Il nove settembre arriva ai segretari dei circoli pd di Taranto e provincia una mail del Segretario regionale. “Convocazione del Congresso provinciale di Taranto. Commissariamento fase congressuale. Azzeramento gruppi dirigenti.
Carissimi/e, abbiamo passato un periodo difficile della vita politica della provincia di Taranto, abbiamo la necessità di riprendere subito l’iniziativa politica rinnovando tutti gli organismi dirigenti, per affrontare la complessa fase che cui aspetta nelle prossime settimane, pertanto ci apprestiamo con la presente a convocare il Congresso Provinciale di Taranto sabato 29 ottobre 2011”.
A seguire un lungo elenco di scadenze e norme congressuali: di quelle nessuna verrà rispettata.
Per il 16 settembre era stabilita la scadenza per la presentazione delle candidature corredate da un documento politico da far sottoscrivere ad un bel numero d’ iscritti del 2009. E insomma uno se voleva candidarsi aveva una settimana di tempo per mettere giù una bella mozione, perché su quella poi si vota, e andare in giro per i circoli della provincia a cercare gli iscritti del 2009 (!) per farsela firmare.
Le operazioni di presentazione venivano facili perché ovviamente il candidato c’era già, era unico, e stabilito nelle segrete stanze dopo che si era riusciti a trovare un accordo unitario.72+94+45+74.
“Mi candido perché me l’ha detto Blasi”. Così ebbe inizio la campagna congressuale.
Dopo aver letto quella mail di convocazione, un altro iscritto decide di candidarsi. Il commissario va da lui per farlo desistere, a vuoto. Ora le cose si mettono diversamente, e così, con un click sull’icona cestino, la mail del Segretario regionale scompare, e tutte le regole vengono riviste. La scadenza posticipata. Non filava più tutto liscio come previsto, e il ristretto gruppo provinciale (tutto firmatario di una sola mozione) riunito dal segretario organizzativo regionale per scrivere insieme le regole decide che “no: vai a Bari tu, ce la vediamo noi da soli, e tranquillo che andrà tutto bene.” Unica direttiva data al gruppo: cascasse il mondo il 29 e 30 il congresso a Taranto si deve fare.
E così la vecchia commissione provinciale di garanzia, che era stata sciolta con quella mail, diventa la commissione provinciale per l’organizzazione del congresso, che infatti non potrà garantire più niente dal momento che tutti i suoi membri, tutti, erano firmatari di mozioni congressuali. Una commissione partigiana. O quella cosa che altrove chiamiamo conflitto d’interesse, tipo quando il controllore e il controllato, o l’organizzatore e l’organizzato, coincidono.
Parte la fase congressuale e partono i ricorsi. Ovviamente indirizzati a quella commissione.
Cosi come per le firme delle mozioni, anche al voto attivo possono partecipare solo gli iscritti 2009. Rinnovati nel 2010. Cioè il congresso è del 2011, ma la platea è quella del 2009. Eppure lo statuto dice espressamente che per votare devi essere iscritto nell’anno in corso, che poi è una cosa ovvia ed elementare di tutte le organizzazioni. Che se partecipi a una riunione di condominio l’appartamento in quel condominio lo devi tenere in quel momento, mica l’anno precedente. E invece la commissione dice che no, non devono necessariamente riscriversi. Cosi almeno risparmiamo sul costo delle tessere, che importa se poi il nuovo segretario non avrà una lira per le iniziative, o saremo costretti a fare il congresso nelle stanze della Provincia che almeno sono gratis. E poi “lo dice una mail Migliavacca-Stumpo, coordinatore della Segreteria nazionale e responsabile organizzazione nazionale.”
È che questa cosa qui, oltre che col regolamento, proprio stride col buon senso, e allora i ricorsi vengono indirizzati alla commissione regionale e nazionale. Uno dei capi del regionale il giorno della riunione avverte che naturalmente la decisione sarà “all’unanimità e scontata”. Una telefonata chiarificatrice dei ricorrenti a Migliavacca e Stumpo però conferma la loro presunzione: non esiste al mondo che si voti senza tessera, quella mail dice altro. E così nel giro di un paio d’ore l’annunciata decisione “all’unanimità e scontata” si trasforma in “la commissione provinciale ha sbagliato, dovete far partire subito il tesseramento.”
Quello stesso giorno c’era il primo congresso di circolo (si vota nei congressi di circolo, il provinciale ratifica solo i risultati). Massafra. Feudo del consigliere regionale del gruppo misto, e comunale del PD, Michele Mazzarano. Più di cinquecento persone aventi diritto di voto che devono in poche ore rifare la tessera. E la fanno. Senza pagare una lira.
Le tessere sono state pagate ieri, o domani, il commissario ha garantito di tasca propria un assegno di copertura per novemila euro, si dirà. Il fatto invece è che Massafra è stato forse il congresso più partecipato di tutti, gente in fila per votare e il teatro pieno per ascoltare i numerosi e sentiti interventi. Magari tutti quegli iscritti cosi attivi i 15 euro li avrebbero anche dati, conquistandosi il loro diritto di voto, ed evitando la brutta immagine di tutti quei giovanissimi ragazzi del PD nascosti dietro le quinte a regalare le tessere con l’occhio vigile e impaurito di chi, a quella tenera età, sa già di star compiendo un’irregolarità. Cosi, su queste basi e con questi metodi coinvolgiamo e facciamo venir su le nuove leve?
E intanto trecento persone andavano li, facevano la fila, ritiravano la tessera gratis e votavano. Le liste appese dappertutto sui muri per mettere bene in evidenza il capolista: Michele Mazzarano. Ma lui, per Statuto, non può né votare né esser votato in Assemblea: è da ritenersi escluso dall’Anagrafe degli iscritti, poiché aderente, in Consiglio regionale, ad un gruppo politico diverso dal PD. Parte un ricorso al regionale e al nazionale. La cosa caratterizzerà le due successive settimane di congressi, con richieste di ritiro ricorso, di incontri, di promesse di isolamento, ma nessuna risposta dalla commissione.
