di Andrea Cazzato
Apro il mio pezzo di analisi del voto referendario del 12 e del 13 giugno, riportando una delle tante frasi che sono comparse sui cartelloni della festa tenutasi a Roma per il raggiungimento del risultato.
Ebbene, ha vinto con esito a dir poco plebiscitario il Sì per tutti e quattro i quesiti: privatizzazione dell’acqua, profitti sull’acqua, legittimo impedimento, energia nucleare. Mi pare inutile stare qui a spiegare di cosa parlassero uno per uno, sicuro che i lettori del pezzo sono più che informati a riguardo. Il risultato era assolutamente scontato, era palese. Meno, molto meno, il superamento del 50% + 1 degli aventi diritto al voto, il cosiddetto e, per molti amanti dei referendum (come i radicali), stramaledetto, quorum: lo “scattaquorum” – come molti, fra cui io, lo hanno ribattezzato in queste ore di attesa dell’esito elettorale.
Fin dalle 22 di domenica sera, ora di chiusura dei seggi della prima giornata elettorale, però l’affluenza era già ben al di sopra delle aspettative: 41%, cosa che, la mattina di lunedì, ci ha fatti svegliare piuttosto sereni, visto che, come al solito, ci sono sempre quegli stronzi (con stima, in questo caso) che si recano all’ultimo a votare, giusto così per farti stare un po’in pena.
Tran tran di numeri, di cifre in questa due giorni; da mesi ormai che sul web, secondo me fondamentale per il raggiungimento del quorum, si contattava chiunque per ricordare delle elezioni, visto che i media mainstream (i tg soprattutto) sembravano, come da velina governativa, glissare su quest’argomento. Alle 15 di lunedì, arrivano le prime certezze dell’ottimo lavoro, anche se Maroni e Berlusconi, con un ultimo colpo di coda, in barba a qualsiasi legge di turbativa dell’esito elettorale, poco prima della chiusura dei seggi, tranquillizzavano sul superamento del quorum. Il 56% o giù di lì degli aventi diritto si sono recati alle urne. Esplosione di gioia in tutte le piazze, comprese quelle virtuali. Un’ulteriore “sberla”, come la Lega si affretta a commentare, dopo 15 giorni appena dai ballottaggi. Ma chi ha vinto e chi ha perso queste elezioni? Perso è facile da dire, Silviuccio e Confindustria care. Vinto un po’ meno: sicuramente i vari comitati referendari, quello sull’acqua pubblica, sul no al nucleare e sul legittimo impedimento più i partiti tipo Federazione della Sinistra, Italia dei Valori e Sel, che sin da subito hanno appoggiato con tantissimi banchetti in tutta Italia la raccolta firme per la presentazione dei quesiti. Ha vinto la base del Pd (ancora una volta), che inizia a pesare un po’ di più nel partito, anche dopo i voti di Milano e Napoli, che hanno spinto la dirigenza ad appoggiare in toto tutti i referendum, anche se i mal di pancia sono stati molto forti. Ha vinto la società civile, la cosiddetta “riscossa civica” (che, personalmente, le ha già scassate), che per una volta, al di là dei partiti di appartenenza, si è recata a votare, stracatafottendosene degli appelli dei leader al non voto che, pur di portare a casa la pagnotta, sicuri che un confronto ad armi pari avrebbe sgretolato ulteriormente il loro consenso nel Paese, hanno preferito arroccarsi sulle posizioni dell’astensione. Bella figura, avete fatto! Le facce a lutto di La Russa, Santanchè, Belpietro e Fede sono sempre una soddisfazione, soprattutto in queste giornate piovose, almeno qui al nord. Non ve l’aspettavate, che portavamo a votare anche gli anziani di 99 anni, come avremmo portato a votare anche quelli che avevano fatto filtrini della loro tessera elettorale?
Spero mi perdonerete l’asperità di alcuni termini, ma quando ci vuole, ci vuole; e spero, anche, che questo bel “vento di cambiamento” continui a spirare ancora un po’ nel nostro Paese, che dopo anni di zaffate pestilenziali, mi sa che proprio non ne poteva più!