Bisturi contro la Sanità. Intervista a Domenico Cito (CGIL Medici)

di Roberto Polidori

La pubblicazione del Rapporto Censis sulla Salute e sui Fondi Sanitari Integrativi ci fornisce l’occasione per incontrare Domenico Cito, Segretario Provinciale della CGIL Medici, convinto assertore dell’inutilità di ospedali pubblici concessi in convenzione al privato (San Raffaele).

Partirei da alcune considerazioni generali sulle spese sanitarie italiane e sulla probabile evoluzione a breve del servizio. Il Rapporto Censis pubblicato il 05/06/2012  recita testualmente:” i tagli alla sanità pubblica abbassano la qualità della protezione e generano iniquità”. Il Servizio Sanitario Nazionale è sempre più integrato (quando non sostituito) da quello privato ma restano fuori dai Fondi Integrativi 9 milioni di italiani ai quali non rimane che passare da liste d’attesa di lunghezza biblica per effettuare un esame diagnostico e che, quindi, esprimono un’opinione ex- ante molto negativa sul servizio pubblico. Come rispondi a chi dice che la spesa sanitaria italiana cresce troppo ed è quindi indispensabile affiancare servizi privati a quelli pubblici?

Se la popolazione italiana invecchia la spesa sanitaria deve aumentare, e non solo quella pubblica. Aumenteranno anche i premi assicurativi pagati dagli iscritti a Fondi Sanitari di categoria, soprattutto quando la massa di assicurati sarà maggiore: allora il sistema sanitario nazionale pubblico sarà più debole e le assicurazioni potranno “fare il prezzo” più agevolmente. Per curare meglio, poi, occorrono più tecnologia e spese: l’impegno economico di ogni paese che voglia curare i propri cittadini aumenterà, non solo in Italia.

Depurando i dati effettivi dalle “sensazioni degli utenti” ti dico che l’OCSE (Organizzazione Commercio e Sviluppo Internazionale) ha pubblicato nel 2011 uno studio gigantesco sui servizi sanitari dei 34 paesi aderenti, che sono poi anche quelli con le economie più sviluppate al Mondo. Facendo i paragoni tra i vari paesi, esce fuori che gli USA, il paese ove i Fondi Sanitari e le Assicurazioni private regnano sovrane [e dove Obama ha clamorosamente fallito la riforma della Sanità per i meno abbienti, ndr] la spesa sanitaria per abitante a parità di potere d’acquisto è pari a 4.500 $ contro i 2.000 $ per abitante in Italia. Gli Stati Uniti sono il paese dove si spende maggiormente per la sanità e dove ci sono 50 milioni di persone non coperte da polizze private che, semplicemente, non ricevono cure in caso di bisogno poiché non possono permettersi di pagare gli esosi premi delle Assicurazioni Sanitarie Private. Persino in Germania si spende di più la sanità, a differenza di ciò che ci racconta la vulgata comune. Cosa ne pensi?

Tutto esatto. Ti dirò di più. Nella valutazione della qualità dei servizi sanitari erogati, in nostro Servizio Sanitario è il terzo al mondo, sempre sulla base dei dati pubblicati dall’OCSE. Solo Canada e Francia fanno meglio di noi. Invece l’opinione delle persone – prima di essere curate – indica un peggioramento della fiducia nel nostro sistema: è vero che le attese per alcuni esami diagnostici aumentano enormemente, ma ciò succede perché c’è una palese attività di lobbing volta a spostare la prestazione da pubblico a privato. L’ospedale pubblico non ha nessun difensore: se ci pensi bene l’idea di introdurre a Taranto il San Raffale con i medici che già lavorano in ospedale risponde alla necessità di pubblicizzare lo stesso servizio con un nuovo marchio, il tutto a tutela (con soldi pubblici) di alcuni interessi privati. Mi rendo conto che dire “Ospedale San Raffaele” al posto di “Ospedale di Taranto” può fare più effetto, ma la differenza tra i due resta il sottobosco di interessi privati collegato all’operazione San Raffaele

E secondo te quando è iniziata questa attività di lobbing a favore del privato?

