Polifemo è una trasmissione “storica” della televisione tarantina. Inventata dal compianto Lello Orzella, da un paio di settimane è stata riproposta da Luigi Abbate, giovane anchor-man di Blustar. La principale novità di questa nuova edizione è il pubblico “in studio”. Abbate inoltre ha dato prova di coraggio, invitando giovani emergenti dell’opinione pubblica cittadina. Fra questi il “nostro” Roberto Polidori e la giornalista Tiziana Magrì. Nell’ultima puntata mattatore indiscusso è stato l’onorevole PDL Pietro Franzoso, protagonista di uno straordinario caso di sdoppiamento a telecamere spente.
- Tamburi, frazione di ILVA di Tiziana Magrì
Eravamo in tre ed eravamo il pubblico; sotto i riflettori 4 i politici invitati a rispondere. Per il Pdl l’onorevole Pietro Franzoso, protagonista indiscusso e solitario del successivo dibattito a porte chiuse e telecamere spente; per il Pd l’assessore comunale con delega al Patrimonio e al Lavoro, Dante Capriulo, per la Regione l’ibrido consigliere SEL, Cosimo Borracino, e per il Pdl il giovane e ripescato consigliere comunale Ugo Lomartire.
“ Onorevole, lei ha detto che a Taranto bisogna parlare di investimenti industriali con forte ricaduta economica. Io le chiedo se in veste di rappresentante dei cittadini tarantini hai mai portato il caso Taranto – città devastata dalla grande industria – in Parlamento, dando per scontata la forte urgenza di interventi a tutela della salute”. “Voglio rispondere alla signorina……” Mancano solo 3 minuti alla fine della trasmissione e Pietro Franzoso, deputato Pdl, cerca di intelaiare argutamente una convincente risposta alla mia domanda. In quel fiume di parole Franzoso dimentica, forse, voci come salute, ambiente, e alternativa economica. La sua terminologia appare un plauso in diretta al “compagno” Riva. E, non solo!
L’assessore democratico Capriulo non risponde alla domanda: “il piano di vendita degli immobili a fine mandato – visti i tempi brevi- potrebbe risultare troppo frettoloso, e non si rischia quindi l’inosservanza delle dovute cautele, il tutto a scapito della collettività tarantina?” Questi sono due dei quesiti – inevasi – che ho posto durante la diretta in qualità di rappresentante dei giovani.
Eravamo lì per un’analisi del voto sulle ultime amministrative nazionali e per discutere sui problemi della città. Beato il pubblico che ha visto e sentito quello che doveva vedere e sentire perchè “in TV nessuno perde. Tutti vendono.” Pensiero di un giovane economista disoccupato.
Ma più si ha sete di sapere, più noi (giovani) non ci siamo accontentati delle poche risposte incomplete: su molte domande si è tergiversato con eleganza.
Nel backstage di un qualsiasi spettacolo gli attori “restano umani”. Ma esiste sempre l’eccezione alla regola. Spente le luci della diretta il dopo Polifemo – trasmissione condotta dal giornalista Luigi Abbate in onda su Blustar tv ogni venerdì in prima serata – è stata un disvelarsi (senza parole) di “dicuntur” sentite per passaparola nella piazza; venedì scorso però queste voci sono diventate verità ricevute a muso duro.
Nel break finale, l’onorevole Franzoso ci ricorda con perizia i fondi stanziati per la riqualificazione urbana e ambientale del quartiere Tamburi. 49 milioni e 400 mila euro del I° Atto integrativo del progetto sottoscritto a Roma dalla Regione Puglia e dai Ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture. A questi si sarebbe aggiunta (il condizionale è d’obbligo, data la tanto agognata attesa) la possibilità di incrementare la dotazione stabilita dall’accordo romano con fondi dell’esecutivo regionale targato SEL, fino a raggiungere 78 milioni di euro. Si tratta di un pacchetto per il riscatto del quartiere – intanto diventato rosso per la sua vicinanza alla più grande industria siderurgica europea, l’Ilva. Laboratori sociali, demolizione dei 400 alloggi di via Machiavelli e via Lisippo (case parcheggio), costruzione di nuove abitazioni, caratterizzazione e bonifica delle aree, realizzazione (un sogno!) di una foresta urbana etc etc. Ci ricorda tutto Franzoso. Tutto!