Passerà dal nazionale che dirà “deve decidere il regionale”. Che prende tempo. Si riunisce il gruppo pd del consiglio regionale. No, è confermato. Mazzarano non entra; resta nel misto. Non si capisce perché.
Solo e proprio la mattina del 29, mentre i delegati saranno riuniti nel congresso provinciale, arriverà la risposta della commissione di garanzia sui ricorsi. Anche se non aderisce al gruppo PD in consiglio, il consigliere vota come il PD e versa la quota parte del suo stipendio. Fa niente che lo Statuto dice tutt’altro; la risposta è questa: a Taranto può stare, a Bari no.
Nel frattempo i candidati fanno il giro di tutti i circoli della provincia per incontrare gli iscritti e presentare le loro mozioni (anche se una delle due non si è mai vista). E però non tutti i circoli permettono questo diritto, facendo trovare solo qualche dirigente schierato o le porte chiuse – “che venite a fare a Manduria, qua abbiamo il candidato della città. Allora si chiede alla commissione provinciale di poter comunicare con tutti gli iscritti, che è un altro diritto statutario. Ma no, l’anagrafe non è utilizzabile – per privacy, diranno. Che poi ogni tesserato acconsente per statuto al trattamento dei dati, e sia un suo diritto essere informato sulla vita interna del partito – e del candidato raggiungere e poter comunicare con tutti gli iscritti – non viene preso in considerazione. Il fatto è che non vengono prese in considerazione proprio le regole: la commissione decide procedure, risposte a ricorsi o a richieste ufficiali, senza avere i regolamenti di riferimento a memoria, o sul tavolo. Persino alle primarie di Milano, nonostante i partecipanti fossero di partiti diversi, furono condivisi tutti gli indirizzari. Dall’unione regionale riconoscono però che è un diritto dei candidati, e invitano a mandare una lettera all’organizzazione, che provvederà cosi a mandarla a tutti gli iscritti. Va benissimo, senonché questo passaggio diventa una censura di fatto. Il commissario precisa “la lettera la mandiamo, ma dovete cancellare questa frase, questa riga e questo aggettivo.”
Riprendono dopo una settimana i congressi di circolo. Ora il tempo per fare le tessere c’era stato, e cosi si va a votare cartellino in mano. Ma di soldi entrati da quel tesseramento, in federazione, continua a non sapersi niente. Nonostante questo, se gli aventi diritto di voto, prima del tesseramento coatto erano 5833, a fine congressi il dato delle tessere rinnovate che saranno andate a votare sarà 2771. Il 47 percento. Più della metà degli iscritti, nel giro di un anno, è stato perso per strada. Di questo dato allarmante, a sei mesi dalle amministrative, nessuno parlerà in Congresso.
Tra votazioni bulgare, garanti che andavano a controllare la regolarità di congressi pur essendo apertamente sostenitori di uno o dell’altro candidato, trecento votanti in un’ora appena, iscritti fatti votare senza previa verifica nell’anagrafe, scadenze chiuse e riaperte, dieci congressi contemporanei al giorno, liste presentate senza firme il risultato congressuale prende forma.
Altri ricorsi però arrivano in commissione.
A Fragagnano non ci hanno avvisato del congresso. Ma sì dai: in realtà lo sapevano tutti che era quel giorno.
A Castellaneta il segretario non vuole far votare una decina di compagni regolarmente iscritti perché alle primarie di qualche giorno prima avevano sostenuto un candidato diverso da quello del PD. Che non si capisce sennò uno le primarie che le fa a fare.
A Lizzano avevano spudoratamente votato senza avere neanche una tessera e senza garante. Ma in realtà il garante era andato a fare la pipì e per magia il ricorso scompare dal tavolo della commissione mentre i suoi membri erano intenti a discuterlo.
Arriva il momento di organizzare le giornate del congresso. 29 e 30. Ma “ho parlato con uno dei candidati, è d’accordo a ridurlo in un sol giorno. Fa niente che non discutiamo da quattro anni e 324 delegati, più gli ospiti, i commissari, le figure istituzionali, i candidati dovranno intervenire, oltre che discutere e votare una serie di ordini del giorno. Cinque minuti a testa, io sono inflessibile, garantisco che parleranno tutti sabato. Un giorno è più che sufficiente. Anzi, in cinque ore facciamo tutto e ci togliamo questa rogna davanti. Non dobbiamo neanche perdere tempo per le candidature e l’elezione del Presidente, l’abbiamo già deciso. Ora ve lo comunichiamo: è il presidente della provincia, che sarà nominato e non votato. Se ci sono problemi e volete fare un altro nome dovete dirlo ora, non il giorno del congresso, come previsto dal regolamento, così non vi facciamo presentare gli ordini del giorno; decidete: è un congresso unitario, o no?”
In realtà poi il giorno del Congresso parleranno gli ospiti, i candidati e i primi 4 iscritti a parlare. Coincidenza vorrà che quei quattro saranno proprio i 72+94+45+74. I quattro nomi dell’accordo iniziale, che con questi numeri si sono spartiti a tavolino i delegati in assemblea. E il loro futuro.
Per tutti gli altri, ci vediamo tra due settimane. Lo comunica l’appena eletto Segretario, quello giovane della rigenerazione. “Tu dici che sei giovane, hai fatto parlare solo i vecchi, sei più vecchio di tutti” l’urlo di un ragazzo risentito in platea.
Il segretario spegne il microfono, si volta e va via. Come tutto il resto.