Cosa si è disposti a fare? Per un’idea di città (migliore)

di Gaetano De Monte

Mario Cito, figlio di Giancarlo, – ex picchiatore fascista, ex parlamentare, ora in carcere per tangenti-  l’aveva preannunciato dal palco di Piazza della Vittoria,  già venerdì sera, ultimo giorno di campagna elettorale, – con rozza enfasi mussoliniana e saccente retorica provincialista – “ Bonelli è un figlio della lupa e io me ne frego”.

“Il trota dello Ionio”, come è stato definito da Alessandro Leogrande in un editoriale sul Corriere del Mezzogiorno, era sicuro che ce l’avrebbe fatta ad andare al ballottaggio con Ezio Stefano, “ ex pediatra dei poveri”, sindaco uscente, candidato che ha ottenuto il 49,5% dei consensi. Quasi un tarantino su due ha votato “Baffone”. E quasi uno su cinque ha votato il figlio di Cito, il telepredicatore xenofobo e razzista.

Nel  “nome del padre” Gian Carlo, – paragonato in uno spot di At6, con una straordinaria confusione culturale, nientemeno che a Giuseppe Conlon, detenuto ingiustamente nelle carceri britanniche (e qui deceduto), perché ritenuto complice di un attentato terroristico dell’IRA, l’esercito di liberazione nord-irlandese  –  Mario era dunque riuscito a parlare in pubblico, in un comizio. Era la prima volta che accadeva. Nonostante fosse stato, già cinque anni fa, candidato a sindaco per la stessa Lega d’azione meridionale. Quella volta il ballottaggio lo sfiorò di un soffio, non ci andò per soli seicento voti. Allora ad arringare il popolo di At6 c’era il padre. Stavolta, il piccolo Mario ha fatto tutto da solo, e l’impresa, non solo quella elettorale, gli è riuscita. Perché Venerdì sera, ad aizzare la folla pre-politica della Lega D’Azione Meridionale, imprecante e festante allo stesso tempo, contro gli zingari, contro “Bonelli che non ne sa nulla di Taranto”, e contro Stefano “per cui la sabbia nella clessidra è finita”, auspicando una “vera rivoluzione politico-amministrativa”, Mario Cito sembrava tutto suo padre. Nelle sembianze, nel vocabolario e nelle imprecazioni fasciste e populiste.

Angelo Bonelli, sostenuto dal cartello di liste ambientaliste Aria Pulita, non è riuscito nell’ardua impresa, conseguendo tuttavia un buon 12%, voto di opinione e giovanile, in larga parte. Di voto inquinato da offerte e promesse di soldi, ma anche di pesanti condizionamenti, arrivati sino alla minaccia fisica, per un rappresentante delle liste a lui collegate – che sarebbe stato addirittura “sequestrato” per qualche minuto – ha parlato lo stesso  leader nazionale dei Verdi, in una conferenza stampa, all’indomani del voto, svoltasi nel suo comitato elettorale. In verità, nella stessa mattinata di lunedì, mentre i seggi erano ancora aperti, alcuni uomini sono stati sorpresi dalla polizia nei pressi di un seggio elettorale del quartiere Solito Corvisea (scuola Liside), mentre distribuivano indicazioni di voto e schede “segnate”, come si dice nel gergo del voto di scambio – “sistema” che a chi scrive è oramai abbastanza noto, avendolo vissuto sulla propria pelle in una competizione elettorale di questa provincia.

Una prospettiva di ragionamento

Senza indugiare ulteriormente sul piano puramente numerico e descrittivo di una competizione elettorale, che ha visto tra le altre cose da segnalare una bassissima partecipazione, si desidera piuttosto aprire da queste colonne un ragionamento attorno all’idea di città che vogliamo, a quale modello di governo auspichiamo per la Taranto del futuro. Che non può essere certamente quello stesso che ha guidato da sempre le scelte dei nostri governanti: il paradigma della speculazione urbanistica – smarrendo invece quella concezione della città come forma simbolica, quella immaginata, elaborata e sognata da chi la abita. Quella di chi considera la città, prima che una realtà fisica organizzata sulla base di fattori sociali ed economici, come una dimensione psicologica e una categoria antropologica.

