di Francesco Ferri
Mercoledì 11 Gennaio presso il Campo Comunale di Palagiano si è volta un’insolita partita. Indifferenti agli asettici rituali del calcio moderno, in un clima caldo e solidale gli ospiti del locale centro di accoglienza hanno sfidato una rappresentativa della rete antirazzista di Taranto. Prendendo a pretesto l’occasione abbiamo intervistato Enzo Pilò, legale rappresentate dell’associazione Babele, immersa da sempre nelle tematiche dell’accoglienza per i migranti, per fare il punto della situazione sulla vertenza dei richiedenti asilo presenti nella nostra provincia.
Enzo, com’è nata l’idea della partita e con quali finalità è stata costruita?
La partita è nata da un’idea di Angela (orientatrice legale della medesima associazione), finalizzata alla costruzione di un momento di confronto e reciproca conoscenza. Per questi motivi siamo stati contenti di estendere l’invito alla partecipazione alla rete antirazzista di Taranto. E’ stata un’occasione per rilanciare i discorsi intorno al tema dell’accoglienza dei migranti nella nostra provincia. Tematica che nei mesi successivi alle vicende della tendopoli di Manduria e alle conseguenti mobilitazioni, sicuramente non gode dell’attenzione mediatica che meriterebbe.
Qual è la status giuridico degli attuali ospiti dei centri di accoglienza presenti, nella nostra provincia, nei comuni di Taranto, Palagiano e Castellaneta?
Gli ospiti dei centri di accoglienza provengono dalla Libia, ma sono nativi di paesi del Sud Sahara. La loro accoglienza è subordinata alla richiesta di protezione internazionale. Ma le commissione territoriali (organo non giurisdizionale che decide sulla richiesta di protezione internazionale) finora al 90% hanno rifiutato le istanze. Il motivo del diniego è legato al fatto che i facenti richiesta per la maggior parte non provengono da paesi nei quali è dichiarata formalmente guerra. Nei fatti, però, in moltissimi dei paesi interessati sono presenti da decenni latenti e drammatici conflitti tribali, oltre che terribili condizioni economiche. Per giunta, alla quasi totalità di questi ragazzi è negato il diritto di presentare ricorso contro le decisioni delle commissioni territoriali. Per presentare ricorso sarebbe necessario accedere al gratuito patrocinio, ma l’ordine degli avvocati di Bari (competente territorialmente) ha finora respinto la quasi totalità di richiesta di patrocinio, impedendo nei fatti l’esercizio di un diritto fondamentale. Infatti il ricorso contro la decisione delle commissioni territoriali è di competenza del giudice ordinario, che indubbiamente assicurerebbe maggiori garanzie. I ricorsi vengono depositati dagli avvocati, ma non sappiamo se sarà possibile discuterli in tribunale proprio a causa della non ammissione a gratuito patrocinio. Nel frattempo i ricorrenti ottengono un PDS di sei mesi che consente di lavorare ma che non è convertibile in PDS per lavoro, tenendo tutti in una situazione di sospensione e di precondizione di clandestinità.
Questa profonda instabilità come condiziona il clima che si respira nei tre centri d’accoglienza della provincia Ionica e quali problematiche si potrebbero delineare qualora la situazione non si sblocchi in tempi rapidi?
Nei centri di accoglienza si vive, inevitabilmente, un clima di crescente nervosismo. La mancanza di risposte concrete e l’assenza di una prospettiva fattibile di risoluzione del problema alimentano la paura di un provvedimento di espulsione. L’instabilità attuale e il citato provvedimento di espulsione avrebbero l’effetto immediato della dispersione nel nostro territorio di ragazzi disperati, con rischio elevatissimo di alimentare lavoro nero e schiavitù, contribuendo inevitabilmente ad abbassare le garanzie di lavoro per tutti, migranti e nativi. La situazione sta diventando sempre più una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Quale può essere una soluzione politica della vicenda, che permetterebbe di evitare che la situazione si trasformi in un problema di ordine pubblico?
Sarebbe necessario che il governo concedesse un permesso umanitario per tutti, di durata annuale. La concessione di questo permesso permetterebbe ai ragazzi di trovarsi un’occupazione. E’ necessario che attivisti, cittadini ed amministrazioni locali facciano pressione per la concessione del suddetto permesso.
Accanto alla necessità di mobilitarsi per pretendere una soluzione politica della vertenza, quale appello puoi lanciare al mondo dell’associazionismo e delle forze sociali per provare a mettere in campo iniziative concrete a sostegno dei richiedenti asilo?
Sarebbe necessaria la costruzione di momenti di socialità che coinvolgano i migranti, in modo da creare un clima di reciproca comprensione e di favorire fenomeni di integrazione sociale. Nei piccoli centri, come Palagiano, è già in piedi una rete di solidarietà che prova ad assistere ed a favorire l’integrazione dei richiedenti asilo. Nei grandi centri, come Taranto, finora è stato molto più difficile costruire tutto ciò.
Inoltre è assolutamente necessario rilanciare una mobilitazione ampia intorno alle problematiche dei migranti. Mobilitazione che, nei mesi scorsi, durante il confinamento dei ragazzi tunisini ha permesso di raggiungere importantissimi risultati. Proprio per questo è importantissimo ripartire fin da subito in questa direzione. In questo senso, per il 2 e il 3 Febbraio abbiamo organizzato un seminario che approfondisca le problematiche giuridiche nelle quali sono immersi i richiedenti asilo, al quale tutti sono invitati.