di Gaetano De Monte
Poco più di due anni fa, Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, suggeriva, in un’intervista a Repubblica: “alle nuove generazioni dico uscite dai call center, andate nei campi!”. Petrini giustificava questo suo monito come un consiglio ai giovani per fare un lavoro meno precario, più creativo, più gratificante, e come una delle possibili vie d’uscita dalla crisi economica attraverso l’agricoltura e il ritrovamento di un sano rapporto con noi stessi e con il mondo. A giudicare dalla vicenda che stiamo per raccontarvi, chi oserebbe dargli torto?
Teleperformance é un colosso industriale francese che gestisce per conto di aziende come: Vodafone Eni, Enel, Sky e Mediaset, e che da alcuni mesi, è “protagonista” di un piano di ristrutturazione aziendale, che prevede 1.464 esuberi tra le strutture di Roma, in zona Fiumicino, e Taranto, nel quartiere Paolo VI. Una realtà quella tarantina in cui purtroppo, e sempre più spesso, le aziende di call center sono l’unica vera risorsa lavorativa per i giovani, a fronte di un il tasso di disoccupazione fermo al 12,5%, cosi come risulta dal Rapporto 2011 stilato dal Centro Studi della Camera di Commercio di Taranto. Nel solo call center situato al quartiere Paolo VI, nel quale attualmente lavorano 2000 persone, sono previsti 712 esuberi.
Ma la multinazionale sembra non volerne sapere, e cosi, a distanza di un anno dall’ultimo accordo sottoscritto anche dal Ministero del Lavoro per la gestione di “soli” 864 esuberi, si presenta senza avere rispettato i patti, con un conto che è salatissimo dal punto di vista sociale. Oltre al danno c’è anche la beffa: contemporaneamente viene varata una politica di delocalizzazione con la quale si apriranno 700 nuove postazioni in Albania, che svolgeranno attività su commesse italiane. In verità l’azienda non ha neanche rispettato la direttiva che emanò l’allora Ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ad inizio 2007, in virtù della quale la società decise di stabilizzare tutti i collaboratori a progetto, interpretando in modo ampio la così detta “Circolare Damiano”, che prevedeva tra l’altro che le aziende che non avessero assunto a tempo indeterminato i dipendenti sarebbero state punite dagli organi di vigilanza con multe severissime. Inaffidabilità dell’azienda, dunque, ma soprattutto inaffidabilità di un Governo incompetente ed ormai al collasso, che evidentemente fino a qualche mese fa considerava la vertenza Teleperformance una di quelle “piccole crisi senza importanza” sparse da Nord a Sud, da Sestri Levante a Castellammare di Stabia, in tutta Italia – crisi che fra l’altro indicano che la recessione è tutt’altro che finita e solo “ loro” sembrano non accorgersene.
Chissà invece cosa avranno pensato dalle parti di Palazzo Chigi quando si sono visti arrivare lo scorso 23 Maggio centinaia di “ Indignados”, di cui molti provenienti dalla Puglia, accompagnati dall’Assessore al Lavoro del Comune di Taranto, Dante Capriulo; la loro piazza, così come quella dei giovani spagnoli, che vediamo in questi giorni mobilitarsi per un malessere generazionale, è una piazza esistenziale, un’agorà, che riempiono di corpi e di colori, ma anche degli stessi sentimenti “contro”, di indignazione e rabbia, e della stessa consapevolezza di essere orfani di un presente e privi di un futuro. Giovani con condizioni di vita sempre più deteriorate, con salari irrisori, senza la possibilità di accedere ad una soluzione abitativa decente, senza la possibilità di mettere su una famiglia, dolorosamente consapevoli del fatto che vivranno peggio della generazione che li ha preceduti.
“Dalla stabilizzazione dei contratti ad oggi – scrivono i lavoratori del call center in un appello al presidente Napolitano del 25 Maggio – sono nati 530 bambini, si sono create nuove famiglie e si sono acquistate case con mutui anche trentennali”. Al Presidente i lavoratori hanno chiesto di fare pressioni affinché la proposta di legge Damiano-Vico, elaborata proprio per far ordine nella giungla dei call-center, almeno venga presa in considerazione dal momento che, a quanto pare, in questo settore il Governo attuale è invece complice ed artefice allo stesso tempo di un sistema criminale: quello cioè di appaltare le esternalizzazioni dei sistemi di call center secondo la logica del massimo ribasso.
Giovani, quelli di Teleperfomance, che sembrano ricordare i protagonisti di “Tutta la Vita Davanti”, la commedia di Paolo Virzi’ che racconta magistralmente questa fetta di precariato e descrive quel tipo di lavoro che dovrebbe essere di “seconda generazione”, ma che in realtà si presta a dinamiche quasi di tipo schiavistico. Sbaglia chi crede infatti che la descrizione di Virzi’ sia inventata o fuori misura perché invece pare che le caratteristiche di tale mondo, a sentire chi lo vive e chi ci lavora, siano proprio quelle rappresentate dal film. Alle aspettative di chi entra, subentrano subito le delusioni. Per le condizioni di lavoro, per le prospettive professionali, per lo stress continuo e per la paga, che rimane sempre troppo bassa. Una realtà, quella dei call center, dove organizzazione del lavoro, salute, soddisfazione e prospettive, sono ridotte ai minimi termini. E dove tutto è legato insieme in una specie di spirale che si torce su se stessa. Quella stessa spirale che fa dire oggi ai vertici di Teleperformance che “a causa di un mercato sregolato, dove vi sono società che giocano al ribasso, in particolare sul costo del lavoro, e che attuerebbero una concorrenza sleale nei confronti delle altre che hanno stabilizzato i propri dipendenti, Teleperformance si vede costretta ad attuare un piano di delocalizzazione in Albania”. E di fronte a questo stato di cose sembra essere quasi normale quindi che la multinazionale stia licenziando in Italia, mentre dall’altra parte dell’Adriatico assumerà dipendenti che lavoreranno comunque per aziende del mercato italiano, ma a 3 euro l’ora!!!
Ma gli unici a parlare chiaro in questa vicenda sono gli stessi movimenti di borsa di Teleperformance: il 14 aprile sono state aperte le procedure di licenziamento e pochi giorni dopo sono schizzati i titoli. Per i dipendenti invece l’impressione è che, comunque si concluda la vicenda, non potrà scomparire almeno per il momento il loro malessere, il loro futuro spezzato, i loro – ed in verità anche “i nostri” – lavori precari.
Funziona proprio così. Appena arriva un nuovo manager, che magari ha parte della sua retribuzione in stock option,come prima cosa licenzia. Licenziando, schizzano i titoli e lui esercita il suo diritto d’acquisto sulle azioni, a prezzi stracciati, comprando e rivendendo di lì a poco. Bisognerebbe rivedere anche la Direttiva Bolkestein. Una direttiva Europea (votata anche dai nostri rappresentanti, tranne dal GUE) che permette alle aziende di delocalizzare a piacimento. Se solo ponessimo più attenzione e dessimo più importanza alle elezioni europee. Comunque ottimo articolo.