Posso dirti che il Servizio Sanitario Nazionale è stato istituito a fine anni ’70, ed già dai primi anni novanta esistono Commissioni create all’interno del Ministero della Sanità che studiano, a spese della collettività, la “sperimentazione gestionale”, cioè nuovi modi di gestione. Possiamo dire, quindi, che già qualche anno dopo l’istituzione di un servizio nazionale (con tutti i limiti che esso può avere) è stato profuso un notevole sforzo per modificarlo in senso privatistico da parte del Ministero che avrebbe dovuto assicurarne il radicamento e l’attuazione  sul territorio. Dati alla mano c’è, dunque, da parecchio tempo l’idea di depotenziare la sanità pubblica con una presunta riduzione dei costi tutta da dimostrare. La sanità è un servizio costoso proprio nei paesi in cui essa è sostanzialmente affidata al privato.
Lavoro a Taranto da 24 anni e, anche prima di lavorare a Taranto, da sempre sento parlare di “incompatibilità economica” tra programmi sanitari e reali attuazioni. Insomma: da sempre si è in cerca di un modello diverso da quello pubblico, ma tutti sanno che un modello basato su assicurazioni private non può fornire tutela a chi non ha un reddito normale e, ancora più, a chi è malato cronico, cioè a chi ne avrebbe più bisogno. Conosco persone coperte da polizze sanitarie private che hanno sofferto di distacco di retina da un occhio, evento coperto dall’assicurazione, e che non hanno ricevuto copertura assicurativa per il distacco della retina dall’altro occhio. Le assicurazioni private guadagltro occhio. e che non hanno ricevuto copertura assicurativa per il distacco della retina sull’ un occhio, coperto dall’te non nano basandosi su tabelle statistiche e non coprono rischi troppo elevati o, se vogliono coprirli, chiedono premi assicurativi stellari che solo le persone ricche possono permettersi. Se coprissero a prezzi modici rischi troppo alti e costosi fallirebbero: uno Stato ha una funzione sociale proprio quando garantisce ai propri cittadini l’erogazione di servizi collettivi. Se il servizio sanitario non è più collettivo non c’è Stato.

E invece noi preferiamo andare a braccia aperte verso un modello sanitario americano. Basterebbe vedere le prime immagini del film documentario Sicko girato da Michael Moore nel 2006 per capire cosa ci aspetta; mi resteranno sempre nella mente le immagini del falegname americano che perde 2 dita al lavoro e va al pronto soccorso con le dita mozzate per sottoporsi all’operazione di “ripristino”. Lì, pressato dal solerte infermiere che gli espone le coperture della sua polizza, il falegname deve decidere quale delle due dita “ripristinare”, in mancanza di copertura completa (perché troppo costosa) e di qualche decina di migliaia di dollari in contanti…..

Non so se andiamo verso il modello americano, ma andiamo verso qualcosa di diverso da ciò che c’è oggi perché non abbiamo imparato a riconoscere la bontà “sociale” del nostro modello. Molto spesso il comune cittadino non si rende conto che, senza il Servizio Sanitario Nazionale, semplicemente non potrebbe curarsi: forse questo studio del Censis – che fa un po’ di luce sulla reale possibilità della gente di “assicurarsi” privatamente – può aiutare ad aprire gli occhi. Sparare addosso alla sanità pubblica è un vizio tutto italiano.
Però, poi, quando c’è bisogno, la gente si affolla in Pronto Soccorso, anche perché il ridimensionamento di parecchi reparti a causa del Piano di Rientro Regionale non lascia alternative a chi ha bisogno. Anche questo è uno scandalo, perché una programmazione finalizzata – a mio modesto avviso – a destrutturare ad arte il Servizio Sanitario determina l’ingolfamento dei reparti ospedalieri più frequentati, rafforzando nel cittadino l’opinione di inadeguatezza del servizio. In pratica si è permesso che i “servizi di trincea” (il Pronto Soccorso in particolare) diventassero sempre più “da trincea”: così facendo risulta chiaro che il servizio, in mancanza di mezzi e aggiuntivi, non può reggere adeguatamente la forza d’urto di un’utenza in netto aumento a causa della crisi. Se ci si rivolge al Pronto Soccorso perché il “medico di base” ha concluso l’orario di ricevimento o perché non ci si può permettere la visita specialistica, il servizio ne risente. In merito posso dirti che i Codici Bianchi e Verdi non dovrebbero proprio entrare in Pronto soccorso, ma dovrebbero essere “filtrati” dai medici di base dopo attenta visita del paziente.

A me risulta che, per “razionalizzare” i notevoli costi sanitari, siano stati istituiti i manager ospedalieri…

Apri un filone di analisi potenzialmente esplosivo; fermo restando che, come sai, in alcuni casi si è instaurato un legame criminoso tra “managers” e aziende che producono e commercializzano materiale ospedaliero, possiamo annoverare alcuni casi in cui il “privato” ha fatto veramente bene l’interesse proprio con i rimborsi statali: l’Istituto privato Santa Rita a Milano, per esempio, operava le persone ultranovantenni….

