di Cosimo Spada
Il mondo della musica è molto simile ad un negozio di abbigliamento per uomo. Hai bisogno di un cappotto, ma la tua condizione di maschio ti ha reso incapace di avere dei gusti chiari in fatto di abbigliamento: invidio le donne. Beh, tu vai nel negozio e, ad un commesso sottopagato e perennemente mestruato, chiedi un cappotto. Ma è qui che nasce il problem:, la fai facile a chiedere un cappotto. “Vuole un trench o vuole un montgomery?”, ti chiede il sottopagato mestruato, ma tu vuoi solo un cappotto, e non capisci le differenze sostanziali e le sfumature tra i diversi tipi di cappotto. Sei come un piccolo Calearo: vuoi solo mangiare, mica ti interessa in quale partito puoi farlo.
Ecco, ritornando al mondo della musica magari voi volete sentire della musica elettronica, ma io in qualità di sottopagato mestruato vi devo chiedere che tipo di musica elettronica volete sentire. Non lo sapete? Faccio io? Ok, io vi consiglio la Chill wave.
Il termine più adatto per descrivere questo genere (che sembra nato sul finire degli anni 00 e morto poco dopo) è sicuramente “hypnagogic pop”. Ipnagogico è lo stato di transizione dalla veglia al sonno e viceversa.
Proprio come in questo stato dove tutto perde una forma e tutto si mescola, nella chill wave (io preferisco usare questo termine perché a dire hypnagogic mi fa male la lingua) i suoni sono più che dilatati, sembrano fuori fuoco, addirittura un ricordo del passato. Come il rap campiona musica del passato su cui costruire nuova musica, così fa la chill wave. Ma è l’effetto a cambiare. Facciamo un esempio concreto con un album tra i miei preferiti del genere: Couses of This di Toro y Moi del 2010.
Un pezzo rappresentativo è Lissoms: su un beat molto semplice si alternano campionamenti difficili da riconoscere, che vengono continuamente mandati a velocità diverse, riavvolti, dilatati o rallentati: sono schegge sonore che si ripropongono in maniera confusa, come quando state sognando qualcosa, vi sembra famigliare, ma sfugge sempre qualcosa. In Blessa Toro Y Moi (al secolo Chaz Bundwick) canta: tornare a casa in estate/vivere una vita che ti manca/mi sento bene; a queste parole aggiungete un leggero effetto eco sulla voce e potremmo definire questo pezzo “evocativo”. Il critico musicale Simon Reynolds, nel suo ultimo saggio Retromania (ISBN EDIZIONI), sul rapporto tra musica e cultura moderna e passata, parlando della chill wave aggiunge un aspetto importante: la nostalgia. Secondo Reynolds la chill wave nasce da un profondo senso di nostalgia per un epoca (sopratutto gli anni ‘80) ormai passata, ma dalla quale non ci si vuole staccare, forse perché tutto va troppo veloce. Così, per quanto mi riguarda, pezzi come Imprint after, la mia preferita dell’album, o You hid, sono fortemente imbevute di nostalgia degli anni 80, riprendendo il suono di quegli anni e dilatandolo come un ricordo sfocato. Nel 2011 Toro y Moi ha fatto uscire un nuovo album: Underneath the pine. Se Couses of this è un album da dormiveglia, Underneath the pine è l’album del risveglio: suoni decisamente meno dilatati, l’elettronica che lascia spazio agli strumenti, e in generale, un senso di maggior chiarezza in tutto l’album. Come quando vi risvegliate da un sonno profondo e vi diventa subito chiaro tutto: “Oh no l’IMU!!.
Ma adesso tornando a parlare di cose serie, secondo voi sto’ meglio con il trech o con montgomery?
Mentre scrivevo questo pezzo ascoltavo:
Killing time album, dei Terry Malts 2012
Chi mi cercherà, di Enrico Simonetti e Goblin, dall’album Gamma, 1975
Klangstudie II per nastro magnetico, di Herbert Eimert, 1952
People in her mind, di Poor Moon, dall’album Illusion, 2012