Ma la risposta alla domanda non è completa e lo faccio notare a Franzoso quando non siamo più in diretta: mi sembra scontato ricordare all’onorevole che il suo brand Ilva non deve fargli dimenticare che è eletto dalla provincia e da Taranto, suo capoluogo di provincia, e che è suo dovere tutelare la salute dei tarantini. E’ anche suo dovere pensare ad un’alternativa economica per la città.
Risposta scontata: da imprenditore lui ribatte che l’unica possibilità economica per i giovani tarantini è l’industria. “Sì sì fatela chiudere l’Ilva poi vediamo come dovete fare”. I 70 mila disoccupati tarantini restano il ricatto di chi come lui non ha la volontà di programmare un futuro diverso. “ Forse lei non ha mai vissuto al quartiere, anzi non è mai passato nei giorni di forte vento. Anzi, è certo. Non sa cosa vuol dire raccogliere quel finto terriccio rosso che brilla a diamante. Piacevole allo sguardo fino a quando non penetra nei pori del viso, negli occhi irritati. Fino a quando riesci a respirare. E poi c’è degrado, disoccupazione.” Lui, risponde “Ai tempi del mio amico presidente della circoscrizione Danilo Crocco adottammo un programma di politica sociale sul quartiere: vennero assunte 1000 persone”. Sbalordita dalla superficialità spaventosa gli ricordo che il quartiere è popolato da circa 20 mila persone e che, in proporzione, i numeri non ci stanno proprio come atto di buona volontà. “Ah! – esclama – se le 13 mila unità fossero state assorbite dal vostro quartiere vi andava bene l’Ilva!?” Sono affermazioni che creano momenti di imbarazzo tra gli ospiti, ma a parte noi (io, Domenico Cinquegrana e Roberto Polidori) i V.I.P. non professano parola. Neanche i V.I.P. di “sinistra”. Dal canto suo Franzoso è uno che cura i suoi interessi economici. Infatti, tutti sanno che alcuni membri della sua famiglia sono titolari di aziende (Iris S.r.l. intestata lla moglie almeno fino al Settembre 2010) appaltatrici all’interno del colosso siderurgico. Per cui è legittimo domandarsi se non vi sia conflitto d’interesse con il suo ruolo di componente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che indaga anche su eventuali illeciti commessi nello smaltimento dei rifiuti industriali perpetrati dalle aziende industriali come ILVA, Cementir ed ENI (ed anche le aziende appaltatrici di questi colossi).
- Ricatto occupazionale: un altro modo di fare beneficienza di Roberto Polidori
“Lei crede che la Provincia di Taranto versi in una situazione economica migliore rispetto al resto della Regione Puglia e al resto delle Provincie del Sud amministrate dal centro-destra?”. Questa la mia unica domanda posta all’Onorevole Franzoso durante Polifemo di Venerdì scorso. Una domanda di “sistema” che necessitava di un’ampia risposta, incompatibile con i tempi stretti della diretta e con l’autorefenzialità dei rappresentanti delle Istituzioni che, sopratutto quando numerosi, devono concentrarsi su pochi argomenti che siano succulenti da un punto di vista elettorale.
In verità l’argomento del giorno è stato (e rimane) il rischio di licenziamento per i 712 dipendenti di Teleperformance, su cui Siderlandia ha scritto molto nel numero precedente. Era prevedibile e in parte giustificabile che il tema di attualità determinasse una convergenza di valutazioni sulla delicata questione da parte dell’On. Franzoso, dell’Assessore Capriulo, del Consigliere Lomartire e del Consigliere Borraccino: si tratta del destino di 712 famiglie. Mi aspettavo, però, che una volta sviscerato l’argomento, gli invitati avrebbero risposto alle domande, alcune molto intelligenti e molto scomode, fatte da altri. E invece niente, a parte Dante Capriulo che parla di spazi per le Associazioni di Taranto e di un bando interessante.
