di Cosimo Spada
Stamattina ero dal barbiere e pensavo al nuovo articolo che avrei scritto per questa rubrica, in parte era già scritto. Poi la radio del barbiere ha dato la notizia di Brindisi.
Non ce l’ho fatta a finire quell’articolo, uscirà la settimana prossima, volevo quindi scrivere poche righe su quello che è successo, su quello che sta succedendo adesso, a Brindisi, ma che ci toccano tutti, ovunque siete e ovunque leggerete questo articolo. Troppe parole sono superflue, ma alcune servono per prendere coscienza di ciò che sta succedendo proprio mentre scrivo.
Chiunque abbia commesso questo atto è un assassino, in queste ore si parla di attentato mafioso, ma non può bastare solo la condanna o la speranza che le indagini della magistratura portino alla cattura dei responsabili. Occorre che tutti ci rendiamo conto che parte di questo peso lo dobbiamo portare noi, ce ne dobbiamo fare carico. Con l’unico strumento che abbiamo a disposizione, le nostre coscienze.
Essere coscienti che chi ha messo quella bomba voleva che noi non fossimo coscienti, essere coscienti che simili atti si combattono sopratutto non abbassando la testa, essere coscienti che non ci servono eroi ma cittadini consapevoli che mafia, terrorismo o qualsiasi altra avversità che questo paese vive o dovrà vivere li si affronta solo con la consapevolezza che è anche un Nostro problema.
Gli U2 scrissero un album War nel 1983, molto influenzato dai problemi politici della loro Irlanda in quel periodo. A chiudere quell’album c’era “40” una canzone che ripeteva nel ritornello: “quanto a lungo dovrò cantare questa canzone?”. La risposta a questa domanda non soffierà nel vento, ma la potremo dare solo noi.