Perché operare persone ultranovantenni?

Per soldi. In quel caso sono state utilizzate protesi scadute in inutili interventi ad alto costo rimborsati dallo Stato. E’ chiaro che un chirurgo opera un ultranovantenne solo perché deve consumare una protesi e l’intervento è “giustificabile” ed accettabile perché l’Ospedale privato in cui il paziente è stato operato ha un nome, mentre magari il medico di famiglia o lo pneumologo dell’ospedale pubblico non hanno alcuna pubblicità anche se sono in grado di escludere complicazioni polmonari – e, quindi, costosi accertamenti diagnostici – con la semplice visita medica.
Secondo te perché una ditta privata specializzata in forniture cardio-circolatorie preferisce pubblicizzare le operazioni di “angioplastica” piuttosto che semplici by-pass cardiaci? Perché le angioplastiche costano migliaia di euro mentre il by-pass poche centinaia di euro. Non sto dicendo che le angio-plastiche siano inutili, perché tutti i medici sanno che sono utilissime: sto dicendo che sono più pubblicizzate perché più costose; sarebbe utile indagare sui risultati operativi dei reparti cardio-vascolari ed ortopedici per capire se il numero di “successi” sia strettamente legato ai costi delle operazioni.
L’indirizzo “operativo” degli ospedali è influenzato in modo decisivo dai fornitori di dispositivi sanitari, che sono privati pagati dal pubblico.
Sono vari i filoni di indagine in cui si è ipotizzato che persino la scelta dei  primari, ad esempio, potrebbe essere avvenuta in alcuni casi perché si approvvigionano da determinate ditte per garantirne i profitti. Certo c’è bisogno di prove inoppugnabili per fare nomi.

C’è una proposto di legge inoltrata dal Ministro della Sanità  Balduzzi: lui vorrebbe fissare una sorta di ticket minimo che tutti i cittadini dovrebbero pagare in franchigia, per poi ottenere i rimborsi dallo Stato. Sarebbe determinata sulla base del reddito lordo (si parla del tre per mille). Ricordo che oggi esiste il ticket che sale progressivamente all’aumentare del reddito dichiarato, ed è praticamente pari a 0 per le classi di reddito basse. Io ho una polizza sanitaria privata e, sulla base dei miei calcoli, se già con il sistema attuale può essere conveniente fare gli esami di routine privatamente, con questa riforma sarebbe sicuramente conveniente per me rivolgermi al privato. Cosa ne pensi?

Questa proposta è stata molto criticata dalla CGIL, in particolare dal Segretario Confederale Vera Lamonica; in primis non rispetta il dettato costituzionale che impone la progressività delle imposte [le tasse devono crescere in modo più che proporzionale al crescere del reddito, ndr]; in secundis si tratta di uno smaccato incentivo governativo allo spostamento di utenza pubblica verso il privato. C’è da considerare che, quando la domanda di polizze private salirà adeguatamente, la polizza privata diventerà praticamente obbligatoria e le assicurazioni decideranno il prezzo delle prestazioni (i premi assicurativi) come succede in altri settori.

Cosa vuoi dirmi sulla situazione pugliese?

Il deficit finanziario pugliese non è stato generato dalle eccessive spese sanitarie ma, poiché le spese sanitarie di una regione costituiscono l’80% degli impegni della Puglia, quando si deve tagliare si decide di tagliare dove c’è maggiore spesa: anche questo meccanismo contribuisce indirettamente ad uno spostamento dal pubblico al privato. Noi abbiamo alzato le aliquote regionali ed aumentato i ticket per colpe non imputabili al settore sanitario.
La prima tappa del processo di “razionalizzazione” delle spese si è tradotta in una punizione severa per la nostra Provincia. Lo standard nazionale di posti letto per abitanti in Italia è fissato in 3,5 posti letto su 1000 abitanti. A Taranto partivamo già da un rapporto inferiore e un posto letto per mille era “accreditato” presso strutture convenzionate, che hanno la possibilità di scegliere i pazienti su cui è possibile guadagnare di più. A Taranto siamo scesi al 2,7 posti letto per mille abitanti; solo la B.A.T. sta peggio; Foggia si attesta al 4,1 per mille, Bari al 3,9 e Foggia e Brindisi al 3,6. La “razionalizzazione” ha canalizzato i potenziali degenti verso gli ospedali delle Provincie più forti. Il settore occidentale della Provincia è stato falcidiato: Mottola e Massafra sono stati chiusi, mentre Castellaneta è stato quasi azzerato. Nel frattempo Matera ed il Miulli di Acquaviva delle Fonti sono stati rinforzati. Da Massafra a Castellaneta il rapporto numero posti letto/abitanti scende allo 0,7 per mille: è un dato da stato africano!
Si è preferito azzerare la sanità pubblica tagliando sui contratti precari non rinnovati, e si sono creati ambulatori per i dipendenti che non hanno voluto spostarsi. Ma il servizio sanitario, per essere fruibile e credibile, necessita di strumentazione all’avanguardia e di tecnologie: se elimini, per esempio, risonanze e TAC, la gente va altrove a farsi curare e le strutture restano vuote e prive di competenze specifiche.

