di Roberto Polidori
Proprio non si può affermare che Taranto Capitale, il libro curato da Giovanni Battafarano ed edito da Scorpione Editore, non abbia un preciso intento: presentare un’idea di evoluzione socio-economica della collettività tarantina in accordo con le idee degli autori. «E’ un programma elettorale»: questa risulta essere la descrizione sintetica ricorrente emersa dalle numerose recensioni già uscite; è una “semplificazione” non proprio corretta che in sé ha il pregio della trasparenza d’intenti, ma che non dice tutto circa gli obiettivi di un libro ben ideato, il quale presenta gli argomenti trattati con la chiarezza logica e la struttura ordinata tipici del curatore che ha lo ha ideato. Il libro tratta tutti gli argomenti “sensibili” della discussione politica sui progetti di vita futuri della nostra città: sviluppo industriale, porto di Taranto e logistica integrata, ambiente, turismo, pubblica amministrazione, politiche urbanistiche, scuola ed Università. L’idea di fondo perseguita e attuata è la seguente: ogni esperto di settore tratta l’argomento di propria competenza in piccoli capitoli dedicati da 20-25 pagine circa, seguendo un criterio cronologico – una breve storia del fenomeno economico o sociale analizzato, insomma – per arrivare ad un’ipotesi di sviluppo futuro di “settore”; il tutto con dovizia di dati. Vittorio Angelici cura il capitolo sul Porto di Taranto e spiega i perché di un ritardo clamoroso rispetto ad altre realtà – incredibile, in tal senso, la guerra tra poveri con il Porto di Genova per l’assegnazione di fondi – e le potenzialità del nostro Porto (spazi immensi) rispetto agli altri porti italiani. Dante Capriulo si occupa delle politiche urbanistiche, delle direttrici di sviluppo edilizio (nel senso di recupero edilizio e di Social Housing più che di ulteriore accrescimento del numero delle unità abitative) e delle nuove opportunità del “federalismo demaniale”. Enrico Viola, con un bellissimo capitolo sulla tutela della salute a Taranto, coglie l’occasione per sollevare un problema culturale locale (con enormi impatti economici): la “percezione” che la qualità del servizio sanitario sia connessa al ricovero ospedaliero. Infine, ma non ultimi, i capitoli di Nunzio Leone sulla Pubblica Amministrazione e la “performance” di settore, e quelli di Francesco Terzulli e Pino Mellone su scuola ed Università.
L’area politica di provenienza degli autori non è un segreto: Giovanni Battafarano è Segretario Generale di Lavoro&Welfare – l’associazione sotto la cui egida il libro è nato – ed è stato ex sindaco PCI di Taranto e Senatore in quota PD; Cesare Damiano, ex Ministro del Lavoro, è l’attuale Capogruppo PD nella Commissione Lavoro della Camera dei Deputati nonché Presidente dell’Associazione Lavoro&Welfare; Dante Capriulo è l’aspirante candidato sindaco tarantino del centrosinistra ex Assessore al Bilancio, ex Assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative.
Si percepiscono immediatamente i nodi gordiani che la campagna elettorale dovrà inevitabilmente cercare di districare: possibile connubio industria pesante-ambiente, crisi (economica, lavorativa e di rappresentanza politica), stimoli “endogeni” per cercare alternative plausibili di vita atte a conservare la coesione sociale.
Già nella prefazione Damiano ricorda che Taranto è “capitale industriale” del Sud: l’industria pesante è il destino ineludibile della città dell’acciaio, del cemento e della lavorazione di petrolio greggio; la città è un sito industriale di interesse nazionale, tanto per chiarire. Il tema “caldo” viene sviluppato senza fronzoli da Giovanni Battafarano nell’introduzione – «Occorre sottrarsi al dilemma “accettare l’industria così com’è o rinunziare all’industria”» – e sviluppato poi dal Prof. Federico Pirro, storico dell’industria e membro del Comitato Scientifico del Centro Studi ILVA; nelle venti pagine da lui elaborate, l’accademico ricostruisce la storia dell’industria tarantina, ribadisce la “vocazione industriale” della città e snocciola parecchi dati attestanti l’impatto economico dei siti industriali analizzati sul tessuto economico provinciale e regionale – tassi di industrializzazione e valore aggiunto del settore industriale in senso stretto – concedendosi poi alcune digressioni sui possibili vantaggi futuri dell’industria turistica da affiancare alla ben più invasiva industria pesante.
Lo stridente contrasto tra industria ed ambiente emerge anche in questo libro quando Leo Corvace, dirigente storico di Lega Ambiente Taranto, ricorda la storia di “favori” legislativi all’industria tarantina in nome del lavoro, il decreto legislativo n° 155/2010 sul benzo(a)pirene – decreto “salva Ilva” – e la recentissima Autorizzazione Integrata Ambientale concessa dal Ministro Prestigiacomo (figlia di industriali siciliani) che ha rigettato in modo clamoroso tutte le osservazioni avanzate dal ambientalisti e tecnici tarantini – Alessandro Marescotti ha pubblicato su sito di peacelink tutti i dati in merito.
Insomma, la strada da fare è tanta ed è forte l’impressione che il ricatto occupazionale sia sempre più presente in un periodo di crisi strutturale.
«Se rifletto sulla politica locale, l’immagine che si materializza assomiglia ad un quadro frammentato con immagini contrapposte e contrastanti: gli uni, contro gli altri, armati. Di fatto è l’espressione di una città sofferente, priva di senso di appartenenza». Così risponde Don Nicola Preziuso a Giovanni Battafarano, riferendosi al tessuto sociale tarantino disgregato ed alla rissosità dei partiti politici: guardandomi intorno mi chiedo se questa disgregazione non sia il frutto generalizzato strettamente collegato ad un sistema economico e culturale fallace, non superabile muovendosi nello stesso alveo con una evoluzione “privatista” ed endogena basata sulle qualità morali ed intellettuali del popolo tarantino.
Leggere questo libro aiuta a comprendere le modalità con cui una parte importante dell’ intellighentia politica di Taranto, coadiuvata dall’“ottimismo dell’intelligenza”, intende risollevare la città da una situazione non semplice.