisogno di partecipazione, c’è bisogno di non lasciar cadere questi referendum nel terribile limbo del silenzio mediatico. Dietro questi referendum ci sono molteplici significati; i diritti, la partecipazione, la speranza e il destino di chi verrà dopo di noi, nessuno deve sentirsi escluso, nessuno che ha veramente a cuore la propria terra ed è gratificato proprio dalla cura del comune, deve sentirsi escluso, tutti dovrebbero partecipare tutti dovrebbero informare.
Ecco perché nuovamente, ma sempre più convinti affermiamo che si scrive Acqua, ma si legge Democrazia!
Silenzio, Se No Ci Vanno http://fareprogresso.blogspot.com/2011/05/silenzio-se-no-ci-vanno.html