di Massimiliano Martucci
Fa freddo: è emergenza freddo. Fa caldo: è emergenza caldo. Nevica: è emergenza neve. Più che un Paese, l’Italia sembra un malato allo stato terminale che non può prendere spifferi, non può graffiarsi, non può sopravvivere a nessun microbo. L’Italia, raccontata dai telegiornali nazionali, è così cagionevole di salute che si dimentica della crisi, non parla della benzina a 2 euro o dell’articolo 18 ma di interi paesi sommersi da una valanga bianca. Ok, davvero, le nevicate di questi giorni non si vedevano da anni, il Buran, il vento siberiano, ha combinato un bel po’ di casini, soprattutto al centro, eppure la domanda che dovremmo porci è se non potevamo prevederlo. Si dice che la prevenzione è la migliore cura, perché prepara ad affrontare le emergenze, eppure se non fosse stato per qualche trattore raccattato qua e là sul Gargano alcune famiglie sarebbero rimaste isolate.
Quello di cui vorremmo parlare, però, è la comunicazione tautologica di certi media (fa freddo quindi chi non ha una casa sta peggio), una comunicazione che ha un certa influenza poi nella realtà. La neve è stata la protagonista assoluta della cronaca dell’ultima settimana, mettendo in secondo piano le manovre di Monti e quasi anche il suo incontro con Obama. Poco male, diremmo, dato che le notizie da dare sarebbero altre. Eppure la neve ha dimostrato la debolezza del sistema italiano, incapace di essere pronto non tanto per gestire le emergenze, ma di prevedere cosa possa accadere. La neve ha dimostrato che la mancanza di prevenzione porta disastri: i clochard, gli anziani soli, meritano la nostra attenzione in tempi non sospetti, quando la calma permette interventi ragionati. Chi è senza tetto, e penso ai migranti sfruttati nella raccolta delle olive di Barletta e Terlizzi, merita la nostra solidarietà prima che accadano questi eventi, e non durante, quando è facile essere coinvolti, buoni. Dovremmo domandarci prima come mai ci sono persone che vivono per strada: parlare della neve e della straordinarietà dell’evento è un modo di raccontare neutro, apolitico, perché se nevica non è mica colpa della crisi o di Monti, o Riva o di Mourinho. Nevica. Punto. Affrontare però i motivi per i quali ci sono i senzatetto, i motivi per i quali i cittadini possono rimanere isolati per giorni, i motivi per i quali gli autobus smettono di funzionare, invece prevede la ricerca di una responsabilità, la ricerca di motivazioni e a noi non farebbe bene, ci farebbe pensare. Quindi affrontiamo con pazienza la neve, le notizie sul freddo o sul caldo. Affrontiamo la notizia che Roma va in tilt per due fiocchi, di Alemanno che vampirizza ogni tragedia per farsi campagna elettorale, dimostrando la pochezza di una classe politica che non sa gestire la crisi ma sa fare comunicazione. Comunicazione: notizie e notizie sulla neve hanno generato apprensione ovunque, anche a Martina Franca dove il commissario prefettizio preferisce chiudere le scuole per pochissimi fiocchi. La televisione condiziona la percezione degli eventi e, siamo convinti, se non avessimo visto le immagini, davvero drammatiche, di Cesena nessuno avrebbe considerato eccezionale l’ondata di freddo di questi giorni, quaggiù a Taranto. Eppure quanto accade e il modo in cui viene raccontato è foriero di atteggiamenti e azioni. L’inverno porta freddo e neve e questo non dovrebbe stupirci, come non dovrebbe stupirci l’estate che porta l’afa. Dovrebbero stupirci i cambi improvvisi di temperatura, la scomparsa delle stagioni di mezzo, la dimostrazione dei cambiamenti climatici e della desertificazione. Dovrebbe spaventarci il nostro timore di una natura che abbiamo tentato di addomesticare e mai di accettare.
Ci viene in mente la neviera, quella di Monte Tullio magari. Costruzioni di pietra sparse per il territorio che avrebbero raccolto le nevicate per conservare il ghiaccio fino all’estate. La neve che serve, che viene utilizzata e non combattuta. Le neve che non spaventa ma che in qualche modo rinfranca.
Adesso passerà il freddo e arriveranno le piogge. Sarà allarme esondazioni.