Da registrare l’incredibile performance del consigliere PDL Lomartire che inscena uno spettacolo elettorale onestamente ridicolo; a metà serata saltano fuori dalla cartellina che si è portato dietro i rilievi della Corte dei Conti sulle irregolarità del bilancio della gestione Stefano, attaccando chi è stato titolare della delega al Bilancio negli ultimi anni (fra cui Capriulo appunto, sollevato da alcuni mesi). La Corte dei Conti è un organo dello Stato con funzioni giurisdizionali ed amministrative di controllo in materia di entrate e spese pubbliche; è l’organo tecnico per antonomasia e bacchetta tantissimi comuni (andate su Internet per verificare). Fa specie che un consigliere Comunale del PDL picchi duro l’assessore di un’amministrazione comunale che ha avuto a che fare con il dissesto più grave che un Comune italiano abbia mai subito in termini di debito pro-capite (900 milioni di Euro e forse qualcosa in più); soprattutto quando, poi, il dissesto è stato causato dalla dissennata amministrazione Di Bello – un’amministrazione non esattamente di centro-sinistra.
Ho provato a riproporre la domanda all’Onorevole Franzoso fuori onda quando, tra un cornetto e l’altro, costui battagliava con Tiziana Magrì sui morti dei Tamburi; il senso della mia domanda era questo: il tasso di disoccupazione della nostra Provincia si attesta al 12,5%, in netto incremento rispetto all’anno precedente come in tutto il Sud Italia, nonostante l’incremento di domanda d’acciaio che ha fatto ripartire la nostra industria pesante e parte dell’indotto industriale. Taranto è intrappolata in una monocultura governata dall’acciaio, perché l’acciaio ha bisogno di energia (Edison ed Eni) mentre il cemento (Cementir) e l’acciaio sono indispensabili per l’edilizia. Non si potrebbe cominciare a pensare a qualcosa di alternativo all’acciaio, tenendo anche conto del fatto che l’ILVA inquina un tantino, si muore un po’ di cancro e (forse) c’è qualche caso in più di malattia immunitaria?
Ricordo all’onorevole Franzoso che l’ILVA dovrebbe utilizzare le migliore tecnologie disponibili e l’Onorevole mi risponde che io dovrei spiegargli cosa sono le migliori tecnologie disponibili e dove sono. L’onorevole ha ragione ma così dicendo mi dimostra di non essersi posto un problema fondamentale: se un’azienda ci dice che applica le migliore tecnologie disponibili e non c’è modo di accertare che queste siano realmente tali e che le abbia applicate forse esiste un margine di “libertà produttiva” un po’ troppo ampio (asimmetria informativa). Circa il Dgls 155/2010 l’Onorevole mi dice, ancora giustamente, che il decreto salva-ILVA ha riportato (aumentandoli) i limiti di emissione del benzo(a)pirene a quanto previsto dall’originaria normativa europea fino al 2013. Benissimo, è certamente così: l’onorevole “mi rimbalza” anche in questo caso. Mi domando però come mai si sia andato a peggiorare un Decreto Legislativo precedentemente approvato in Italia che per una volta era migliore di quanto previsto dall’Europa.
So bene che nel sistema economico e produttivo attuale l’acciaio è insostituibile (si pensi a Fincantieri e alle manifestazioni di altri “disoccupati” dei cantieri navali); in quest’ottica ILVA è un concentrato di interessi economici incredibile: produttivi (produce il 40% dell acciaio italiano), occupazionali (è la fabbrica con il maggior numero di dipendenti in Italia), sindacali (il sindacato deve tutelare il lavoro e la salute dei lavoratori), economici (non solo del proprietario ma anche dell’indotto), politici (barcamenarsi tra tutela della salute e lavoro non è facile).
