di Filippo Bovo
Tutto inizia lunedì 28 marzo, pochi minuti prima delle nove di sera: con una laconica velina ANSA, il governo annuncia d’aver individuato nell’ex Centro Radar di Coltano (ex distaccamento della base americana di Camp Darby nella vicina Tombolo, fra Pisa e Livorno) il sito ideale dove ospitare una tendopoli di profughi libici. Lo stesso sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, che è stato a Roma per tutto il giorno, viene a conoscenza della decisione leggendo l’articolo su internet, su indicazione di un cronista di “Repubblica” che lo chiama al telefono proprio per conoscere le sue prime reazioni. Filippeschi parla subito di una “scelta d’imperio”, accusando il fatto che il governo abbia preso una decisione così importante per la sua comunità senza né interpellarlo né preavvisarlo, scavalcando e conseguentemente umiliando tutti gli enti locali e territoriali, Comune e Regione per prime.
Il giorno dopo tutta la comunità è in subbuglio. I più vengono a conoscenza della notizia nella prima mattinata, accendendo la televisione. Per quella sera, alle nove, viene indetta un’assemblea pubblica presso il Circolo ARCI con la partecipazione del sindaco e degli assessori competenti. E’ un salto di qualità nel processo di mobilitazione popolare: dall’analisi dei fatti diventa subito chiaro come la reale intenzione del governo non sia quella di stabilire una sistemazione provvisoria per dei profughi ma una struttura permanente nella quale rinchiudere gli immigrati, ovvero un CIE (il Centro di Identificazione ed Espulsione). Appena conclusa l’assemblea, verso mezzanotte, scatta subito il presidio davanti al Centro Radar. Ufficialmente avrebbe dovuto cominciare l’indomani, a partire dalle cinque del pomeriggio, ma in realtà il primo nucleo si forma sedici ore prima, con un gruppo di coltanesi che trascorre la notte davanti alla cancellata principale della base.
Mercoledì, già di prima mattinata, arrivano le prime troupes televisive (prevalentemente locali) a filmare l’esterno della struttura e intervistare i presidianti. La giornata viene trascorsa in attesa delle cinque, allorchè il presidio riceve il suo battesimo ufficiale con la visita del presidente della circoscrizione, del sindaco e del presidente della provincia, Andrea Pieroni. Ma intervengono anche altre autorità e, soprattutto, arrivano le prime troupes televisive di livello nazionale: Sky e RAI. Il TG3 sarà sempre presente, offrendo un resoconto equilibrato ed attendibile della protesta in corso a Coltano; ben diverso è il caso de “La vita in diretta”, il programma di Lamberto Sposini in onda su Rai Uno durante il pomeriggio, che attraverso la manipolazione delle interviste farà di tutto per presentare la comunità coltanese come un gruppo di razzisti “brutti, sporchi e cattivi” di monicelliana memoria.
In ogni modo l’appuntamento è un successo: vi convengono più di 300 persone, circondate dai trattori che nel frattempo sono giunti da tutto il paese come rinforzo per i manifestanti. Restano molte persone anche nelle ore seguenti, a trascorrere la sera e quindi la notte dinanzi ad un indispensabile falò (malgrado la sopraggiunta primavera, a quell’ora il freddo, l’umidità e la nebbia si tagliano col coltello). Ulteriori collegamenti con la televisione avvengono anche dopo cena, persino all’una di notte.
Giovedì mattina inizia come il giorno precedente, ma nell’aria s’avverte già qualcosa di diverso. Filippeschi, che durante tutta la vertenza è sempre presente e viene continuamente a visitare i manifestanti, ritorna accompagnato dagli altri sindaci del territorio e dal presidente del parco naturale di Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli (di cui anche Coltano fa parte).
Nel frattempo polizia e carabinieri, fino a quel momento in piccolo numero, aumentano di ora in ora. Bloccano la strada che collega la base alla Via Emilia, piazzandovi diverse camionette, e sorvegliano l’accesso anche all’unico altro collegamento rimasto, quello con Coltano. Si respira aria di blitz: il timore è che, sebbene Maroni abbia proclamato una moratoria di 24 ore, gli agenti possano intervenire nel momento in cui il numero dei manifestanti è il più basso per farli evacuare con le buone o con le cattive e riacquistare così il controllo della base. Gli occhi sugli agenti (ma anche verso il cielo, dove da un momento all’altro ci si aspetta di veder comparire un elicottero) sono sempre più impazienti e nervosi. Fortunatamente il blitz non ci sarà e le camionette della polizia e dei carabinieri se ne andranno alla spicciolata.
