di Simona Internò
… Da dove comincio??? È la domanda che mi faccio praticamente ogni giorno da sempre ed è quella che mi porta via più tempo.
Non serve essere ‘giovani’ per comprendere quello che può provare un ragazzo a Taranto ogni volta che al mattino si chiede quale sia il suo compito, il suo ruolo, il suo destino… la sua ‘vocazione’ al di là dei pregiudizi che gli stanno affibbiando insegnanti, parenti, amici, … politici .
Ho 34 anni, la formazione pedagogica forse mi ha messo strane idee in testa e non posso liberarmi della domanda : “Da dove comincio, per essere una donna che costruisca il suo futuro, senza dover cercare la risposta in un’altra città o in un lavoro che dia certezza economica al prezzo di una coscienza malata e sofferente? La scuola, le istituzioni, la comunità, sono pronte a cogliere la sfida di ricominciare un nuovo modello di sviluppo sostenibile per questa città? C’è qualcuno che sproni i ragazzi a ‘sognare’ di costruire il proprio futuro qui prima di distruggere ogni forma di creatività e innovazione con un atroce realismo scettico? “ Sono le domande che seguono.
I grandi pensatori del nostro tempo (forse quelli che io ho scelto in linea col mio sentire) ci hanno detto che al principio di ogni gesto, di ogni ‘progetto’ che porti in sé un valore, bisognerebbe fare una valutazione delle priorità, dei bisogni a cui si vuole rispondere. Ciò non significa che, una volta disegnata la scala delle priorità, riusciremo a rispettarla. Spesso le contingenze ci porteranno a fare prima la cosa più sbrigativa con la promessa di dedicare tutto il resto del tempo alla cosa di prioritaria importanza. Spesso invece, per raggiungere il risultato in tempi brevi, ci sentiremo costretti a sovvertire l’ordine delle nostre stesse priorità, per intervenire sull’emergenza.
Ed è proprio nell’emergenza che ti assale il dubbio: “ho davvero tutto quello che mi serve? Se no, a chi posso chiederlo? Quanto mi costerà ?”
La scuola non ha passato alla mia generazione gli strumenti per ‘progettare’ i percorsi che ci aiuteranno realmente a realizzare i nostri sogni. Anche dopo la laurea e diversi percorsi formativi, tra master e specializzazioni, posso affermare che nessuno mi ha parlato degli strumenti per la ‘progettazione’: ciò che so in proposito l’ho imparato, sin da piccola, nell’associazionismo (ovvero nello scoutismo) e spesso ha fatto la differenza. Perfino in un master sulla progettazione europea abbiamo dovuto chiedere a gran voce che ci dessero una struttura operativa adeguata alla progettazione, ma l’unica risposta è stata: “lo capirete facendo esperienza”. Temo che la nostra ignoranza sia necessaria a mantenere il mercato della formazione per far sopravvivere corsi ed esperti che non ti diranno mai il ‘segreto’ del mestiere, perché devi imparare facendo! (Lo so, è triste detto da una tutor). Ma cosa gli costava offrire una traccia chiedendo di individuare FINALITA’, OBIETTIVI, STRUMENTI, RISORSE/COMPETENZE, TEMPI e COSTI? Sarebbe stato un inizio ideale per sperimentarsi . E invece no, in ogni corso regnava sovrano il motto socratico dell’attesa che il discente trovi da se la risposta.. omettendo però la domanda e offrendo teorie slegate dal contesto.
L’associazionismo è stato invece il luogo in cui sperimentarci, luogo di confronto con il gruppo dei pari e con gli adulti, il luogo della riflessione e dello svago, del conflitto e della proposta. Ma si sa, “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” e alla stessa maniera è spesso negato all’associazionismo il riconoscimento del merito per il supporto concreto alla crescita e lo sviluppo di quelle abilità sociali e manuali che accompagneranno la persona e che spesso faranno la differenza.
Cercando esempi concreti di queste realtà associative nella nostra città, apro una cartella con su scritto: LA RIVOLUZIONE. L’ho creata a giugno del 2010, il giorno in cui mi è scoppiato letteralmente dentro un sogno assurdo, visionario e fuori da ogni logica economica attuale, ma che non mi permetteva di dormire né di parlare di altro, per cui ho scelto di condividerlo a costo di essere presa per folle. Una proposta di condivisione delle risorse il cui progetto era contenuto nel suo stesso nome: “Un sogno condiviso… è già realtà”. Ripartire dalla condivisione di informazioni, pensieri, sogni, risorse interiori e materiali in funzione di un cambiamento per la città.
