di Francesca Razzato
Il 12 e 13 Giugno 2011 ventisette milioni di donne e uomini, per la prima volta dopo decenni, riprendono fiducia nella partecipazione attiva alla vita politica del nostro paese e sanciscono attraverso il voto, che l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale.
A diversi mesi da quella straordinaria vittoria, Giovanni Vianello del Comitato Pugliese “Acqua bene comune “ – Forum Italiano di Movimenti per l’Acqua, ci racconta cosa è avvenuto in Italia e nella nostra regione in seguito all’approvazione dei quesiti referendari.
Chi credeva che la vittoria referendaria fosse sufficiente per far valere le scelte della maggioranza del popolo italiano, forse rimarrà sorpreso.
I meccanismi di aggiramento della democrazia sono subdoli e sempre in agguato, e spesso si manifestano in luoghi inaspettati, come la nostra Puglia “migliore”.
Ma il popolo dell’acqua non si arrende.
Ha dalla sua parte la caparbietà di chi sa di essere dalla parte del “giusto”, e la forza di chi è la maggioranza.
E così con le armi dell’organizzazione dal basso e della partecipazione, si organizza nuovamente per infliggere un’ altra sconfitta agli interessi, e al potere.
Il 12 e 13 Giugno scorsi la maggioranza assoluta del popolo italiano ha votato per l’uscita dell’acqua dalle logiche di mercato, per la sua affermazione come bene comune e diritto umano universale, e per una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico. A livello nazionale è avvenuta l’applicazione dell’esito referendario?
Il 12 e 13 giugno 2011 oltre 27 milioni di italiani hanno votato per impedire la privatizzazione dei servizi idrici in Italia e non solo, insieme all’ “Acqua” i cittadini hanno votato anche contro la privatizzazione dei Servizi Pubblici locali (1° quesito referendario)
La volontà popolare, sancita dal secondo comma dell’Art.1 della Costituzione della Repubblica Italiana, ha ribadito chiaramente che “l’Acqua” e i servizi pubblici locali non debbano essere gestiti secondo le logiche del profitto e della competitività tra i privati, interrompendo quindi un “trend” che in Italia è durato per oltre 15 anni e che ha avuto come effetto il risultato che tutti oggi possiamo constatare.
Non solo con il 2° quesito referendario, promosso sempre dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, gli Italiani hanno abrogato la “remunerazione del capitale” dalle tariffe del servizio idrico.
A riguardo occorre ricordare che la “remunerazione del capitale” è stata garantita ai gestori dei servizi idrici dalla metà degli anni novanta e sostanzialmente consiste in un profitto a “norma di legge”!
Un’ anomalia che ora il popolo ha abrogato.
E’ importante ricordare che il Referendum Abrogativo (Art 75 Costituzione) non è una petizione (che ha come obbiettivo suggerire una determinata politica a una amministrazione che può scegliere di discutere o meno l’oggetto) o un Legge D’iniziativa Popolare (sancita anche essa dalla Costituzione ma che ha come obbiettivo di chiedere di discutere ad una amministrazione un determinato argomento senza nessuna garanzia che questo rimanga tale come da proposta); Il Referendum Abrogativo è uno strumento di Democrazia Diretta che agisce su norme già approvate e una volta sancita l’abrogazione “non si può tornare indietro” e il plebiscito (oltre il 97% dei votanti) è stato di portata storica.
Ma probabilmente qualcuno in Italia crede che la sovranità popolare possa essere aggirata e così come è successo per il referendum dei primi anni ’90, che ha fatto uscire dalla porta i “finanziamenti pubblici ai partiti” rientrati dalla finestra subito dopo con il meccanismo dei rimborsi elettorali, ancora una volta il Parlamento Italiano su iniziativa dell’ex Governo Berlusconi nella manovra di agosto “manovra bis” (Decreto legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito in Legge 14 settembre 2011, n. 148, pubblicata nella G.U. 16 settembre 2011, n. 216), ha inserito all’Art. 4 la privatizzazione dei servizi pubblici locali, ad eccezione di quelli idrici, riproponendo quindi le norme abrogate. Successivamente nel settembre 2011 l’ex Ministro del Lavoro Sacconi al Convegno Centro Studi di Confindustria rilascia alla platea accondiscendente una dichiarazione sconcertante: ….”Mi auguro che troveremo presto il modo di mettere in discussione il referendum sull’acqua nei prossimi mesi”!