Ci sarà invece il corteo di trattori che, partendo da Coltano, si dirige alla volta di Pisa, percorrendo i Lungarni, attraversando Ponte di Mezzo e concentrandosi infine in Loggia dei Banchi, la piazza davanti al Comune. Le loro immagini compaiono sui telegiornali: ciascuno porta uno striscione. Memorabili quelli con scritto “Si all’accoglienza, no al lager” e “Coltano: si a Marconi, no a Maroni”. A Coltano si trova infatti la Villa di Guglielmo Marconi da cui l’inventore della radio faceva, agli inizi del secolo, i suoi noti esperimenti: negli Anni ’30 essa ospitò la più grande stazione radiofonica d’Europa.
Il presidio prosegue con successo anche in serata e durante la notte, ricevendo fra l’altro pure la visita di una rete televisiva olandese. Nel frattempo cominciano a circolare su internet le prime foto scattate dentro l’ex Centro Radar (il più importante in Europa durante la Guerra Fredda, poiché copriva l’intero Mediterraneo): definirle agghiaccianti è poco. Un’immensa sala ospita delle gabbie come quelle delle stazioni di polizia americane; vi sono una doccia in materiale plastico giallo, di quelle contro le radiazioni; una porta, che non può essere aperta avendo la serratura bloccata, con un divieto d’accesso e l’avviso che conduce ad una zona ad alta radioattività; all’esterno si trovano numerose cisterne contenenti oli esausti e rifiuti tossici; un capannone presenta il tetto squarciato ed annerito da una misteriosa esplosione. Ovunque si sente il “bip” inquietante e misterioso di un rilevatore di movimento, una specie d’allarme ancora collegato via cavo con la base di Camp Darby. Anche fuori, con gli impianti alogeni per l’illuminazione a giorno anche in piena notte, la doppia recinzione con filo spinato e laminato e la fossa, la base appare decisamente sinistra. Come può, un sito del genere, ospitare delle persone?
Venerdì mattina le televisioni sono di nuovo presenti per riprendere la soddisfazione degli abitanti di Coltano: sembra proprio che l’ipotesi di un CIE a Coltano sia stata “smantellata”, per usare l’aggettivo scelto per l’occasione dal Presidente della Regione, Enrico Rossi. Forse, negli ambienti governativi, ha pesato anche il timore di uno scandalo legato alla diffusione della notizia su cosa si trovi dentro la base. La Regione ha proposto dieci siti alternativi in cui gli immigrati potranno essere ospitati decentemente, rispettando la loro dignità ed evitando situazioni di scarsa igiene e di promiscuità. E’ anche grazie alla lotta della comunità coltanese se il “modello toscano” alla fine riesce a trionfare.
Nel pomeriggio s’aspetta la notizia ufficiale davanti alle troupes televisive. E’ il momento in cui vengono, una volta per tutte, regolati i conti con “La vita in diretta”. Sposini chiosa come al solito dicendo che la gioia dei coltanesi corrisponde al pianto di qualcun altro. Ma non è questa la realtà: a Coltano non s’è combattuto per “rifilare” il lager a qualcun altro, ma per combatterne e rifiutarne il concetto ovunque esso venga applicato. Non a caso il risultato di questa lotta è l’applicazione del modello della “ospitalità diffusa”, il “modello toscano”, e non lo spostamento del CIE in un’altra località. “Dovete finirla di comportarvi in questo modo, se dovete trattarci così allora è meglio che da noi non ci veniate più, le interviste non ve le rilasceremo più”, è il commento che i coltanesi cominciano a rivolgere a Sposini e alla sua inviata. La quale, subito dopo, s’allontana a bordo della sua auto col minor clamore possibile.
Ma ormai il clima è di festa. Superato un breve equivoco con l’inviata del TG3 (che giustamente non voleva sentirsi mettere sullo stesso piano di Sposini) dilagano la gioia e la serenità. Ora il presidio continuerà ancora per qualche giorno, giusto per celebrare la vittoria.