di Gaetano De Monte
Taranto è la città che, all’inizio degli anni ’90, con Giancarlo Cito e la sua Lega d’azione meridionale, – più che un partito personale un vero e proprio clan familiare, un movimento politico misto di un leghismo nero e xenofobia al sapore della cozza tarantina – è stata in una certa misura laboratorio politico del populismo italiano. In concomitanza con le elezioni amministrative cittadine del 6 maggio c’è il pericolo dell’affermazione di una destra eversiva a spaventare le cosiddette forze democratiche.
E’ la destra di Giancarlo Cito, ex picchiatore fascista, telepredicatore dalle frequenze delle tv di sua proprietà, Tbm e Super 7, già sindaco nel 1993, eletto deputato nel 1996 con 33.960 voti. Alle spalle una condanna passata in giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa, con conseguenti quattro anni di carcere scontati dal 2003 al 2007. Ed un’altra condanna definitiva, sempre a quattro anni, per una mazzetta ricevuta dal portavoce della Dirav, la multinazionale liberiana interessata al progetto del porticciolo turistico a San Vito, che proprio in queste ore, gli ha spalancato le porte del carcere di via Speziale.
Infatti il candidato, per chi non avesse la ventura di conoscere le dinamiche politiche di Taranto, non è lui, ma il figlio Mario, candidato sindaco già alle elezioni del 27 e 28 maggio 2008, quando riuscì nella straordinaria impresa di essere il primo candidato sindaco nella storia di questo Paese, a prendere il 20,2 % dei voti senza pronunciare nemmeno una parola. Eppure, nonostante le vicende giudiziarie, per dirla con il titolo di un pamphlet di Alessandro Leogrande, pubblicato da minimum fax nella raccolta di saggi ed inchieste “ Il Corpo ed il Sangue d’Italia”, potrebbe essere “L’eterno ritorno di Giancarlo Cito”.
Proprio allo scrittore e giornalista tarantino definito da Nicola La Gioia “uno scrupoloso documentatore del presente”, un attento e coraggioso narratore dei nostri giorni, aggiungiamo noi, abbiamo chiesto una riflessione laica sullo stato dell’arte della politica a Taranto, tra pericoli di un rinnovato populismo ed il ruolo della destra eversiva; in una Città che potrebbe essere, come già è stata nel recente passato, il paradigma sociale e antropologico utile a capire anche ciò che accade nel resto della penisola.
Alessandro, come valuti il “pericolo Cito” alle prossime amministrative?
Ho sempre avuto l’impressione che da parte delle forze democratiche, a Taranto, ci sia stata una sottovalutazione costante del fenomeno Cito, considerato un fenomeno passeggero, ed oramai finito e che invece purtroppo, soprattutto a livello elettorale, rimane un dato politico costante di questa città. E più che i sondaggi, che talvolta sono commissionati dalle stesse forze politiche e peccano spesso dunque di attendibilità, sono i dati reali a raccontarci che nelle scorse comunali Mario Cito sfiorò il ballottaggio per soli seicento voti e che nelle provinciali di soli tre anni fa At6, Lega d’Azione Meridionale, è stato il partito politico più suffragato a Taranto. Come ho già avuto di scrivere in “L’eterno ritorno di Gian Carlo Cito” che ho pubblicato per la minimun fax, la performance di Mario Cito alle scorse comunali non solo rappresenta un pezzo di fantapolitica autorealizzatosi, ma allo stesso tempo ci ha consegnato una lezione da trarre. Nella sottovalutazione del fenomeno Cito, c’è stato un difetto di valutazione della sinistra tarantina: l’aver pensato, cioè, che le vicende del dissesto finanziario del Comune che avevano portato all’azzeramento della classe dirigente del Pdl tarantino avessero anche sostanzialmente annullato la domanda di destra della città.
In questo preciso momento storico viene in mente un parallelismo. Come in tante città del Nord, vedi Bergamo, Varese, Verona, il Pdl è totalmente subalterno in termini di consenso alla Lega Nord; a Taranto ci troviamo di fronte ad un partito di Berlusconi, travolto dagli scandali giudiziari, che ha lasciato l’eredità della destra, quasi interamente, almeno in termini elettoralistici, ad un partito xenofobo e razzista.