Faccio presente all’Onorevole Franzoso che l’ILVA produce senza AIA (i cui termini di ottenimento sono differiti ad arte da un governo ammiccante). L’AIA è l’Autorizzazione Integrata Ambientale, un nulla osta a produrre nel “rispetto di alcuni standard e principi” che permettano in sostanza un abbattimento progressivo dell’impatto ambientale di talune produzioni in accordo con le Migliori Tecnologie Disponibili (BAT), nell’ipotesi tutta da dimostrare ma verosimile che le tecnologie miglioreranno (e quindi le industrie dovrebbero generare meno esternalità). “Potremmo fare l’esempio delle emissioni inquinanti delle autovetture Euro3, Euro4 Euro5: le auto più inquinanti sono state progressivamente eliminate dal mercato prevedendo incentivi all’utilizzo di auto meno inquinanti fino ad arrivare all’obbligo di produzione di autovetture di ultima generazione; è chiaro che alcune attività industriali particolarmente inquinanti prevedono valutazioni più cogenti relative al posizionamento degli impianti: alle cokerie ILVA, ad esempio, non sono applicate BAT tali da poter ridurre l’impatto inquinante del benzo(a)pirene sugli abitanti dei Tamburi” (Intervista ad Alessandro Marescotti pubblicata su Siderlandia in data 23/02/2011). A causa della mancata concessione dell’AIA su 1.200 impianti (tra i quali il più grande è l’ILVa) la Comunità Europea ha condannato recentemente l’Italia a pagare qualche miliardo di Euro per infrazione della Direttiva Europea IPPC. Taranto è inoltre il polo industriale italiano in cui si produce una grande quantità di CO2 contravvenendo il Protocollo di Kyoto 2008-2012 (Kyoto club su dati ISPRA-IPCC) e contribuendo a causare multe di circa 2 MLD di Euro.
Ecco che l’onorevole parte all’attacco: “Lei non ha rispetto per 13.000 operai e per le loro famiglie; speriamo che raddoppino l’ENI”; ecco la tattica evergreen che tante volte ho denunciato da Siderlandia; questa volta rispondo io : “Onorevole: proteggersi dietro 13.000 scudi umani non è molto onorevole, tanto più quando un certo tipo di imprenditoria e di cultura manageriale li sta rendendo sempre più schiavi”, e gli spiego di aver organizzato un forum nel quale i pochi operai accorsi ci hanno chiarito che sanno bene di rischiare molto in fabbrica, sanno bene di non respirare aria di montagna, ma sanno altrettanto bene di avere mutui da pagare. Gli spiego anche che il contratto integrativo ILVA è così “generoso” (!!!) perché nel 2007 c’è stato uno sciopero unitario riuscito all’80%, non certo per la magnanimità dell’ing. Riva, che con ILVA credo guadagni qualcosina. Ecco che esce fuori la verve “imprenditoriale” dell’onorevole: “Provi lei a fare imprenditoria. Prima di Riva il Governo doveva intervenire in Italsider a suon di migliaia di miliardi di lire per coprire i buchi di bilancio”. E’ vero, la storia insegna che lo Stato è intervenuto spesso in Italsider per ripianare i danni; mi chiedo però chi stia pagando ora, come allora, i danni da inquinamento (in termini di salute), le multe comunitarie e i danni di certa imprenditoria che crea società cattive da far fallire (scaricando tutti i danni su pubblico ed altri privati), chi paga per le società che vivono sulla cassa integrazione passata da mamma-Stato, chi paga per le errate scelte imprenditoriali che condizionano la vita di una collettività per decenni. Paga la collettività, appunto. Per capire quanto fosse facile vivere a Taranto in passato con ditte private appaltatrici dell’ILVA e della Marina basta leggere l’ampia bibliografia di Peppino Stea e Roberto Nistri (che su questo sono d’accordo). Teleperformance, del resto, ha sfruttato per bene i contributi statali e regionali prima di dichiarare che la Direttiva Sacconi la mette in ginocchio. E dove sta l’iniziativa privata ed il rischio d’impresa? Dov’è la “distruzione creatrice” di Schumpeter? E’ facile nascondersi dietro gli operai quando hai le spalle coperte da mamma-Stato. Questa volta l’onorevole se ne va con il consigliere Lomartire sotto il braccio: un uomo del fare. Mentre usciamo da Blustar ribadisco il concetto che avevo spiegato a Tiziana il giorno prima quando mi poneva questa domanda: “Ma non abbiamo già dato tanto?”. Ho risposto: “Tiziana, la politica della monocultura industriale, come vedi, crea rendite private grandi e piccole difficili da sradicare; altro che turismo: qui mi sa che questa imprenditoria vorrà di più”.
Il senso del discorso è ancora più chiaro alla luce di quanto mi ha detto l’Onorevole prima di uscire: “non vorrà mica mettere il naso nelle organizzazioni aziendali private”. Per carità: l’importate è che siano realmente private!