di Domenico Cinquegrana
Vado all’assemblea cittadina per le primarie su invito di stimati amici ed ex compagni di partito. Entro nella sala del Magna Grecia. Piena. La prima impressione è ottima. Di questi tempi aggregare tante persone è un miracolo. Poi pian piano i volti si fanno noti. Pochi cittadini, molti burocrati di partito. L’assemblea è già iniziata. Il comitato promotore spiega le norme del regolamento appena approvato. In sala c’è un forte brusio. Si notano immediatamente le varie correnti politiche. In particolar modo i pelilliani si suddividono in gruppetti molto uniti. Parlano animatamente tra loro. Al microfono si alternano diversi volti nuovi della politica cittadina. In prevalenza ex sostenitori della giunta Stefàno. Io mi adeguo al chiacchiericcio. Si fanno previsioni trionfalistiche sulle prossime elezioni. Una signora, abbastanza distinta, si avvicina, mi da un buffetto paternalistico sulla guancia e mi dice:”sei bravo a Polifemo. Complimenti. Io sono pelilliana”. Nel frattempo gli interventi si susseguono. Laruccia carica la platea sciorinando citazioni colte e descrivendo le primarie come l’ultimo strumento veramente democratico rimasto in Italia. “La democrazia è partecipazione!” grida. Ma il brusio è insopportabile e scavalca la voce dell’oratore. È il turno del segretario Scarcia. In platea si dice che non sia ancora convinto della necessità di fare le primarie. Intanto la sala si è quasi svuotata. Il momento clou deve ancora arrivare. Difatti la Mignogna prende la parola per annunciare l’imminente giungere di Pelillo. E l’assessore regionale è di parola. Entra scortato dai suoi uomini. Ha appena rilasciato alcune interviste ai giornali locali. La sala immediatamente si riempie e si fa muta. Sono quasi tutti sull’attenti. Si capisce che il momento è decisivo. Pelillo prende la parola. Affronta la questione da lontano. Ringrazia il comitato. Poi rivolge una strana richiesta, una proroga per la raccolta delle firme a sostegno della candidatura. Non comprendo immediatamente la motivazione di tale richiesta. 100 firme per un uomo politico del suo calibro non sono per nulla un problema. Ma poi tutto si fa chiaro. Pelillo entra nel merito della discussione. Ed ora la voce si fa meno sicura, a volte imbarazzata. Fa riferimento alla situazione nazionale, ai capi bastone del partito, alle divisioni interne che attorcigliano gli altri partiti della coalizione. Situazioni che, messe tutte insieme, non gli permettono di lanciare sin da subito la sfida e partecipare alle primarie. La platea è stupita. Era arrivata con altre speranze, pronta ad abbandonarsi tra le braccia del suo beniamino. Pelillo conclude l’intervento chiedendo tempo per riflettere. Le primarie sono nate per unire e non per dividere, afferma. Insomma, farà pesare, e molto, la sua scelta. E lo farà fino all’ultimo minuto utile. La sera del 18 febbraio.
Concluso l’intervento dell’assessore viene sciolta l’assemblea, nonostante la volontà di qualcuno in sala di intervenire. La sala si svuota, la delusione è palpabile. In alcuni una forte preoccupazione traspare dagli occhi. Morire stefaniani? Lunedì arriverà in città il segretario regionale Blasi, si incrociano le dita.