Lo strano caso San Raffaele del Mediterraneo

di Gaetano De Monte

L’approdo (mancato?) dei manager di Dio all’ombra dei Due Mari

C’è un premio che il governatore della Puglia, Nichi Vendola forse non ritirerà mai. Il “cedro d’oro, il prestigioso premio che ogni anno viene consegnato a personalità che, in ambito istituzionale, politico, giornalistico e volontaristico, si sono distinte maggiormente per la sensibilità umana e per l’esempio e il contributo che hanno dato nella quotidiana lotta contro il cancro; fu attribuito al “leader maximo pugliese” nel 2008, per la sua attenzione al mondo del volontariato. Il 30 marzo dello stesso anno, durante la giornata nazionale del malato oncologico avviene il rito di premiazione, a Milano, nella sede del San Raffaele del Mediterraneo. Tra i premiati Silvio Berlusconi e Salvatore Ligresti. Don Luigi Verzè, padre padrone indiscusso del San Raffaele, quella struttura che è che una fortezza minimale nell’aspetto, ma gotica nell’essenza, di cui solo lui, “il manager di Dio” è il vero architetto e il custode di ogni segreto, durante la premiazione dichiara: “Proprio ieri ho sentito il presidente della Puglia al telefono e sono rimasto d’accordo con lui che il premio glielo consegnerò di persona al momento della posa della prima pietra a Taranto. Perché è lì che faremo un grande ospedale. Perché bisogna finirla con questo pellegrinaggio doloroso dal Sud al Nord”. Ma a quale struttura si riferiva Don Verzè, un uomo certamente generoso, come tutti quelli che parlano di tasca altrui? Al progetto dell’ospedale avveniristico da costruire nel quartiere Paolo VI della Città dei Due Mari, e che invece,  giorno dopo giorno, ora dopo ora, precipita in un sogno politico e ospedaliero rattrappito, che fatica ad essere oggetto quasi vero, la cui posa della prima pietra è già stata rinviata per ben due volte. E che probabilmente sarà rimandata per sempre. Una storia complessa e misteriosa quella del ”San Raffaele del Mediterraneo”. La storia di un ospedale privato e dell’amore tra un governatore comunista ed un prete faccendiere. Una storia di speculazioni edilizie. Di conflitti d’interesse. E di soldi, tanti soldi. Una storia di cui scriviamo senza pregiudizi, semplicemente mettendo in fila i fatti. Per raccontarveli e per lasciarvi giudicare.

Una storia che inizia ufficialmente il 30 Novembre del 2009 sul lungomare di Bari. E’qui, negli uffici della Regione Puglia, in via Nazario Sauro, al civico 47, che si appone la firma dell’accordo di programma concernente la costruzione dell’ospedale San Raffaele Del Mediterraneo. E’qui che viene siglato il protocollo sottoscritto da Regione Puglia, Asl Taranto, Comune di Taranto, Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor. L’accordo prevede “che la Regione deve reperire i finanziamenti ed assumere l’accordo di programma con Decreto del Presidente della Giunta regionale per rendere efficienti le varianti urbanistiche; che il Comune di Taranto deve approvare gli atti utili alle varianti urbanistiche, stipulare con i rappresentanti di Fintecna Immobiliare srl un protocollo in cui vengono definiti: i contenuti della variante urbanistica con il trasferimento delle volumetrie di pertinenza di Fintecna Immobiliare srl con relative nuove destinazioni d’uso, su altre aree di proprietà della stessa Finanziaria, legata a Finmeccanica, e controllata dal Ministero dell’Economia, situate a Nord del quartiere Paolo VI. Che l’Asl debba offrire sostegno tecnico- amministrativo ai firmatari dell’Accordo di programma.

Si dice in sostanza, che Fintecna Immobiliare srl cede al Comune di Taranto suoli di sua proprietà, 32 ettari, (di cui venti adiacenti la Cittadella della Carità), localizzati nel Quartiere Paolo VI. Nella zona dove sorgerà l’ospedale. In cambio ottiene però di poter realizzare interventi edilizi trasferendo la volumetria prevista su altre zone possedute dalla stessa Fintecna, poste a Nord e ad Ovest del Quartiere. Ottenendo, così è stato stimato, una maggiore percentuale di volume residenziale pari a circa 250 appartamenti. Ed offrendo a compensazione al Comune di Taranto, la costruzione di un’area di verde attrezzata. Impegnandosi per una spesa di 450 mila euro! Una speculazione edilizia vera e propria! Ai danni dei cittadini. Certificata il giorno 11 gennaio 2010, dalla presa d’atto da parte del Consiglio Comunale di Taranto dell’accordo di programma che approva la variante urbanistica per le aree di proprietà comunale e per quelle della società Fintecna Immobiliare srl, destinate alla realizzazione del Nuovo Ospedale San Raffaele del Mediterraneo e del Polo Tecnologico e Scientifico. Con il voto favorevole di 27 consiglieri su 33 presenti, si darà vita al “Sacco di Taranto”. Voteranno contro Basile, Lo Martire, Pugliese e Voccoli. Si asterranno Vietri e Castellaneta. Quella della variante è già la prima “stranezza” di questa storia. Ma vediamo le altre. E il ruolo degli attori parte della questione.