Quella di chi immagina il suo centro storico, degradato da piani Urban massificati, quel centro cittadino spogliato dei cinema, dei teatri, e quelle periferie abbandonate alla speculazione edilizia, come “la Taranto delle opportunità”. La sua trasformazione in contenitore per le arti, la cultura, i nuovi mestieri e l’apprendimento, come accade già in diverse parti della Puglia e nelle regioni più avanzate d’Europa. Città in cui i giovani sperimentano, creano, si formano, crescono insieme, si contaminano. Non fuggono.

Città che si pensano da sé, lontane anni luce da quella condizione di subalternità che da un secolo avviluppa invece le sorti di Taranto – una città che sembra stia, da oramai più di vent’anni, irresistibilmente affondando in una condizione pre-agonica, che offre come unico scampo un esodo di massa. E’ la subalternità, è lo sviluppo calato dall’alto il male profondo di questa città; è quel “sistema dipendente”, “quell’ implicito patto in virtù del quale l’azienda dà lavoro, col sistema degli appalti, ai clientes di questo o quel potentato locale, e costoro al dunque votano secondo coscienza”. E’da qui che si origina quel male atavico che ha portato in pochissimi anni Taranto a detenere due primati: quello di città meridionale con il più alto tasso di disoccupazione e quello di città più inquinata d’Italia.

C’è invece chi già immagina una Taranto nuova e diversa ogni giorno. Provando a tracciare quotidianamente un altro processo ideale. Rappresentando concretamente un segnale netto e preciso di discontinuità rispetto ad un modello di sviluppo che è guasto, e praticando realmente un’alternativa immediata. Perché la subalternità è un male che va combattuto in primo luogo provando a riacquistare la forza per pensarsi da sé. Restituendo a Taranto l’antica dignità di soggetto di pensiero. Interrompendo una lunga sequenza in cui è stata pensata da altri. Un male che si potrà combattere solo se ci sarà un’altra classe dirigente, un’altra grammatica della povertà e della ricchezza, pensando la dignità di altre forme di vita. Attraverso un immaginario coraggioso, ed un rinnovato protagonismo della società civile, di quei tarantini onesti, di quelle migliaia che vedono i propri figli partire, che sono messi in ginocchio dalla crisi, e che vorrebbero una città con più opportunità per tutti. Piuttosto che vedere i loro figli  sfruttati e sottopagati nei call-center, nonostante l’applauso accademico e magari il master. O condannati a morire in una fabbrica, la più inquinante d’Italia, e forse in Europa.

Quella Taranto che è stanca di essere  costretta ad elemosinare un lavoro precario, temporaneo, mal retribuito, per sopravvivere con una parvenza di dignità. Quella Taranto che è stanca della sopraffazione, dei soprusi, dei clientes, della malavita da posto di lavoro, non meriterebbe, piuttosto che questo ballottaggio, di poter rivivere quel moto filosofico-mistico che nel V secolo a.c penetrò sin nel profondo degli strati sociali e che a Taranto si riconciliò presto con la democrazia?.

Non meriterebbe – invece che quel Mario, figlio di Cito – quel filosofo, che fu anche insigne scienziato, espertissimo uomo di stato, che rispose al nome di Archita, con cui Taranto raggiunse altezze mai viste? Quando la città, che allora era più estesa di Atene, si godeva civilmente una meritata agiatezza, si “abbelliva di opere di arte, si appassionava a giochi, a corse, disponeva di quella felicità nuova e piena, di una vivacità culturale che Archita usò al meglio per realizzare la più audace, la più intelligente, la più utile politica che si potesse”. [1] Perché  piuttosto che quel Mario, forse sarebbe meglio, piuttosto, ritrovarsi a sindaco, un personaggio cartone come  Mario Bros.