Dopo aver fatto i lavori più disparati, ma sempre con quella corsa a cercarne uno nuovo prima che termini l’altro, quell’ angoscia, quella ricerca… ma di che? Sentivo il disagio di stare a casa con i miei e non avere quella autonomia che solo un lavoro stabile consente . Ma anche lavorando fuori Taranto per un po’ di mesi sentivo che mi sfuggiva la priorità! Per cause fuori della mia volontà sono dovuta rientrare ed è stato allora che ho capito cosa cercavo: il mio sogno è qui, tra la mia gente, vivi o morti, coloro che si spendono per cambiare questa realtà infangata dagli interessi, da una politica che per decenni non si è assunta le sue responsabilità, rimandando le ‘reali’ priorità e dedicandosi tappare i buchi.
Nella mia città ci si ammala gravemente di tanti mali terribili a tutte le età, ma le malattie più ricorrenti sono invisibili per la scienza medica tradizionale: sono la disperazione, la rassegnazione, la paura, la negazione delle realtà intimamente rivoluzionarie. Ma c’è chi ne ha contratta una diversa : è la Speranza che le cose possano cambiare.
Da allora ho avuto l’occasione di ascoltare molte voci, ma anche molte persone che hanno dimostrato di avere trovato il coraggio, nonostante tutto. Il coraggio nato dalla disperazione lo si legge nelle parole dei ragazzi di Taranto se solo si prova ad ascoltarli, ma anche degli adulti e spesso è legato alla percezione del dolore negli occhi. Forse la svolta sta nel fatto che abbiamo imparato a parlarci guardandoci negli occhi. Mi è capitato di vedere persone durante le riunioni che si incontravano per la prima volta condividendo opinioni, poi si presentavano e scoprivano di essersi attaccate spesso e volentieri su facebook con toni e argomentazioni forti, e lì scattava un certo imbarazzo, che ci ha insegnato anche a capire meglio i rischi e le opportunità connessi agli strumenti della comunicazione. Dietro ogni opinione c’è una persona con il suo mondo di emozioni, battaglie e ottime ragioni comprensibili solo conoscendone il contesto.
In quella cartella ho deciso di metterci tutto ciò che mi ha interessata e travolta con l’entusiasmo di chi ha le prove di non essere un folle solo, ma in ottima compagnia. Ci trovo le immagini di tutti quei ragazzi più e meno giovani che a Taranto stanno esprimendo la loro voglia di reagire: attività di sensibilizzazione nelle scuole, raccolte firme per indagini epidemiologiche, per salvare beni comuni come la Masseria Solito, per ottenere spazi gratuiti per le associazioni e attività senza scopo di lucro, proposte di animazione per la città di ogni genere, sia artistico che culturale per la valorizzazione ‘gratuita’ di beni archeologici a carico esclusivamente di professionisti senza alcun compenso, nuove botteghe per i commercio equo e solidale, reti di associazioni, proposte di carte etiche che rimettano in gioco il potere e la consapevolezza del cittadino di fronte all’impegno assunto dagli amministratori, radio gestite da giovani universitari, giornali on-line di informazioni, tv sul web, impegno quotidiano per l’accompagnamento allo studio per ragazzi con disturbi dell’apprendimento, gruppi di azione cittadina non violenta, gruppi spontanei di ragazzi che scendono dalle gradinate dello stadio per denunciare le ingiustizie, che puliscono le piazze per senso civico, animazione sportiva senza campi adeguati con sforzi immani, sportelli di ascolto e consulenza gratuita, teatro, gruppi di acquisto solidale e a km zero.. la lista è ancora molto lunga.