Che fa la Regione? “Caccia li sordi”, si dice dalle parti del Tevere. Ma quanti? Si ipotizza una dotazione pari a 120 milioni di euro, prelevati dalla dotazione finanziaria del Programma regionale attuativo Fas 2007-2013 ( il Fondo aree sottosviluppate). E sottoscrive intanto, il 27 maggio 2010, nei locali della Cittadella della Carità, l’atto costitutivo della fondazione San Raffaele del Mediterraneo. Firmano: Nichi Vendola per la Regione Puglia; Domenico Colasanto, commissario straordinario per l’Asl Ta, in attesa che si nomini il direttore generale; Vito Santoro in rappresentanza della cupola in vetro del San Raffaele, quel cupolone che ospita l’università di don Verzè nel quartiere Olgettina e i laboratori del dipartimento di medicina molecolare. Oggetto della neonata fondazione saranno: 1) le attività di assistenza sanitaria nelle diverse forme di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; 2) l’acquisizione dai soggetti pubblici e privati delle risorse finanziarie e dei beni necessari per lo svolgimento della missione socio sanitaria. In particolare è compito della neonata Fondazione, in presenza dell’apporto di denaro pubblico, realizzare il progetto di costruzione e di gestione del nuovo Ospedale che sostituirà gli ospedali pubblici presenti in terra ionica, il S.S. Annunziata e il Giuseppe Moscati a Grottaglie. La nascita della Fondazione, ed in particolare la vicenda del suo consiglio di amministrazione, in cui sono presenti cinque membri – tre nominati dalle Regione e due dalla fondazione Monte Tabor – hanno suscitato non poche perplessità. Uno strumento politico e giuridico non chiaro: così come non è chiaro il perché dell’assenza dell’Asl e del Comune nel consiglio di amministrazione della fondazione, nonostante i soldi pubblici stanziati per “la magnifica struttura” e le aree regalate dal Comune per far nascere il nuovo ospedale. Motivi di inopportunità politica sicuramente, ma anche di ordine giuridico, visto che la stessa “fondazione madre” non potrebbe sedere nel Consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele del Mediterraneo, stante che non è un’organizzazione no-profit, come si usa far credere, ma un’organizzazione che svolge attività commerciale, così come stabilito da una sentenza del Consiglio di Stato: ”Esercita attività di carattere imprenditoriale nel settore sanitario e offre prestazioni sanitarie in favore degli utenti del servizio sanitario nazionale ottenendone il rimborso dalla regione. Il fatto che non persegua utili o che gli utili siano reinvestiti nell’attività non esclude che essa svolga attività di carattere economica con modalità tali da consentire di permanere sul mercato e di concorrere con altre strutture, Enti o società commerciali che operano nello stesso settore. Pertanto la Fondazione è soggetta a gara pubblica”.

Motivi di inopportunità politica, dunque, e di ordine giuridico, soprattutto, che sono alla base di un ricorso straordinario presentato il 20 agosto 2010 dall’avvocato Nicola Russo, coordinatore dell’associazione Taranto Futuraal Capo dello Stato, con cui si chiede l’annullamento dell’operazione San Raffaele del Mediterraneo e la sospensione degli atti deliberativi. Il comitato sostiene l’illegittimità dei provvedimenti sostenendo la violazione e la falsa applicazione di decreti legislativi in materia di libera prestazione di servizi, la violazione del principio di libera concorrenza, di non discriminazione, di trasparenza e di parità di  trattamento. E la violazione del principio costituzionale (articolo 97 della Costituzione) del buon andamento amministrativo e di imparzialità. Si contesta infine la violazione dell’articolo 9 bis del decreto legislativo numero 502/92, poichè la Regione Puglia e l’Asl Taranto avrebbero dato vita alla costituzione della Fondazione San Raffaele del Mediterraneo permettendo illegittimamente l’ingresso all’interno di detto organismo della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor di Milano, pur non essendo quest’ultima un’organizzazione onlus.