[1] Cit. Tommaso Fiore, Terra di Puglia e Basilicata

1 comment

  1. Anonimo Maggio 15, 2012 4:13 pm 

    L’errore che si commette in politica è quello di voler primeggiare demonizzando l’avversario. Più ti demolisco e più grande sembrerò io! La Regina di Francia, alquanto brutta, soleva andare in giro con una scimmia. In questo modo la sua bruttezza passava inosservata. idem con Berlusconi che essendo basso di statura, per non essere preso di mira dai comici, inserì nel suo governo Brunetta. Quello che bisogna far risaltare, pubblicizzare, invece, sono i progetti, le idee innovative che se apprezzate, automaticamente trovano consensi e seguito e questo, a prescindere dall’età, dalla bellezza o dall’altezza! Le persone al servizio del progetto e non viceversa!
    Giusto per non affogare nel mare della retorica, ecco due progetti per la nostra città, così come d’altronde richiesti dal tema :
    “Per un’idea di città migliore, cosa si è disposti a fare?” Ecco:
    1) PROGETTO DI SVILUPPO OCCUPAZIONALE TURISMO
    Con questo progetto si vuole contribuire a tenere viva quella fiamma che si chiama occupazione, fiamma che, laddove non arde, provoca effetti devastanti nella società, perché si insinuano e trovano terreno fertile la delinquenza, la droga, la violenza, il degrado sociale e morale. Diceva Goethe, a ragione, che è pericoloso l’uomo che non ha niente da fare. Per progetti s’intendono, non slogan, appelli, temi, ma programmazione matematica del suo sviluppo. Con le chiacchiere si possono creare solo illusioni ed anche un milione di posti di lavoro. Mancandoci la mentalità, l’esperienza, la cultura ed anche i capitali per dar vita alla grande industria, resta l’industria turistica, una grande fabbrica che ci consente la natura, dove ci si può inserire senza essere esperti, senza grossi capitali. Tanti piccoli alberelli che, messi uno accanto all’altro, possono formare un fitto bosco occupazionale che l’albero gigantesco dell’impianto siderurgico non ha saputo creare.
    Ma il turismo non è solo ricchezza economica ma anche culturale. La civiltà avanza dove vi è scambio di pensiero. Lo straniero non lascia solo denaro, ma anche il suo modo di essere. Se migliore del nostro, viene immediatamente e naturalmente assorbito. CHE FARE – CHI DEVE COMINCIARE

    1) Una Consulta Sindacale permanente formata da tutti i sindaci della Provincia, affiancati da alcuni esperti del turismo, da creativi, per individuare i bisogni e le innovazioni di ogni zona: Per esempio, ridisegnare tutta la litoranea, ristrutturare la città vecchia, collegare Taranto all’autostrada che ora si ferma a Massafra, poi strade, fogne, condutture idriche, illuminazione. Individuare i siti dove far sorgere stabilimenti balneari, alberghi, parcheggi, parcheggi per campeggiatori, vie marine per raggiungere ogni posto del litorale. Promotore di questa consulta dovrebbe essere il sindaco di Taranto. Formare una commissione di controllo per evitare infiltrazioni di malavitosi nelle varie gare d’appalto e nella fase di realizzazione dei manufatti.
    2) Assegnare ai privati le aree per la costruzione delle strutture previste.
    3) Avvalersi ovviamente di esperti del campo turistico ma anche della fantasia dei giovani, degli studenti, dei creativi. Per esempio, potremmo riempire tutte le vetrine dei negozi di quei vasi sepolti negli scantinati del museo, per aggiungere un’altra caratteristica a quelle già esistenti. Donare al turista che arriva con viaggio organizzato, una bottiglia di vino personalizzata, dopo avergli fatto vedere quei meravigliosi vigneti a tendone (autentiche gallerie!) delle campagne di Ginosa e Castellaneta. Questa bottiglia diventerà automaticamente pubblicità mondiale del nostro vino e della nostra città. Questo si chiama PROMOZIONE!!!

    4) Promuovere il territorio, tramite INTERNET, l’APT, le agenzie turistiche, con manifestazioni nazionali ed internazionali di ogni genere: dallo sport alla cultura, dalla leggenda alla storia, alla musica, allo spettacolo, al divertimento. Pensare che Taranto è gemellata con Brest ma mai un incontro, una manifestazione congiunta! Il Palio di Taranto, gara di barche tra rioni,farlo diventare Palio d’Europa.

    5) Fare un piano previsionale di occupazione. Qualche anno fa la ConfCommercio nazionale ha stimato in 250.000 i posti di lavoro che si creerebbero al sud se si sviluppasse il turismo, Taranto, per quello che può offrire ai turisti, potrebbe incamerarne una grossa fetta. Basta pensare che sulla costa pontina, estesa per 90 km. nel comparto turistico trovano occupazione stabile 18mila addetti. 24mila sono i lavoratori stagionali. Cosa offre Taranto rispetto a tutte le altre città del sud?