Esattamente. E’stata proprio la destra più radicale, quella neofascista, xenofoba, impolitica, ad aver raccolto tale richiesta di destra della Città. Senza soffermarci sulle problematiche connesse alle vicende giudiziarie, che pure esistono, perché ci troviamo di fronte comunque ad un condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. E’ sul piano politico che si rileva la pericolosità di questo clan familiare che detiene il 25% del consenso elettorale in Città, con punte del 40% in alcuni quartieri. A mio avviso qualsiasi riflessione doveva partire da lì. Dal perché di quel successo. Una riflessione che purtroppo da lì non è partita ed ora, come ho scritto tre anni fa all’indomani delle elezioni provinciali, Taranto rimane seduta su una bomba pronta a deflagrare alle prossime comunali. Si parte dal 29%. In una Città che offre undici candidati sindaco, che mostra un ceto politico decomposto, con partiti che non rappresentano più nulla, se non se stessi. In questo contesto politico, esacerbato dall’intreccio ambiente crisi-disoccupazione , il populismo citiano trova terreno fertile, dovrebbe essere evidente, perlomeno ai diversi movimenti cittadini. Dovrebbe toccare a loro comprendere che ciò che per la mia generazione costituiva il primo pericolo, rappresenta purtroppo ancora oggi una terribile evidenza.
Invece, addirittura, parte del movimento ambientalista si presenta alle elezioni comunali con lo slogan : “Ne destra, ne sinistra:vogliamo aria pulita”. Il loro candidato sindaco, Angelo Bonelli, ha dichiarato al Fatto quotidiano “L’alleanza civica che stiamo costruendo, che includerà anche una lista ‘Mamme per Taranto’, chiederà il voto a tutti. Voglio ricordare uno striscione di ragazzi di Taranto che vidi in una manifestazione già nel 2009: “Né destra, né sinistra, vogliamo aria pulita”. Come se questa non fosse la città delle due destre eversive, quella del dissesto finanziario da 900 milioni di euro, del club della Di Bello, che con la connivenza di una pletora di geometri, impiegati, costruttori edili, gestori di imprese di pulizia, produsse una fuoriuscita dai bilanci del Comune di centinaia e centinaia di milioni di euro; e di quella xenofoba impersonata dal ex picchiatore fascista GianCarlo Cito.
Considero estremamente infelice quest’uscita di Bonelli, sulla cui stessa candidatura nutro profonde perplessità e non, come potrebbe dire superficialmente qualcuno, perché viene da fuori. Non è questo il punto, perché io piuttosto avrei candidato un senegalese, un bracciante rumeno… Proprio queste dichiarazioni invece indicano una cattiva conoscenza del tessuto politico cittadino da parte di Bonelli, e forse anche del cartello di liste ed associazioni che lo sostengono. Il punto è che idea di società costruiamo. Perché lo slogan “né destra né sinistra” è uno slogan scellerato in una città come Taranto che ha vissuto due destre di tipo eversivo. E poi perché è comunque un discorso non politico, di pancia, rozzo, elementare in sé. “Né destra, né sinistra” in politica non significa niente. “Né destra, né sinistra” è lo slogan di Casa Pound, di Grillo, dell’impolitico, dei forconi, cioè di quel particolarismo di pancia che confonde la dimensione post-ideologica con quella post-politica, un discorso portato avanti già dalla vecchia destra anni ’30, che non a caso portava poi all’identificazione del capro espiatorio. Non sto accusando naturalmente Bonelli di tutto ciò: lo inviterei però ad un dibattito pubblico dalle colonne di Siderlandia su cosa è stata la destra eversiva a Taranto negli ultimi due decenni. Perché se ti candidi a sindaco di questa Città devi sapere cosa ha prodotto e significato la destra eversiva a Taranto, nella versione iperberlusconiana del buco di bilancio e in quella fascista di Giancarlo Cito. Questi discorsi la dicono lunga sulle contraddizioni dell’ambientalismo tarantino a cui mi sento di rivolgere delle domande sul come mai si portano avanti queste posizioni impolitiche, e non si rifanno piuttosto ad esempio ai principi fondamentali dell’ecologismo classico. Non esiste un’ecologia politica slegata da un discorso complessivo sui diritti delle minoranze, sulla laicità, sulla giustizia sociale, sull’universalismo della tua posizione politica. L’ecologia politica o è questa, o non è. Se non è allora diventa una forma di tribalismo impolitico.