Ma così facendo non si rischia di innescare un processo di involuzione professionale sul territorio?

Ormai si è innescato un processo drammatico di precarizzazione in ambito sanitario. Ci sono casi di contratti precari a 20 giorni: quale medico con doppia specializzazione viene a lavorare a Taranto, a meno che non sia del posto e non abbia voglia di spostarsi?

Chi ha deciso in merito?

La Regione ovviamente; il Direttore Generale [attualmente il Dott. Scattaglia in Provincia di Taranto, ndr] è una sorta di viceré in Sanità perché risponde solo alla conferenza dei Sindaci, che non si riunisce mai, e al Presidente di Regione.
Quando Vendola, accompagnato dalla Bindi, venne a farci visita al S.S. Annunziata, lo accogliemmo in 4 e gli fornimmo una programmazione ospedaliera basata sullo sfruttamento delle risorse locali; c’erano 50 primariati da rinnovare e l’idea nostra era la seguente: “cerchiamo primari fantastici da fuori o valorizziamo i medici locali bravi scegliendoli su criteri meritocratici non basati sull’anzianità”. Diciamo che hanno prevalso altre logiche e diciamo pure che nessuno dei nostri criteri programmatici di scelta è stato considerato; e noi siamo della CGIL, cioè il Sindacato dei Lavoratori nei confronti del quale Vendola ha affermato di avere molta stima.

C’è anche una seconda puntata del processo di razionalizzazione…

Si, certo. Intanto già la prima mazzata è stata scientificamente studiata; devi sapere che esistono reparti ospedalieri in cui il personale medico deve essere particolarmente numeroso (e quindi costoso). Secondo l’ottica perversa dominante, se si vuole risparmiare sulle spese basta chiudere i reparti di ostetricia, perché automaticamente cessi l’indispensabilità di neonatologia e pediatria, per esempio. Oggi se sei di Manduria e sei incinta devi andare a partorire in Provincia di Brindisi, a Francavilla Fontana.
I numeri del secondo processo di razionalizzazione sono “fluidi”, nel senso che molto spesso partecipiamo a riunioni informative in cui veniamo messi al corrente di certi numeri ed il giorno dopo leggiamo sul giornale altri numeri.

Scusami, ma dov’è il confronto con i sindacati, almeno in Puglia e con Vendola? Ho sentito con le mie orecchie il Presidente Vendola parlare in CGIL del lavoro come della “chiave di volta” della traballante costruzione che chiamiamo “società”….

Puoi scrivere che le logiche che hanno guidato il governo della Sanità pugliese, pur con Vendola Presidente della Regione , hanno faticato molto a discostarsi, nonostante gli sforzi del Governatore [sorriso sardonico del Dott. Cito], dalle logiche preesistenti perché le lobbies sono inossidabili agli attacchi che vorrebbero cambiare gli equilibri.
Comunque nella seconda fase del programma di razionalizzazione la Regione perde altri 800 posti letto e Taranto ne guadagna 2 “nominali”. Dico che sono nominali  perché si tratta di potenziali posti relativi a reparti da aprire in un futuro non troppo prossimo; faccio un paio di esempi: se nei posti letto sono inclusi i 10 posti letto relativi al reparto di chirurgia toracica, la cui apertura compare puntualmente in tutti i programmi che ho letto negli ultimi 24 anni, capisci bene che si tratta di 10 posti- fantasma. Stessa cosa per gastro-enterologia. In tutto ci sono circa 50 posti letto circa relativi a reparti da attivare. Abbiamo tagliato qualcosa come 10 milioni in stipendi e siamo stata l’unica Provincia ad attenerci al programma ed a tagliare tutto ciò che ci è stato chiesto di tagliare. In questo caso, essere sindacalista della CGIL è controproducente perché, quando faccio presente questo dato alla controparte, mi si risponde che la CGIL “deve essere nella legalità”.