    – Mare dai molteplici colori da denominare “MARE ARCOBALENO”
    – 2 mari (unicità al mondo)
    – Ponte girevole (unicità al mondo). Solo a Taranto si può vedere una nave che passa davanti, come fosse un autobus, affacciati alla ringhiera del canale ( altro che isola del Giglio! ).
    – L’immenso parco archeologico! Un museo tra i più importanti d’Europa!
    Tombe, tombe a camera, colonne doriche, acquedotto medievale, Gli ori della Magna Grecia che vanno in giro per il mondo, invece di essere il mondo a venire a Taranto per ammirarli!
    – La città vecchia, con quei vicoli, quei sotterranei,
    il Castello. Qui da allocare le botteghe degli artisti, degli artigiani, degli orafi.
    – Le isole Cheradi, dove il 99% dei tarantini non ha mai messo piede.
    – I trulli di Martina
    – I trulli di mare ( autentiche opere d’arte, sconosciuti a tutti)
    -Le ceramiche di Grottaglie
    – I riti della settimana santa. (Processione spettacolare per eleganza, devozione, originalità)
    – I vigneti spettacolosi a tendone di Castellaneta e Ginosa
    Senza dimenticare di ridare luce alle figure di Archita e Paisiello. 500 anni prima di Cristo, Archita aveva fatto volare un uccello di legno, aveva inventato il torchio, il flauto. Duemila anni dopo, Leonardo, per aver disegnato le ali per il volo, è stato glorificato a imperitura memoria! Archita? Un pupazzo di 30 centimetri nella villa Peripato!
    Qualche anno fa Sgarbi, in visita a Taranto, ebbe a dire: “Voi avete dei tesori! “. In effetti, l’idea di Taranto è quella di una gioielleria che ha i forzieri pieni di gioielli e davanti alla porta vende frutta e verdura.
    A Verona arrivano mediamente 3 milioni di turisti l’anno solo per vedere la loggetta dove si affacciava Giulietta! Per vedere la sua stanza si pagano sei euro! Ora su quella loggetta ci si può anche sposare pagando 300 euro! Gli innamorati possono immortalare i loro nomi: pagando 150 euro. I nomi vengono incisi col laser su un mattoncino che viene poi fissato per terra. Il Comune di Verona ha istituito un ufficio per rispondere a circa 5.000 lettere l’anno, di innamorati che scrivono a Giulietta! Insomma, i veronesi campano grazie ad un romanzo di Shakespeare. A Pisa arrivano mediamente un milione di turisti solo per vedere quella torre inclinata! Rimini, una delle città più ricche d’Europa! 5 milioni di turisti l’anno!
    Così si possono chiedere e ottenere i finanziamenti europei. Concedere finanziamenti per infrastrutture che diano posti di lavoro, questa è la finalità della

    Comunità Europea. ( Di quegli 88 miliardi di euro dei fondi FAS per progetti per il sud, ne sono stati richiesti appena quattro. Visto che non li voleva nessuno, perché nessuno ha idee, fantasia, progettualità, ne ha approfittato Bossi per soccorrere gli allevatori padani in crisi per le quote latte ).
    Così si potranno mettere in moto contemporaneamente cantieri a finanziamento pubblico per la costruzione delle infrastrutture pubbliche e cantieri a finanziamento privato per la costruzione delle strutture private, perché il privato, se vede un progetto, un futuro guidato, certo, non esiterà ad investire. In queste molteplici attività potranno trovare occupazione tutte le figure professionali ed artigianali, dall’ingegnere al ragioniere, al cameriere, all’operatore turistico che la scuola abilita regolarmente ogni anno e regolarmente ogni anno resta disoccupato.

    LA MIA TARANTO

    Risplenda di nuovo destino
    ‘sta Taranto pien di tesori.
    Tracciamole un nuovo cammino
    tornando agli antichi splendori.

    Dei tempi in cui Orazio arrivava
    in sella ad un mulo scodato
    e il grande Virgilio cantava
    le fonti di un fiume, incantato.

    Mentre Archita, insigne scienziato,
    di flauto e torchio inventore,
    un uccello di legno impregnato
    volare facea con stupore.

    E la gente, padron d’una terra
    generosa com’era di frutti,
    non er’usa fare alcun guerra:
    da mangiare ce n’era per tutti.

