di Massimiliano Martucci
Anch’io vorrei donare 300.000 euro ad Emergency. Anche io vorrei comparire in televisione per mezz’ora e ritirare un assegno con cinque zeri. Anche io vorrei poi comunicare urbi & orbi che donerò il suddetto assegno alle famiglie povere di: Milano, Verona, Firenze, Roma, Napoli e Cagliari – che sono governate da sindaci di tutti gli schieramenti, in modo tale che non dicano che sono di parte, che sono di sinistra o di destra, che di questi tempi, cara mia, non si sa mai dove si va a finire.
Così Celentano andrà a Sanremo, strapagato, ma per non far incazzare qualche operaio sardo, ha deciso di dichiarare che il suo compenso sarà devoluto in beneficenza. Quindi tutti contenti, nessuno si fa male, i soldi della Rai vanno a finire ai bambini mutilati nei paesi in guerra oppure alle famiglie povere di qualche rione popolare delle nostre città.
La storia potrebbe finire così se non fosse che questa storia rappresenta, se letta da un punto di vista morfologico, uno spaccato preciso del momento storico che stiamo attraversando. Tentando di iniziare dal principio abbiamo che: 1) cittadini attraverso il canone finanziano la Rai; 2) la Rai organizza il Festival di San Remo; 3) al Festival di San Remo viene invitato un ospite che costerà circa 300.000 euro a puntata; 4) l’ospite accetta il compenso ma lo gira ad alcuni cittadini bisognosi.
I soldi dei cittadini ritornano in qualche maniera ai cittadini, ma non in maniera casuale: sarà il principe di turno a decidere chi graziare e chi no. Attraverso un processo non democratico, il denaro dei cittadini diventa elemosina verso sé stessi. Pagando le tasse, i soldi tornano indietro attraverso un complicato meccanismo per cui dobbiamo dire grazie all’artista che ci fa l’elemosina (con i nostri soldi). Il circuito è evidentemente vizioso, viziato da un peccato di comunicazione che sta sia nel fatto che non è chiaro a tutti che il problema della spesa dei soldi pubblici non si pone nel momento in cui verranno spesi ma nel momento in cui si va a votare. Nel momento del voto, o meglio, nel momento della partecipazione politica, il cittadino riprende il potere di scegliere in che maniera investire i soldi delle proprie tasse, quali progetti sviluppare, quali no. Lamentarsi esprimendo l’indignazione attraverso i social network, oppure attraverso raccolte firme, significa tentare in qualche maniera di mettere un tappo ad una falla ben più grande. Celentano infatti andrà a San Remo e sarà pagato dieci volte uno stipendio di un impiegato medio e che poi lui decida di utilizzare il proprio cachet per fare beneficenza saranno fatti suoi, non nostri. E proprio perché non ci riguarda il modo di come i suoi soldi vengono spesi, ma ci riguarda il fatto che quei soldi vengano spesi per una sola persona, per una trasmissione televisiva che fa ancora affidamento alla star (?) per fare audience, una star che in un paese non gerontofilo sarebbe già stata quanto meno pensionata, che il gesto di Celentano risulta quasi una maniera di prenderci per i fondelli: “non vi preoccupate, cari i miei miseri, se lo Stato non è in grado di garantirvi un minimo di welfare, ci penso io (con i soldi che lo Stato non ha saputo spendere meglio)”.