Tale tendenza è confermata e rafforzata dall’art. 9 della Legge n. 183 (Legge di stabilità 2012) approvata in via definitiva dal Parlamento il 12 novembre 2011 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n. 265 il Maxiemendamento che segue il rimpallo tra BCE e Governo italiano sulle misure da attuare che insistono su una politica di cosiddetta austerity per pareggiare il debito. Tra queste norme vi è un attacco forte al risultato referendario di giugno: pur escludendo formalmente il servizio idrico si ripropone un intervento di privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali. A tal proposito in un comunicato stampa del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua si legge: “L’anticostituzionale Maxiemendamento non fa che confermare questa tendenza. La verità è che le politiche di austerity colpiranno i cittadini e le cittadine italiane, lasciando tranquilli i poteri forti che da anni ci stanno proponendo la ricetta delle privatizzazioni, della messa a profitto dei beni comuni e delle nostre stesse vite. Riteniamo inaccettabili questi provvedimenti e sappiamo che vogliono ignorare la richiesta della popolazione italiana di cambiare rotta ed uscire da questo sistema.”
Nel frattempo la Legge d’iniziativa Popolare per la ripubblicizzazione degli acquedotti in Italia, depositata in Parlamento nel luglio del 2007 dal Forum e sottoscritta da oltre 400mila cittadini, ha avuto solamente dei timidi approcci in Commissione, ma anche qui la situazione è in “stand by”, anzi dovrà essere “confrontata” dalle Commissioni con una legge simile al Decreto Ronchi (appena abrogato) proposta dal PD.
Ma se la cosi detta coalizione di centro destra continua con una visione fondata sulle privatizzazioni a tutto spiano, in ambito Comunale le giunte di centro sinistra si muovono con risultati contrastanti anche tra giunta e giunta, in generale verso le privatizzazioni seppur con le dovute eccezioni, come ad esempio Napoli, dove il Consiglio Comunale guidato da De Magistris, con delibera a firma dell’ ass. ai Beni Comuni e all’acqua pubblica, prof. Alberto Lucarelli, ha sancito la ripubblicizzazione di Arin s.p.a (municipalizzata dei servizi idrici), in soggetto giuridico di diritto pubblico ed esattamente in una “Azienda Speciale” denominandola “Acqua Bene Comune Napoli”.
A Torino invece si privatizza; la giunta di centro sinistra guidata dal sindaco Fassino, con delibera poi approvata dal consiglio comunale, affida le municipalizzate alla Holding con l’ingresso dei privati …. con un impegno , per ora solo a parole, di ripubblicizzare invece la municipalizzata sui servizi idrici…!
In Puglia è in corso ormai da tempo una querelle sulla legge regionale di ripubblicizzazione di AQP. A che punto siamo?
Per quanto riguarda la Puglia tutto è rimasto fermo. Il giorno dopo il referendum il consiglio regionale pugliese ha approvato un disegno di legge per ripubblicizzare l’acquedotto, ma questo disegno di legge, approvato dal consiglio, non conteneva le istanze del disegno di legge prodotto dal tavolo tecnico congiunto tra Comitato pugliese Acqua Bene Comune, Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua e Regione Puglia.
Vi erano state apportate delle modifiche sostanziali dall’ass. Alle Opere Pubbliche Amati; ad esempio la forma giuridica non è chiara e non viene esplicitato quale soggetto giuridico assumerà la gestione dell’acqua. Nonostante gli inviti che il Comitato Pugliese Acqua Bene Comune ha ripetutamente inviato alla Regione Puglia per conoscere a che tipo di azienda facesse riferimento la neo legge di cosi detta ripubblicizzazione, non si è ancora avuta una risposta ufficiale.
Questo ci fa pensare che possa ancora trattarsi di una Spa (società per azioni), e che dunque risponda ancora alle norme del diritto privato.
Oltre a questo, è stato modificato un altro principio cardine, il minimo vitale garantito, che nel ddl originario era ben definito( ad ogni cittadino pugliese era garantito un minimo vitale di acqua giornaliera).
Dunque, in seguito all’approvazione in consiglio regionale, questo diritto garantito è divenuto “possibilità” .
Inoltre, la legge prevedeva dei meccanismi che favorissero la partecipazione nella gestione, da parte della comunità. Questi meccanismi dovevano essere attuati attraverso dei regolamenti, in seguito all’approvazione della legge avvenuta a Giugno. Siamo a Dicembre e di questi regolamenti non si sa ancora nulla!