    Il suo tempo in cultura sprecava,
    sola fame davver da saziare ,
    mentre in terre padane si andava
    a caccia dell’uom per mangiare.
    Ettore Todaro

    ‘A REVOLUZIONE

    ‘A prima cose ca lle vène a mmènde
    a ci vo’ ccu face ‘na revoluzione,
    è de truvare tutte l’armamènde
    ca lle po’ fa’ vengere ‘a quistione.
    Ce po’ ‘a revoluzione nno’ se face,
    ‘nu vengetore esse ugualmende:
    jè quidde ca, stè ‘uèrre oppure pace,
    a dalla dalla face l’armamènde.
    Ma ‘mbèce de fa razze e carre armate,
    facime zappe e machene p’a tèrre,
    pe’ darle a quedda ggènde sfortunate
    ca more sije de fame ca de ‘uèrre.
    E ‘mbèce de sciucare a jatte e cane,
    a janche e gnure, a pechere e lione,
    cercame de riunì ‘a razze umane
    pe’ fa’, senza’arme, ‘na revoluzione
    ca mette a ci stè face istituzione,
    no’ rrète a mure, a tanda scrivanie,
    parlanne sule jnd’a televisione,
    ma a cuntatte cu’ ‘a ggènde, mijez’a vije.
    Mo’ ‘mbèce, ci ‘ue’ aiute da ‘nguarcune,
    te tocche de chiamà ‘nu centraline
    ca te responne: – “A qua nno’ stè nisciune,
    repruève notra vota crè matine!”
    Mendre aspettame ‘sta revoluzione,
    terame fore l’arme ca jnd’u core
    tenime puèste tutte a ‘nu candone:
    Quèdd’arma bedda ca se chiame AMORE.
    Sule cu’ ‘st’arme putime fa ‘na ‘uèrre
    addò putè sparà all’umanetate,
    da qualsiase angule d’a tèrre,
    razze de pace e de serenetate. Ettore Todaro

    2 ) PROGETTO

    “ ANIMATORI DI QUARTIERE “

    La società civile è in rivolta contro la politica e le istituzioni anche per la ragione che si sente lontana da esse. Tutti rinchiusi nelle proprie alcove. Nelle strade? Il deserto! Anche in questo contesto occorre una rivoluzione, così come la tecnologia ha cambiato il modo di essere, di vivere delle persone.
    Occorre un’idea innovativa per una società che, abbandonata a se stessa, cerca di auto-governarsi con comitati ed associazioni di ogni tipo. Per la sicurezza, ma anche per far sentire le istituzioni vicine alla gente, invece del tanto invocato quanto inutile poliziotto, creare gli

    ANIMATORI DI QUARTIERE

    Queste figure, persone istituzionalizzate, addette all’assemblaggio umano, soprattutto dei giovani, impegnati ad organizzare manifestazioni di ogni genere, sportive e non, ad essere tra la gente, per la strada, davanti alle scuole per incontrare ragazzi, sapere di loro, invitarli a partecipare a quanto possa tenerli impegnati ( e controllati ) nel tempo libero. E’ noto che ogni individuo vuole sentirsi protagonista e quando non gli si offre la possibilità, cerca l’evidenza a tutti i costi, anche quella di bruciare vivo (!) un extracomunitario, come è successo a Roma. Chi scrive sui muri è quello che vuole esprimersi ma non trova chi lo guardi, l’ascolti, l’ammiri.
    Diceva Nietzsche: “Quando salgo le scale a volte salto qualche gradino e il gradino saltato, questo, non me lo perdona”.
    Essere ignorati è la cosa peggiore per ogni essere umano.
    L’ottima funzione svolta dalle associazioni parrocchiali trova limite alle persone che vogliono esserci. E gli altri?
    Questi animatori di quartiere diventerebbero allo stesso tempo, occhio e sportello delle istituzioni, potendo osservare da vicino i disagi e i bisogni della gente. Insomma, una piccola squadra che allo stesso tempo, diverte, assembla, vigila, segnala, per esempio, quel casolare fatiscente e pieno di pericoli dove trovarono gioco e morte dei bambini abbandonati a se stessi! In sintesi, gli animatori di quartiere in funzione di istituzioni che ascoltano la voce del cittadino e danno una reale ventata di novità ad una società che si trascina stancamente dopo aver perso ogni ideale e ogni sogno, perché
    ANCHE I SOGNI AIUTANO A VIVERE

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