Prese di posizione, scelte, paradigmi politici che purtroppo latitano nel dibattito ambientalista tarantino, a differenza di quanto avviene in altre vertenze ambientali italiane, penso alla Val Susa, a Chiaiano, realtà socio-politiche in cui si è prodotta una rottura forte nell’immaginario, all’insegna di un altro mondo possibile, di un’altra democrazia fondata sui beni comuni, della narrazione di un nuovo modello di sviluppo.
La colpa storica di parte del movimento ambientalista tarantino è stata proprio quella di essere espressione di un particolarismo nel senso oggettivo del termine, perché l’unica cosa che riesce a dire è “ la fabbrica non nel mio giardino”. A loro, e all’area della sinistra cosiddetta diffusa, spettava in primo luogo ricomporre la frattura tra lavoro e salute. In questo senso il dramma ambientale si sarebbe dovuto legare alle questioni dello sfascio urbano, ad un discorso complessivo sul lavoro e sull’alternativa ad un modello di sviluppo che è guasto, e ad un tessuto politico che andrebbe bonificato, magari proprio con il contributo dell’ecologia politica. Ora io dico chiaramente agli ambientalisti tarantini: il modo in cui state impostando questa campagna favorirà indirettamente Cito. Non vi sto accusando di sottrarre voti al voto utile. Sto dicendo un’altra cosa, su un piano meno elettoralistico: state scendendo sullo stesso livello antipolitico, non ponendo una distinzione netta. E non serve dire che Cito è oggettivamente indebolito dopo l’arresto. Il virus dell’impolitica, dello sfascio forcaiolo in questa città è una bestia che cova sotto la cenere. Senza avvertirlo, rischiate di finire in una sorta di populismo speculare. E come tutti i populismi speculari alla fine attivano corde sotterranee che legittimano il populismo originario. Quello di chi sta dall’altra parte. Di chi – almeno per me – starà sempre dall’altra parte.
Una bonifica del tessuto politico cittadino che purtroppo non è avvenuta totalmente neanche durante l’ultima amministrazione Stefano.
Cinque anni oggettivamente sono troppo pochi per ripianare uno sfascio politico trentennale. Ma una rottura positiva rispetto al passato indubbiamente è stata prodotta. Vedremo quali sorprese la prossima competizione ci consegnerà.
Quel che è certo, però, è che, chi come Alessandro Leogrande conosce nel profondo le acrobazie politiche a cui questa Taranto ci ha abituati, sa che non è poi così tanto condito di fantapolitica il bel pezzo scritto da Andrea Cazzato e Serena Miccoli e pubblicato la settimana scorsa.
L’arresto di Cito, avvenuto il giorno prima della nostra piacevole chiacchierata, secondo Alessandro non cambia poi di così tanto gli scenari; anzi, forse paradossalmente si potrebbe determinare sulla scena politica una dinamica di auto vittimismo che così come in passato, potrebbe persino avvantaggiare il Telepredicatore.
L’analisi se pur interessante politicamente mi appare troppo complessa.
Forse le cose sono molto più semplici.
La gente è stanca di questi politici sugasangue, molto bravi a guardare i propri interessi, e meno interessati agli interessi della città, e del Paese più in generale.
Il problema non sta ne a destra ne a sinistra-
Occorre un rinnovamento complessivo e generazionele della classe dirigente, sia a livello centrale che periferico.
Spazio ai giovani! Basta con la vecchia classe dirigente!
Cito non è altro che l’espressione più pregevole della vecchia classe politica.
Manca una esse: spregevole.
condivido l’analisi di Alessandro, devo aggiungere che ritengo la società tarantina , quella che dice di riconoscersi nell’area democratica e persino in quella di sinistra non abbia ancora fatto i conti con il populismo. il motivo è che di quel populismo è impregnata,. non sarebbe stato possibile Cito se alcuni attegiamenti non fossero facilmante confondibili con forme tribuzie pur presenti in fasce della sinistra, se non ci fosse una sistematica strumentalità in attegiamenti , e se nonmancasse la consapevolezza che nei processi sociali, culturali e politici non esistono scorciatoie,ed anche le accelerazioni (quando avvengono e sono posssibili) hanno alle spalle una lunga maturazione.