L’associazionismo ed il volontariato sono l’espressione della capacità di dare una parte di sè per gli altri, anche se con tutte le sue imperfezioni, è pur sempre una forza positiva che si ostina a costruire di un mondo migliore, facendo esperienza di vita reale in mezzo alla gente e i suoi problemi. Rischiamo di essere definiti ridicoli a causa dei nostri sentimenti positivi, ma a pensar bene si sta bene dentro.. lo viviamo sulla nostra pelle. Prima di esporre il mio sogno pensavo che, buttandomi in questa sfida, non avrei più dormito la notte per l’ansia e la preoccupazione di sbagliare.. e invece dormo di più e meglio di prima!
E mi ritornano alla mente le sere di qualche anno prima davanti ai locali, truccate e in equilibrio precario sui tacchi, cercando qualcosa, qualcuno di interessante con cui avere un argomento di dialogo.. speranza quasi sempre disattesa, con le amiche che nei momenti di delusione e confidenza ammettevano: ‘ma anche io mi annoio.. facciamo solo vetrina…’ quante belle ragazze intelligenti mi hanno detto la stessa cosa!!!
“La vera alternativa al realismo e all’utopia è il risultato dell’azione congiunta di pensiero-conoscenza-immaginazione-speranza per cui l’uomo è in grado di vedere le possibilità reali già ora presenti in seme. Una rinascita dello spirito illuministico, instancabilmente critico, realistico e purificato dai suoi pregiudizi troppo ottimistici e razionalistici, insieme con la rinascita dei valori umanistici, non predicati ma praticati nella vita personale e sociale: queste sono le condizioni della salute mentale e della sopravvivenza della civiltà….Credo nella possibilità reale di un mondo in cui l’uomo può essere molto anche se ha poco. “ Erich Fromm lo scriveva nel 1992 in ‘Io difendo l’uomo’.
Lo ammetto, faccio parte di quella schiera di persone che quando legge un libro ci mette un mese, non perchè ha l’esame, ma perchè quello che leggo mi interessa, mi fa riflettere sulla realtà e piango per le emozioni che mi dà, per rabbia, per desiderio di cambiare le cose… ci sono sogni che danno il mal di pancia, ma sai che il tempo è finito, quello che devi fare .. lo devi fare ora. La realtà è come una ferita, come ci disse Johnni Dotti alla Summer School di Economia Civile, la dobbiamo adorare, dobbiamo baciarla la realtà.
L’esperienza della scuola di Economia Civile si è aperta a Taranto dal 2010 offrendo ai molti giovani che ogni anno hanno partecipato, occasioni di riflessione e confronto su un modo diverso di fare Economia, un progetto che istituisce una volontà di creare nuove realtà produttive nel terzo settore, orientate ad un modello di sviluppo sostenibile per tutti, rispettoso per il territorio e carico di tutto l’amore di cui siamo capaci. Abbiamo scelto di affermare, senza il timore di essere definiti infantili idealisti, che la rivoluzione sta nell’accostare l’economia alla passione per l’altro. Servono organizzazioni, cooperative e associazioni che chiedano a gran voce che i beni comuni tornino al centro di una dinamica democratica ed economica per attività senza scopo li lucro, con la consapevolezza che nella scarsità delle risorse solo la condivisione e la cooperazione possono permettere la sopravvivenza di tutti: beni demaniali beni confiscati alla mafia, macchine da condividere, stanze e risorse di ogni tipo.
Ci sono ragazzi a Taranto e nel resto della Puglia che vogliono ripartite da una libertà economica che risvegli le relazioni tra i soggetti che operano sul territorio, creando dinamiche di scambio e promozione reciproca, con una relazione civile che non vuol dire essere sempre d’accordo: quando l’altro ci dice che non è d’accordo, possiamo fermarci e accoglierne le ragioni perché è l’unico modo per perfezionarsi e cercare insieme una soluzione che crei vantaggi per tutti. Chiudersi in circoli in tutti la vedono allo stesso modo non stimola lo sviluppo, bisognerà invece aprirsi e bussare alle porte di quelli che vogliono ‘pensare’ quella cosa che vogliamo realizzare.
Poi ti senti ancora dire che “ Taranto è una bella città, ma sono i tarantini che la rovinano..” a quelle persone voglio consigliare di oltrepassare il muro del pregiudizio e rimboccarsi le maniche.
Con il saluto di chi ha messo nello zaino la pazienza e la fiducia nel futuro, auguro alla mia città di continuare a combattere e sognare per progettare la sua rinascita. Buona Strada.