di Mara Pavone e Remo Pezzuto
“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”
Così recita l’art. 34 della Costituzione Italiana. Sembra che l’intento dei padri costituenti di voler porre sullo stesso piano i giovani meritevoli del nostro paese, a prescindere dalla loro capacità economica, venga disatteso giorno per giorno, attraverso tagli indiscriminati a questo importante istituto e tentativi di sostituire le borse di studio con i prestiti d’onore e altri mezzi a “costo zero” per lo Stato, ma che hanno un costo altissimo per la collettività.
Ed è così che in Piemonte, regione virtuosa che, fino allo scorso anno, aveva una copertura di borse di studio pari al 100% dei richiedenti, da quest’anno escluderà circa 8000 studenti (il 70% degli aventi diritto) dall’esser beneficiari di ciò che gli spetta per “reddito e merito”, mentre i “vincitori” ad oggi non hanno ancora ricevuto alcun versamento in quanto l’EDISU non dispone di alcun fondo per erogare le borse, a parte qualche milione per il funzionamento delle strutture. Dal 10 gennaio è stata infatti dichiarata l’impossibilità di approvare il bilancio, di erogare le borse di studio e l’ente di fatto è stato commissariato e verrà gestito per via eccezionale (cioè pagando tutte le spese) approvando il bilancio del mese ogni 30 giorni.
La figura dello studente “idoneo non vincitore” è una anomalia tutta italiana e tra gli 8000 studenti idonei non beneficiari di Torino, ci sono anche Amna e Khaled, due fratelli di 19 e 21 anni arrivati a Torino a settembre per studiare nel Politecnico, retto fino a poco tempo fa dall’attuale Ministro dell’Istruzione Profumo. Loro padre ha una pensione di 450 euro al mese e sei figli da mantenere e non ha quindi la possibilità di sostenere le spese per i loro studi. Risultati idonei al concorso di borse di studio, in attesa dell’uscita delle graduatorie hanno chiesto un posto in una foresteria a pagamento, in modo tale da poter saldare il conto con la prima rata della borsa e poter ottenere un posto alloggio gratuito. Purtroppo le cose sono andate diversamente, poiché a causa dei tagli operati dall’EDISU i due fratelli non hanno avuto ciò che gli spettava di diritto e la polizia ha bussato alla loro porta presso la residenza in via Borsellino, cacciandoli. L’ente per il diritto allo studio ha offerto loro un posto in una residenza a Vercelli, ma non hanno i soldi necessari per pagarsi il biglietto del treno ogni giorno, visti i tagli ai trasporti pubblici e l’aumento sproporzionato del loro costo. La loro situazione forse sarà la situazione di tanti altri, nonostante L’EDISU prima delle vacanze di Natale abbia operato una variazione di bilancio che ha permesso di reintegrare 3000 degli idonei non vincitori, ma la situazione rimane comunque critica.
In seguito a questo episodio si è inasprita ancora di più la protesta degli studenti torinesi contro i tagli del diritto allo studio nel Piemonte; costoro, dopo un’assemblea a Palazzo Nuovo, si sono diretti verso la casa dello studente di Via Verdi 15, da tempo in stato di abbandono perché mancano i fondi per ristrutturarla , occupandola. Un’ analoga situazione si è verificata a Catania ad inizio mese dove due stabili acquistati e ristrutturati dall’Università, che sarebbero dovuti diventare delle residenze universitarie, mai aperti e abbandonati per otto anni, sono stati occupati dal Collettivo Aleph. In una situazione di crisi mondiale, ci si aspetterebbe da parte delle istituzioni un’attenzione maggiore, un maggiore investimento verso il diritto allo studio, l’università, verso le classi giovanili, uno sforzo per poter risolvere la situazione. Rimaniamo quindi basiti nel leggere le dichiarazioni di Elena Maccanti (Assessore regionale della Lega Nord) secondo la quale le borse di studio “sono soldi sprecati che la Regione toglie ad anziani e a malati, non è pensabile che in questi tempi di economie la Regione stanzi altri fondi sul diritto allo studio universitario”, o quelle del presidente dell’EDISU di Torino che ha bollato l’occupazione di quella residenza abbandonata come un “atto di violenza”. Da questo tipo di dichiarazioni, e in genere da tutte le scelte operate soprattutto negli ultimi anni (queste situazioni sono infatti figlie dei tagli al DSU operato dall’ex ministro Gelmini e Tremonti) emerge un quadro ben chiaro: nel nostro paese, da Torino a Catania, è in atto uno smantellamento del diritto allo studio, visto ormai come un retaggio del passato da eliminare per sempre. In Italia sono in atto una serie di operazioni da parte di politici militanti in vari schieramenti (da Valditara a Ichino per fare qualche esempio) che mirano a trasformare il diritto allo studio in un sistema che mette i capaci e meritevoli privi di mezzi nella condizione di doversi indebitare per pagarsi gli studi. Questo è molto pericoloso se si pensa che un sistema del genere negli USA ha provocato un forte indebitamento delle famiglie americane che non riescono più a poter garantire ai propri figli (che magari cercano anche un lavoro per pagarsi in parte gli studi) la possibilità di laurearsi, per non parlare poi del calo di immatricolazioni registrato in Gran Bretagna (circa l’8%). Emerge poi un’altra questione: le istituzioni, che dovrebbero essere il nostro interlocutore, non solo non sono in grado di comprendere le nostre esigenze: si rifiutano anche di avere un qualsiasi dialogo con noi. I ragazzi che hanno occupato la casa dello studente a Torino e sono stati accusati di aver compiuto un “atto di violenza”, così come gli studenti catenesi, in realtà hanno creato un laboratorio politico, parlano e si confrontano sulle problematiche e pensano alle possibile alternative per uscire da questa situazione. Siamo arrivati al punto che per essere presi in considerazione dobbiamo scendere in piazza o occupare qualche luogo, perché è l’unico modo che abbiamo per farci ascoltare. E’ questa l’anomalia. Il sistema del diritto allo studio in Italia non va, presenta una serie di problemi, dalla mancanza di fondi ai mancati controlli sulle false dichiarazioni ISEEU. Noi come studenti abbiamo sempre contestato questo sistema e proposto l’alternativa, ma nessuno ha mai cercato di capire le nostre proposte; piuttosto si pensa a favorire il sistema dei prestiti d’onore, incoraggiando un sistema in cui potranno studiare solo coloro che hanno la possibilità di pagarsi gli studi, alla faccia del principio di uguaglianza sostanziale della Costituzione. Ci viene detto che c’è la crisi, che i sacrifici dobbiamo farli tutti. Dalle parole del discorso di fine anno del capo dello Stato si evince, invece, che si deve investire nei giovani. Quello che è successo a Torino invece dimostra che i sacrifici li stiamo facendo solo noi e li stiamo facendo per far si che banchieri, politici e ogni altro parassita di questa società possa continuare a vivere agiatamente. La domanda è: cosa ne sarà di un paese che non investe nei propri giovani e che sta distruggendo le speranze e il futuro di una intera generazione?