Nel ddl originario vi era a condurre la gestione, un consiglio di amministrazione che ora invece è diventato solo “amministratore unico” con nomina e revoca da parte del Presidente della Regione sentita la Giunta.
La situazione è bloccata. L’acquedotto pugliese tuttora stabilisce i bandi di gara con la dicitura “Spa”.In Puglia non è stato ancora abrogato il 7% di remunerazione del capitale dalle tariffe, che dopo l’approvazione del secondo quesito referendario, è divenuta illegittima.
I pugliesi continuano a pagare una cifra che nel 2010 ammontava intorno ai ventiquattro milioni di euro, e nel 2011, se verranno confermati le previsioni dell’ATO idrico Pugliese (che in questi giorni dovrebbe essere trasformato in Autorità Idrica Pugliese), sarà maggiore; da Luglio 2011 nonostante l’abrogazione referendaria, la si continua a pagare ingiustamente.
Lo scorso 26 Novembre il popolo dell’acqua è sceso nuovamente in piazza per chiedere l’immediata applicazione del risultato referendario. Qual è stato il bilancio di questa giornata?
E’ stata una riconferma! La manifestazione promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha portato per le strade di Roma il tema della difesa degli esiti del referendum del 12 e 13 giugno.
“Ventisette milioni di cittadini hanno deciso, indietro non si torna”, è questo lo slogan che con determinazione è stato lanciato nelle piazze e nelle strade della Capitale il 26 novembre 2011 durante la coloratissima e festosa manifestazione del Forum Italiano dei movimenti per l’Acqua.
Slogan che viene ribadito costantemente nelle iniziative e nelle assemblee dei comitati territoriali dell’Acqua, nei gruppi della società civile che vertono sui Beni Comuni e diffuso nel web libero e su parte della stampa che segue le gesta dei movimenti popolari.
Quello che il popolo dell’ acqua ha voluto ribadire è che indietro non si può tornare.
La difesa del risultato referendario e la battaglia per i beni comuni, passa attraverso una nuova fase di mobilitazione.
Affinchè l’esito referendario venga rispettato (vista l’assoluta inerzia delle istituzioni), il movimento si è nuovamente organizzato, e sta promuovendo la campagna di “obbedienza civile”. Giovanni ci spieghi in cosa consiste, e quando approderà anche nella nostra città?
Il Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua sta promuovendo la campagna di “ obbedienza civile”.
Obbedienza civile perchè ciò che a noi preme è di far approvare l’esito referendario, rispettando così la volontà popolare della maggioranza dei cittadini italiani. La campagna ha l’obbiettivo di far attuare l’abrogazione della remunerazione del capitale, che significa eliminare il profitto dalle bollette.
A questo proposito il Comitato pugliese Acqua Bene Comune ha organizzato un incontro aperto a tutti, a Bari il 17 Dicembre, per capire i motivi per cui le istanze sancite dall’approvazione del referendum, non vengono attuate, per capire perchè l’acquedotto pugliese è ancora una società per azioni, e per capire come intraprendere l’ autoriduzione delle bollette legittimamente, “obbedendo” alla legge, non pagando la quota riservata alla remunerazione del capitale.
La campagna di “obbedienza civile” partirà a Gennaio.
“Si scrive acqua, si legge democrazia”. Recitava così uno degli slogan della scorsa campagna referendaria. In che modo il processo di riappropriazione del bene comune ci conduce verso un’esistenza più democratica?
Quella dell’acqua è la madre delle battaglie sulla riappropriazione dei beni comuni. Ha un significato universale perchè è vita, per tutti.
I beni comuni appartengono alla comunità, ma la volontà politica spinta dagli interessi economici, li ha sottratti ad essa, sottoponendoli alla logica dei profitti e della competitività. E’ necessario che la comunità partecipi, per rendere possibile la battaglia per la sottrazione dei beni comuni a queste logiche. Quello che vogliamo non è una gestione pubblica nell’accezione di come veniva gestito il pubblico in passato. Questo perchè molto spesso chi gestiva il “pubblico”, lo ha fatto attraverso logiche clientelari e scorrette senza nessuna trasparenza e sottraendo di fatto i “servizi” ai cittadini. La gestione pubblica che immaginiamo deve avvenire attraverso la partecipazione delle comunità di cittadini e lavoratori, così come riportato dall’ Art 43 della Costituzione della Repubblica Italiana. Quando c’è partecipazione, c’è democrazia. Solo partecipando alla difesa dei diritti inalienabili, tutti insieme, possiamo rendere le nostre esistenze più “democratiche”.