Più o meno negli stessi giorni, invece, l’8 agosto 2010, la Giunta pugliese deliberava quanto segue: “Fas2007-2013. Avvio anticipato del programma Asse 3-Azione cardine struttura ospedaliera nella città di Taranto”. Per la realizzazione Ospedale San Raffaele del Mediterraneo si approntano 120 milioni di euro. In seguito presidente e giunta regionale assegnano formalmente 60 milioni di euro al “Progetto San Raffaele”.

Ad oggi, 27 Novembre 2011, i 60 milioni stanziati giacciono depositati nelle casse di Banca Intesa, tesoriere della Regione Puglia e Istituto di Credito più esposto nella vicenda debitoria del Gruppo San Raffaele meneghino. Già, perché nel frattempo nell’ultimo anno si è scoperta una voragine di debiti che ha travolto il gruppo fondato quarantadue anni fa da Don Verzè. Il quale ha pensato bene di affidarsi agli specialisti della finanza. In primis a Carlo Salvatori, 69 anni, già al vertice di Intesa, Banca di Roma Unicredit e da ultimo Unipol, banchiere cattolico simpatizzante per l’Opus Dei, il quale sta studiando un piano di ristrutturazione societaria, organizzativa e finanziaria. Ma di fatto è il Vaticano che detiene ora le redini del San Raffaele: defenestrato Don Verzè, ora tutti i suoi poteri sono stati conferiti a Giuseppe Profiti, presidente dell’ospedale Bambin Gesù di Roma e uomo di fiducia del cardinale Bertone. Al termine dell’ultimo consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor, che guida il gruppo ospedaliero, oltre a Profiti (vicepresidente operativo), hanno debuttato ufficialmente in rappresentanza della Santa Sede il presidente dello Ior, l’istituto opere religiose (la banca d’affari vaticana), Ettore Gotti Tedeschi, il giurista ex ministro Giovanni Maria Flick,e l’imprenditore Vittorio Malacalza. Non sarà dunque Dio a salvare dai debiti il colosso sanitario, ma il Papa attraverso la sua banca. Che ne sarà invece del San Raffaele del Mediterraneo, il nuovo ospedale destinato a sorgere a Taranto con i cospicui finanziamenti della Regione Puglia presieduta da Nichi Vendola? Il 15 Novembre è stato pubblicato il bando della Fondazione, e due giorni dopo l’assessore regionale all’Urbanistica Angela Barbanente  ha “scoperto” che nelle zone soggette a variante non si può costruire, né è possibile cambiare la destinazione d’uso perché lì si sono verificati incendi e, su aree percorse dal fuoco, per legge non si può fare nulla per anni, proprio per bloccare le mire della speculazione edilizia. E che ne sarà dunque, se il San Raffaele non dovesse nascere, dei 60 milioni di euro deliberati il 10 agosto 2010 in favore del San Raffaele del Mediterraneo e bloccati sul conto di Banca Intesa, tesoriere della Regione Puglia?

Taranto ha già due ospedali, il Moscati e il Ss. Annunziata che assicurano globalmente cento posti letto in più dell’erigendo San Raffaele (680 contro 580), e che abbisognano solo di attenzione e cura per non perire, come avviene invece per il resto della sanità pugliese (e meridionale), rovinate da buchi di bilancio mostruosi che sono per lo più conseguenza dell’assalto criminale e clientelare alle risorse. Ci sarebbe spazio e modo per investirli altrove, dunque. A meno che la giunta Vendola,  addolorata per la sorte dei malati di cancro e di leucemia della città più inquinata d’Europa, non persistano nei loro “buoni” propositi di completare la macabra “filiera” toccata in dote ai tarantini: l’industria li avvelena e il nuovo ospedale li accoglie. In tal caso, per dirla con le parole di Michel Foucault: ”oggi il diritto alla salute uguale per tutti è preso in un’ ingranaggio che lo trasforma in una disuguaglianza”.

3 Comments

  1. Mimmo Novembre 29, 2011 12:27 pm 

    Sono stato da subito contrario alla costruzione di questo ospedale per varie ragioni, ma una in particolare mi tormenta come spiegare ai cittadini pugliesi investimenti di milioni di euro per la costruzione di un nuovo ospedale quando si stanno chiudendo ospedali in tutta la puglia, aumentando i ticket sanitari, file di quasi un anno e più per alcuni esami, medici e personale delle cliniche messi in cassa integrazione o licenziati? Quei soldi non si possono invece impiegare per risolvere almeno in parte queste problematiche? Condivido appieno il Vostro articolo e vi sollecito ad indagare sulle connivenze affaristiche che ruotano intorno a questo “affare”, i terreni di chi sono? il nostro Pelillo che interessi materiali personali ha in questa vicenda? ecc ..ecc..

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