di Vincenzo Vestita
Nell’arco dei tre lustri di gestione Riva, la crisi e il ricorso alla cassa integrazione non sono stati gli unici elementi di novità dell’industria dell’acciaio tarantino degli ultimi due anni. I più attenti sicuramente avranno notato un radicale cambiamento di approccio dell’Ilva ad un particolare leva di sviluppo in precedenza scarsamente tenuta nella debita considerazione, ossia la comunicazione aziendale. Fino alla fragorosa deflagrazione di gravi problematiche di natura sanitario-ambientale (probabilmente anche queste tenute scarsamente in considerazione fino a quel momento) culminate alla fine del 2008 con la mattanza di centinaia di capi di bestiame e il successivo divieto di pascolo nel raggio di 20 chilometri dal perimetro dello stabilimento, mai l’opinione pubblica aveva avvertito in maniera così netta la portata e la gravità dell’impatto che lo stabilimento siderurgico ha sul territorio ad esso circostante. Gli strilloni delle edicole per settimane hanno riportato a caratteri cubitali notizie preoccupanti. L’Ilva, con molta probabilità, non era preparata a controbilanciare nell’immediato una esposizione mediatica negativa di tale portata sia per il carattere dell’evento stesso ma ancora di più per la mancanza di una vera macchina comunicativa aziendale, una mancanza alla quale ha posto rimedio in tempi ristetti e la cui vera svolta è rappresentata dalla prima campagna promozionale in grande stile dello stabilimento jonico. Un massiccio battage ha riempito infatti spazi tanto sulla carta stampata quanto sulle televisioni locali, utilizzando molte delle tecniche di marketing già rodate con successo nelle strategie promozionali di tutte le multinazionali. Grazie “alla capacità di innovazione di Ilva e al talento dei lavoratori di Taranto” l’energia può giungere in un punto sperduto e lontano del pianeta, nella casa di una famiglia serena e felice; due innamorati possono ricongiungersi attraverso un ponte d’acciaio che collega due isole in Danimarca. Raffinate tecniche psicologiche sono state utilizzate, come oramai è uso comune in questo campo, per modificare la percezione che i consumatori hanno di un prodotto o di una azienda. In questi spot, infatti, hanno avuto grande rilievo gli accenti sui cosiddetti “vantaggi non materiali” del prodotto, come amore, sicurezza, calore familiare, ricongiungimenti affettivi, con l’intento di creare associazioni tra il marchio del prodotto ed emozioni e sentimenti positivi. La vera novità, assolutamente non marginale, è che tutta la strategia comunicativa viene studiata non per promuovere il prodotto in sé (nessuno si sognerebbe mai di comperare un coil o un tubo leggendo un quotidiano o guardando uno spot televisivo su una rete locale) ma per “migliorare la percezione del brand a livello locale, valorizzando i benefici che l’azienda può portare al territorio nazionale e soprattutto locale”. Ed è in quest’ultima frase, che racchiude la “mission comunicativa” dell’agenzia pubblicitaria alla quale è stata commissionata la campagna, che si possono ravvisare alcuni elementi su cui fare qualche piccola riflessione. La prima è che la “potenza economica” (basti ricordare che all’ ILVA si può ricondurre il 75% circa del PIL provinciale) e il gran numero di occupati diretti e indiretti che l’Italsider prima e l’Ilva poi hanno sempre fatto pesare, in maniera implicita ed esplicita, nel rapporto col territorio e le istituzioni dello stesso, non sono più ritenute sufficienti perché, probabilmente, il rapporto costi/benefici dello stabilimento inizia ad essere avvertito come deficitario. Non è casuale, quindi, la nascita di una potentissima macchina comunicativa, attraverso un impegno economico non trascurabile, capace in pochi mesi di mettere in campo una strategia complessa, stratificata e a 360°. Nello specifico: è stato istituito un sito internet dedicato esclusivamente allo stabilimento di Taranto; con cadenza annuale vengono prodotti in carta patinata e brossura rapporti su “Ambiente e Sicurezza” e rapporti di sostenibilità; un periodico di informazione (il Ponte), contente notizie che spaziano da ricette di cucina al rapporto dell’azienda col territorio, viene spedito ai dipendenti in forze e ai pensionati che hanno lavorato nello stabilimento.
A ben guardare però tutto questo non è un impianto che riguarda solo la fabbrica dell’acciaio a Taranto. L’ILVA fa parte, insieme ai più grandi produttori d’acciaio europeo, dell’ European Steel Technology Platform (ESTEP), una organizzazione a livello continentale che si propone di supportare l’industria dell’acciaio Europeo per una leadership globale nei decenni futuri e le cui parole d’ordine sono Innovation, Partners, Planet e People. All’interno di ESTEP ci sono 6 gruppi di lavoro e il gruppo “People” si occupa dei problemi riguardanti le risorse umane; in particolare fornisce soluzioni per attrarre e assumere nuovi addetti e per addestrarli; cura inoltre la salute e sicurezza del personale. Questo perché a livello europeo c’è una certa difficoltà a trovare manodopera qualificata per l’industria dell’acciaio. In questo programma ci sono visite organizzate di scolaresche di ogni ordine e grado, open day/open door, conferenze, campagne promozionali. L’Ilva di Taranto non ha bisogno di attrarre manodopera, sia perché dispone già di addetti giovani (l’età media è di 35 anni e, senza tema di smentita, sono tra i più qualificati d’Europa) sia perché la situazione occupazionale del territorio è tale per cui lavorare in fabbrica rappresenta uno degli sbocchi lavorativi più ambiti nonostante i rischi insiti in un lavoro spesso difficile e faticoso. Che si tratti di attrarre nuovo personale qualificato o di migliorare la percezione dell’azienda rispetto al proprio impatto ambientale, la strategia di intervento a livello di comunicazione sembra abbastanza standardizzata a livello europeo nel suo schema generale. Ma anche i particolari fanno a differenza. Nello schema di ESTEP, per quanto riguarda il gruppo “People” vi è un non meglio precisato “other iniziatives” (altre iniziative) che sono al quarto posto tra quelle che hanno raggiunto il loro obiettivo col miglior rapporto costi/benefici. Tra le altre iniziative “fuori schema” a Taranto possiamo annoverare il restauro della chiesa del Gesù Divin Lavoratore dei Tamburi e la sponsorizzazione per i festeggiamenti di San Cataldo, Santo patrono. Think global, act local.