Analisi attenta e di parte quindi meglio Don abbondio?
intanto i numeri dicono il contrario con cito citta’ piu’ vivibile e piu’ sicura, di questi tempi dopo un certo orario sconsiglio “fortemente” alcune zone di taranto
Quali numeri? Con Cito “città più sicura” è una leggenda che non è confermata da alcuna statistica seria (numero di omicidi, rapine, devianza minorile, ecc.). Citare fonti imparziali, prego.
ciccio Voccoli:
Condivido sostanzialmente l’analisi di Liogrande.Il dramma di questa citta’ viene da lontano.Bisognerebbe conoscere la storia di questi 60 anni per capire come si e’ incubato e,poi esploso,il fenomeno Cito.Una citta’ dove il connubio politica affari non ha trovato paletti ne’ a destra n’è a sinistra n’è a centro degli schieramenti che si sono succeduti alla guida della città .Lo stesso sindacato,nella sua stragrande maggioranza e’ stato subalterno a questo andazzo.Bonelli dovrebbe studiare a fondo tutto ciò prima di avventurarsi in una operazione che all’indomani delle elezioni,al di la’ del suo personale risultato,lascera’ nella frustrazione quell’elettorato che si e’ speso e ha creduto in un reale cambiamento.Si e’ perso una grande occasione nel non aver voluto prendere in considerazione la proposta di unificare la sinistra di alternativa che oggi si presenta maledettamente frastagliata pur rappresentando,nel suo insieme,un potenziale enorme da contrapporre sia a Stefano che a cito.Ma spero che almeno il dopo 6 maggio si riprenda a discutere e a ragionare. Lo spero vivamente
dopo le 19,30 fatti un giro a piedi salinella, via d’alo’ alfieri,giu’ al lungomare piazza marconi ecc ecc e poi vedi quanti numeri ti fanno…
Hai parlato di numeri. Quali sono? Le ultime conferenze di fine anno di Polizia e Carabinieri erano piuttosto rassicuranti. Sei in grado di dimostrare – dati e fonti alla mano – che negli anni di AT6 si commettevano meno reati? Si resta in attesa.
le classifiche nazionali di vivibilita’ dell’epoca,e comunque fatti un giro dove ho scritto prima io, soprattuto vai a piedi non in auto
A Taranto il primato nazionale di minorenni denunciati in rapporto alla popolazione nel 1995 (107 su 100mila abitanti) e nel 1996 (124 ogni 100mila abitanti). Fonte: “Il Sole 24 Ore” su dati del Ministero di Grazia e Giustizia.
sei un coglione!
Voi comunisti come al solito vi dimostrate dei violenti, intolleranti, incivili, ignoranti, frustrati, incapaci, falsi e mistificatori.
W TARANTO FASCISTA!
La verità fa male, soprattutto agli ignoranti. Buon 25 aprile!
con la sinistra citta’ allo stremo e poi la vergogna e l’offesa fatta ai cittadini dei lavori in citta’ solo in campagna elettorale
visto che dovremmo “RIFLETTERE” come dice il titolo della dicussione, vorrei ricordare che molto spesso i meriti di qualcuno (e consensi) si ingigantiscono o aumentano grazie ai demeriti di altri … a buon intenditor poche parole…
antonio vi dice datevi allo sport che di politica non capite un c…o con cito siamo stati tranquilli città vivibile e fiorita con la destra ci sono stati furti di miliardi con la sinistra non ce stato niente
arrivederci
scusa qualcosa lo ha fatto il sindaco ha inaugurato AFO 4 in ilva e le stupende fontanine regalate pietosamente alla citta’
e’ proprio vero la verita’ fa male = CITO IL PIU’ VOTATO DI TARANTO. quanto vi fa male…
Questo è vero: fa malissimo. Un amico di mafiosi, pluripregiudicato, fascista che riesce ad abbindolare così bene mezza città. E’ drammatico. Ma in fondo anche Cuffaro, D’Alema e Dell’Utri sono (o erano) molto votati; questo non li rende migliori o più onesti. Ricordiamo che Cito è stato condannato anche per tangenti e nel caso della tangente Cervelli è praticamente reo confesso.
fa molto piu’ male la debolezza dell’aministrazione attuale
sindaco attuale=fantasma
perche’ a taranto abbiamo un sindaco?