Ed i 60 milioni di Euro del San Raffaele?

Che io sappia sono ancora lì disponibili per la sanità della nostra Provincia. Avrebbero dovuto essere 120, ed anche qui non siamo stati trattati bene. Con questi soldi si potrebbe ad esempio costruire una torre gemella accanto alla struttura esistente dell’Ospedale Nord [location considerata ottima da tutte le forze politiche ed i tecnici territoriali, ndr], senza dare niente in gestione al privato e senza scambi strani tra cubature e permessi, dato che quei terreni sono già della ASL. E’ una soluzione ovvia, proposta già 20 anni fa. Il Moscati è talmente vuoto che già oggi c’è un intero piano in cui i dottori potranno fare le visite “intra-moenia”.

Cos’è l’intra-moenia?

Sostanzialmente sono visite private di pazienti in lista d’attesa in convenzione sfruttando i locali pubblici, cioè i locali dell’Ospedale. Permette di aumentare il reddito dei medici (e degli infermieri e tecnici specializzati coinvolti) smaltendo le lunghe liste d’attesa.
In questo modo il paziente che può permettersi la visita  privata rimane in ospedale, non ingolfa la lista d’attesa, e in ospedale rimane anche il medico.

Ma non pensi che, dopo aver parlato così tanto di incentivi alle privatizzazioni, l’intra-moenia non costituisca un altro incentivo del genere?

Gli stipendi dei medici ospedalieri, confrontati con una tariffazione privatistica a prestazione, non sono pienamente soddisfacenti. Mi rendo conto che i lettori potrebbero pensare:” i medici guadagnano parecchio”; posso dirti che, in termini assoluti, è certamente vero ma guadagnerebbero di più se potessero professare fuori dalla struttura pubblica.
Un esempio: se io fossi un cardio-chirurgo in casa di cura, con una sola operazione di by-pass guadagnerei più di quello che guadagnerei in un mese operando in ospedale, guardie incluse. Un medico della mia anzianità guadagna, a seconda dei reparti, da 3 a 4.000 euro mensili guardie e reperibilità incluse.
Ad esempio un bravo endocrinologo che lavori in ospedale si accorge che un collega anche meno bravo può guadagnare in studio privato in una sera quanto lui guadagna in un mese, trattando spesso pazienti meno complessi. Con l’intra-moenia il professionista valido è stimolato a rimanere in ospedale, è obbligato a fatturare (perché la visita viene prenotata dalla struttura amministrativa e il cliente paga la struttura, non il medico, al quale verrà retrocessa parte del costo della visita), il cliente rimane in ospedale e parte della parcella va all’ASL.

Vuoi aggiungere qualcosa a chiusura dell’intervista?

Si. Il presupposto di ogni trattativa attuale è che “non ci sono i soldi”; questa pre-condizione taglia le gambe a qualsiasi possibilità di scambio di idee e di programmazione. Quando parlo di programmazione mi riferisco all’avviamento alla professione di lavoratori che meriterebbero di sviluppare le loro potenzialità  e  che potrebbero far crescere ulteriormente il servizio sanitario. In merito alle assunzioni, ti dico che oggi rimpiango i vecchi Comitati di Gestione, certamente il simbolo di un potere paternalistico e consociativo, ma organizzavano i concorsi ed assumevano le persone anche del luogo. L’impressione oggi è che le leve decisionali siano altrove, centralizzate nel capoluogo di regione tanto che raccolgo a volte lamentele del tenore  “se non sei di Bari è molto difficile essere assunti” o similari; posso aggiungere che le proposte sanitarie programmatiche più logiche ed economiche purtroppo non sono quelle normalmente vagliate ed accettate. Vorrei comunque rassicurare gli utenti che, nonostante le difficoltà nelle quali si dibattono, gli operatori, almeno per la grande maggioranza, restano ancora ammirevolmente e forse sorprendentemente ancora posizionati su profili etici e professionali veramente elevati.

2 Comments

  1. Anonimo Giugno 13, 2012 4:54 pm 

    Un solo commento da un utente che spende di tasca propria e fa spendere alla comunità pugliese un sacco di soldi poichè intraprendo periodicamente i viaggi della speranza…..bravo Mario, pochi correttivi ma razionali e senza attendere il 2030.

  2. Anonimo Giugno 13, 2012 4:55 pm 

    L’anonimo è Vincenzo Avitabile da Taranto.

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