Gli eventi che si stanno susseguendo in questi giorni nel campo profughi di Manduria sembrano proporre un tragi-comico gioco delle parti: i migranti che fuggono, poi vengono riacciuffati, poi fuggono di nuovo e così all’infinito. Ma non si tratta di un gioco di bambini: da una parte ci sono uomini che hanno attraversato un braccio di mare in condizioni di estrema precarietà; dall’altra c’è uno Stato che mostra un atteggiamento autistico: si limita ad ammassare centinaia di persone prima in un punto poi nell’altro della penisola senza badare alle conseguenze, senza porsi nessun altro problema. Di quello che sta succedendo a Manduria ne abbiamo parlato con Enzo Pilò, da ani attivo nell’ambito dell’accoglienza ai migranti con l’associazione Babele (fino a pochi mesi fa quest’ultima gestiva il centro per richiedenti asilo e rifugiati di Grottaglie) e oggi animatore del movimento di solidarietà agli “ospiti” del campo.
Qual’è lo status giuridico del campo di Manduria e quale quello delle persone che vi sono state concentrate?
Per quel campo è stata inventata una definizione che non esiste nella normativa: “Centro di accoglienza e identificazione”. Si tratta di un ibrido perché, da una parte, bisognava pagare il ticket alla Lega, che in nessun modo voleva che gli immigrati venissero distribuiti nel territorio e, dall’altra, non si poteva neanche considerare quelle persone come clandestini, dal momento che provengono da una situazione politica altamente instabile. Quest’ultimo particolare consentirebbe quindi di definire gli “ospiti” come rifugiati politici a tutti gli effetti; e infatti ci risulta che una parte di loro abbia già fatto domanda di asilo politico: 250 persone hanno al momento la ricevuta della richiesta, che gli consente di ottenere un permesso di soggiorno provvisorio di tre mesi. Ci sono anche altre forme di protezione cui i migranti potrebbero accedere: il visto umanitario temporaneo e il ricongiungimento familiare (molti di loro hanno parenti in Italia e in Francia). Noi stiamo cercando di convincerli a non andare via prima di aver inoltrato una di queste richieste, perché altrimenti rischiano di essere arrestati come clandestini e rimpatriati in maniera quasi automatica.
Esiste una assistenza legale agli immigrati? E quali problemi presenta il campo?
Le richieste d’asilo le sta raccogliendo la Prefettura e le notizie che noi riusciamo ad avere ci derivano da fonti indirette perché, come è noto, nel campo non si può entrare. Fra l’altro ci sono anche problemi organizzativi che riguardano soprattutto il secondo campo: gli operatori addetti alla raccolta delle richieste, per esempio, sono soltanto quattro, naturalmente troppo pochi per fronteggiare tutte le domande. Per cui capita che quando gli immigrati vanno per avviare la pratica gli venga risposto di tornare l’indomani. E questo non può che esasperare gli animi.
A cosa sono dovute le fughe dell’altro giorno e come mai non sono state bloccate?
In realtà le forze di polizia non hanno nessuna autorità per reprimere le fughe: questa non gli è riconosciuta proprio per il fatto che il campo non è un CIE. E’ vero che l’altro giorno molti sono stati ripresi e riportati al campo, ma solo perché si erano affollati nelle stazioni e quella è stata comunque una soluzione d’emergenza. Ma se facciamo due conti vediamo che la maggior parte degli arrivati ce l’ha fatta a scappare. Dall’inizio della scorsa settimana a tutt’oggi a Taranto sono state sbarcate 2.500 persone; ieri invece sono stati distribuiti 700 pasti. Pare ormai evidente che la strategia del governo sia stata quella di lasciare che i migranti si “smistassero” da soli, disperdendosi nel territorio; forse c’era proprio la speranza che la maggior parte proseguisse il viaggio verso la Francia – come inizialmente avevano intenzione di fare –, ma poi il blocco a Ventimiglia ha complicato queste aspettative.
Dal momento che stanno inoltrando richieste d’asilo politico, gli attuali “ospiti” del campo potrebbero essere distribuiti nelle strutture della rete SPRAR (sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati)?
No, la soluzione della rete SPRAR è del tutto impraticabile perché quei centri sono saturi. Quello dell’accoglienza di queste persone dopo che avranno regolarizzato la loro posizione legale è proprio l’ultimissimo dei problemi che il governo si sta ponendo.
A Coltano sono riusciti a scongiurare la soluzione del campo; in compenso gli immigrati dovrebbero essere accolti in dieci differenti strutture. Perché non si è studiata una situazione analoga anche per Manduria?
Sinceramente, a parte che in Basilicata, al momento non ci sono stati altri trasferimenti di immigrati sul territorio nazionale. Quanto a Manduria è stato il governo che ha “giocato sporco” sia con la Regione che col sindaco. Mentre si conducevano trattative con la prima in realtà già ci si preparava ad allestire il campo; al sindaco invece era stato detto che le persone da accogliere sarebbero state soltanto 500.
L’Italia era davvero impreparata ad accogliere tutte quelle persone?
L’impreparazione è stata reale e totale. Se il governo si fosse aspettato questo flusso avrebbe incaricato le prefetture di convocare tavoli territoriali con le associazioni del settore per studiare soluzioni adeguate. C’è da dire però che l’impronta della Lega nella gestione della situazione è stata molto forte: per giorni si è lasciato che Lampedusa si riempisse di profughi perché non si voleva che questi risalissero il continente. Siamo in vista delle amministrative e i leghisti proprio non si possono permettere di acconsentire a politiche di accoglienza.