di Vincenzo Vestita
Quelle che si stanno scatenando in queste ultime ore sui social Network, in particolare su Facebook, possono essere definite, in una iperbole neanche tanto lontana dalla realtà, le avvisaglie della prima guerra civile telematica ionica. Gli eventi, proprio come un vero conflitto, stanno percorrendo una veloce escalation i cui esiti possibili sono molteplici e quanto mai imprevedibili. Che i social network siano diventati l’agorà principale delle discussioni di ogni tipo e sorta è un dato incontrovertibile. Gli iscritti a Facebook, il Social Network più utilizzato sul globo terracqueo, in Italia sono 21 milioni, oltre 1/3 della intera popolazione nazionale, tenuto conto anche di neonati, bambini in età prescolare e ultra ottantenni (dati ufficiali aggiornati a dicembre 2011). La semplicità con cui è possibile creare gruppi, e, ultimamente, invitare in maniera coatta all’interno degli stessi i propri contatti, ha contribuito a far nascere degli improbabili coacervi in cui gli animi ci mettono tanto meno a surriscaldarsi quanto più è spinoso l’argomento trattato.
E a Taranto, in questo periodo, l’argomento principale è un rovo. Le prossime elezioni amministrative per decidere chi sarà il sindaco della città si intrecciano inestricabilmente con i diversi punti di vista riguardanti il rapporto tra territorio e grande industria, Ilva in particolare, dopo che le perizie commissionate dalla Procura della Repubblica sono state depositate e le loro risultanze, in tutta la loro gravità, sono state rese pubbliche. Il fatto più rilevante degli ultimi giorni è la candidatura di Angelo Bonelli, figura importante (e importata) dell’ambientalismo nazionale, a sindaco della città dei due mari, sostenuta da un cartello formato da una parte consistente del movimento ambientalista tarantino e con un programma che mira alla “chiusura programmata dei distretti industriali altamente inquinanti” e alla “creazione di economia alternativa legata alle risorse naturali e al mare in particolare“, punto di vista tanto ambizioso quanto legittimo.
Complice il maggior tempo libero a mia disposizione in corrispondenza del week end non ho potuto fare a meno di notare una sempre maggiore contrapposizione, il più delle volte a base di infuocati scambi di battute, tra:
- Ambientalisti contro politici – politici contro ambientalisti
- Ambientalisti contro ambientalisti (questa è palindroma)
- Ambientalisti contro lavoratori dell’area industriale – lavoratori dell’ area industriale contro ambientalisti
- Cittadini contro paesani – paesani contro cittadini
- Lavoratori contro politici
- Lavoratori di una fabbrica contro lavoratori di un altra fabbrica
- Lavoratori contro lavoratori (palindroma anche questa)
più altre meno significative.
Uno degli elementi che ha contribuito maggiormente ad alzare il tono delle discussioni è stata la creazione, qualche giorno fa, di un gruppo chiamato “Taranto e ILVA insieme”, promosso da alcuni tecnici che si occupano di sicurezza in ILVA, con lo scopo di portare il loro punto di vista – quello espresso per intenderci nei rapporti Ambiente e Sicurezza della stessa azienda – nel variegato mondo dei social network. Apriti cielo. Uno degli ambientalisti con il maggior seguito pubblica la notizia (sul gruppo a sostegno della candidatura di Bonelli, che conta quasi 4000 aderenti) che in fabbrica sono comparsi volantini che pubblicizzano il gruppo pro-ILVA e invitano i dipendenti ad iscriversi per contribuire a “fornire elementi contro una palese disinformazione sui temi ambientali e di sicurezza, a fronte dei continui attacchi mediatici contro ILVA“, indicando in questo attacchinaggio una manovra per compiere un vero e proprio “lavaggio del cervello” ai lavoratori. E giù con le iscrizioni in massa sul gruppo e con i commenti. Parole come “ridicoli” “cretini” o “vergognatevi” rimangono nell’alveo di quello che può ancora definirsi un colorito scambio di democratiche opinioni; “animali”, “tossico-dipendenti” o augurare un tumore a qualche solerte lavoratore che difende in maniera ferma l’ azienda iniziano a scivolare pericolosamente verso qualcosa che Taranto dovrebbe cercare con tutte le sue forze di evitare: non tanto la contrapposizione ambiente-lavoro ma la contrapposizione ambiente-lavoratori. E come un raggio di sole nella nebbia di post una donna afferma “hanno paura di perdere il lavoro, sono già in movimento. Non si può biasimarli.” Vorrei non aver letto neanche quei commenti carichi di livore contro i lavoratori dei “paesi” in contrapposizione coi lavoratori “cittadini” – come se questo in qualche modo fosse l’esorcismo necessario per risolvere tutt’altre questioni -, agli autori dei quali vorrei ricordare che quando dal palco della manifestazione di Altamarea nel 2009 intervenne un operaio dell’ILVA, il fatto che questo fosse “paesano” non era un problema, né la “piazza” pose la questione, chiedendo che in sua vece parlasse un tarantino. Ritengo che questi siano dei passaggi da stigmatizzare sul nascere. La nascita del gruppo “Taranto e ILVA insieme” invece rappresenta un passaggio che mi aspettavo, forse anche arrivato in maniera tardiva, sicuramente un modo per raccogliere consensi attorno al siderurgico che nel giro di poche settimane ha avvertito il pesantissimo contraccolpo delle perizie, specie quella epidemiologica, con mezzi e modi che gli stessi ambientalisti utilizzano da tempo
Il punto di vista di chi scrive non è quello espresso dagli ambientalisti negli ultimi tempi né tantomeno quello che emerge dai rapporti Ambiente e Sicurezza (per chi fosse curioso invito a leggere i diversi articoli da me scritti su Siderlandia). Non posso fare a meno di leggere questi primi scambi di “punti di vista” con estrema preoccupazione per la tenuta sociale del nostro territorio e per le sempre più profonde contrapposizioni che si stanno venendo a creare. La campagna elettorale è appena entrata nel vivo, mancano due mesi al voto e si rischia davvero di perdere il controllo della situazione. Inoltre l’utilizzo del mezzo telematico, con le sue “regole”, non può essere considerato appannaggio solo di una o dell’altra parte: bisognerebbe considerare legittime tanto le posizioni di chi vorrebbe una Taranto senza Ilva quanto quelle di chi crede che le due possano coesistere, non senza ovviamente un grandissimo supplemento di impegno (economico, s’intende) di tutti gli attori coinvolti nella partita. Il mio auspicio è che al di la degli slogan dell’una e dell’altra fazione si riesca ad addentrarsi maggiormente nel “tecnico” e nella fattibilità delle cose. Diversamente credo che anche l’atmosfera “civile” diventerà irrespirabile e si aprirà per Taranto una delle pagine più drammatiche della sua storia, non risolvendo in alcun modo il nocciolo della questione ambientale.