di Massimiliano Martucci
Si possono cercare numerose formule o teorie per raccontare in maniera approfondita la crisi del sistema politico italiano: si possono pronunciare nomi, date, citare fotografie, raduni, congressi, sondaggi, dati, trasmissioni, aneddoti, personaggi, per narrare come la politica, o la sua rappresentazione attraverso i partiti, stia vivendo una crisi profonda, sia per la fiducia, sia per l’autorevolezza. I rappresentanti dei partiti, siano essi membri di amministrazioni o candidati, hanno quasi ormai del tutto perso la capacità di rappresentare alcunché, incarnare una possibilità o un’idea di futuro. Questo ovviamente non accade in uguale maniera per tutti, ma sicuramente succede a diversi livelli, da quello nazionale a quello strettamente locale. Perdendo l’autorevolezza, ovvero la capacità di rappresentare un punto di riferimento, si è rotto anche quell’alone sacrale che in qualche maniera, almeno da noi qui al sud, circondava il politico di turno. La persona politica non è più sacra, ovvero divisa dal resto del popolo, perché inchieste, reportage, gossip vario, hanno agito così profondamente nell’immaginario da modificarlo definitivamente. Il mondo della politica è ormai percepito come una sorta di reality in cui i candidati e i rappresentanti non sono altro che le starlette del momento. Ovviamente questo è gravissimo dal punto di vista democratico perché il nostro sistema, per quanto imperfetto e frequentato da farabutti, comunque ci ha sempre consentito un minimo di scelta, di possibilità di incidere. Prova ne è la vittoria di Vendola in Puglia otto anni fa.
A dimostrazione di quanto scritto sopra è il fatto che i “santini” sono ormai utilizzati alla stregua delle figurine dei calciatori: tantissimi cittadini fanno la cosiddetta raccolta, se li scambiano, li commentano e, con ciò, commentano e giudicano i candidati. Questo, se non incide direttamente nella scelta di voto (un capitolo a parte è la capacità della comunicazione politica di spostare voti), dimostra la posizione delle elezioni nel panorama sociale dei cittadini. Le elezioni sono un gioco tra pochi, il cui risultato può essere o può non essere scontato, ma comunque non ci riguardano. L’unica capacità di interazione è lo scambio dei talloncini, facendo a gara a chi ne ha di più. La raccolta manifesta il ruolo dei cittadini nei confronti del sistema partitico: essi sono semplici soggetti passivi, che non possono far altro che raccogliere il materiale prodotto e collezionarlo. Non avendo più la possibilità reale di partecipare, sia per la struttura dei partiti moderni, infeudati dai baroni locali, sia per la voglia di esserci, che è cresciuta proporzionalmente con la sfiducia nei partiti, tanti cittadini esprimono l’impossibilità di partecipare raccogliendo talloncini, con la stessa passione di quando lo si faceva da bambini. Una dinamica che si riproduce uguale a se stessa in tutti i paesi e per tutte le competizioni elettorali, una dinamica che, oltre il lato puramente ludico della raccolta e dello scambio, rivela il profondo distacco dal livello politico. Se prima i politici sembravano lontani, ma in qualche maniera erano ammantati da un’aura di particolare autorevolezza e autorità, con i dovuti distinguo, ora il velo sacro è squarciato e i candidati non sono altro che uno dei tanti oggetti su cui i comportamenti popolari sfogano le proprie frustrazioni.