di Salvatore Romeo (’85)
Ci sono parole, termini e vocaboli, che si ripetono nella nostra quotidianità. Vocaboli che entrano a far parte della nostra vita; ci accompagnano fino a quando non cadono in disuso, sostituiti da altre più “freschi” ed attuali. Chi non ha mai sentito parlare di PIL? E chi non ha mai giustificato le notti insonni con l’aumento dello “spread”. Tra termini attualmente in “voga”, ve ne sono alcuni particolarmente rilevanti per la città di Taranto: Bat (best available Techniques), VIA (Valutazione di impatto ambientale) e, soprattutto, AIA. Proprio l’Autorizzazione Integrata Ambientale, conduce nei tarentini una reazione pari a quella che gli spinaci hanno su Braccio di Ferro: li rende irascibili e rissosi.
È quasi pacifico ritenere che per circa il 99% dei cittadini di Taranto le conoscenze sull’Aia si fermino al solo acronimo. Ovviamente, trattandosi di un argomento di elevato interesse “tecnico”, non è una loro carenza. Anzi. Come accade anche per gli altri termini fratelli, la loro trasmissione e divulgazione, avviene attraverso gli strumenti di informazione di massa: radio, giornali e telegiornali. L’utilizzo dei primi da parte dei mass media, oltre a garantire aumenti dell’audience, amplifica quello che dai profani delle comunicazioni viene chiamato “l’effetto pappagallo”. Normalmente, (per un’abitudine del tutto italica) a seguito del “bombardamento” mediatico, lo spettatore (o auditore) è indotto ad introiettare alcuni termini e riproporli abitualmente nei propri discorsi, senza ovviamente approfondirne i significati. Ecco giustificata l’esigenza di questa guida (quasi, non me ne vogliano i puristi in materia) tecnica sull’AIA.
Cos’è un impatto ambientale?
La definizione che ne da il testo unico ambientale è la seguente: “l’alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti”. Dunque è una modificazione (negativa o benefica) significativa dell’ambiente e di ciò che lo circonda. Ovviamente, i principali “stakeholder” dell’ambiente sono gli uomini.
Cos’è l’Autorizzazione Integrata Ambientale?
L’AIA è un documento contenuto all’interno della Parte seconda del Testo Unico Ambientale. E’ nata come recepimento di una direttiva Europea (direttiva 2003/87/CE) ed è stata introdotta nel 2005 con il decreto legge n°59 del 18/02/2005. Con l’AIA è stata data vita ad una nuova strategia globale contro l’inquinamento, denominata IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control). L’obiettivo di questo documento è la prevenzione ed il controllo integrato dell’inquinamento, ovvero l’applicazione integrata di tutte le norme per le attività ad impatto ambientale, teso ad evitare (o quanto meno ridurre) le emissioni nell’aria, acque ed suolo (le tre matrici ambientali). È dunque il mezzo normativo che autorizza un impianto a funzionare entro certe condizioni, detto in altri termini, è il mezzo che autorizza un impianto ad inquinare entro certe condizioni di accettabilità. Inoltre l’AIA si propone di entrare nel dettaglio dell’impianto e dei principali processi produttivi, garantendo che abbiano delle buone prestazioni ambientali.
Su quali principi si basa l’AIA?
Oltre che delle principali misure di prevenzione degli aspetti ambientali, il suddetto documento si occupa di definire delle prescrizioni di carattere più generale: l’AIA richiede che venga evitata o quanto meno ridotta, la produzione di rifiuti. Ove questo non fosse possibile, viene posto un significativo accento sul recupero e riciclaggio degli stessi. Rispetto alle precedenti norme, che richiedevano solo una differenziazione e smaltimento dei rifiuti, è un notevole passo in avanti. Vengono inoltre esortate le aziende ad un più efficiente utilizzo delle risorse energetiche. La prescrizione “cardine” dell’Aia è senza dubbio legata all’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, alias BAT.
Cosa sono le BAT?
Ogni organo di (dis)informazione nazionale, oltre che ripetere ossessivamente la parola AIA, ha provveduto all’entrata nella “top parade” delle parole più ascoltate, del termine BAT. Pur non c’entrando nulla con il fumetto di Bob Kane, quest’ultime hanno assunto una aura “leggendaria”. Le Best Available Technologies, c’è da chiarirlo subito, non devono necessariamente essere le “migliori in assoluto”. Quello che sembra un controsenso, in realtà ha una giustificazione economica: una apposita commissione (la commissione nazionale per l’individuazione delle BAT), composta da esperti in campo ambientale ed industriale, decide le migliori tecnologie disponibili, in relazione al trade-off tra efficacia e costo. Dunque verrà scelta non la migliore tecnologia, ma quella che garantisce i migliori vantaggi in relazione al costo.
Il principio A.L.A.R.A. (As Low As Reasonably Achievable)
Ogni qual volta si parla di inquinamento, nella mente affiorano le immagini di nuvole nere che ascendono al cielo o chiazze nere che si disperdono tra le onde del mare. In realtà non tutte le emissioni sono inquinanti. L’inquinamento diviene tale, quando le concentrazioni di sostanze inquinanti misurate superano alcuni limti fissati. Il principio ALARA, in tutela dell’ambiente, afferma che una qualsiasi emissione di una sostanza nell’ambiente deve essere la minore possibile, al di là della soglia massima prevista dalla legge. Per il principio ALARA, fissate le soglie di inquinamento massime consentite dalla legge, un’azienda dovrebbe mantenere il più lontano possibile da queste il valore delle proprie emissioni. La storia ci insegna che non è sempre così. L’introduzione delle soglie risulta determinante per la formulazione di un ultima domanda.
È tutto inquinante ciò che viene riversato nell’ambiente?
Abbiamo visto come, attraverso il principio ALARA si “va oltre” il concetto di soglia. Quest’ultime rimangono in ogni caso uno strumento indispensabile per la tutela ambientale, in quanto permettono di creare un sistema di legge che garantisca il rispetto delle tre Matrici fisiche ambientali (aria, acqua, suolo). Chi supera le soglie infatti, deve rispondere alla legge e alle penalità previste (multe o addirittura chiusura degli impianti). La concentrazione massima accettabile di sostanza inquinante (espressa in mg di inquinante su m3) rappresenta il limite invalicabile: sopra tale limite, l’attività produttiva esaminata risulta inquinante. Per ciò che concerne l’inquinamento atmosferico, questi limiti sono calcolati (anche) a partire dalla quantità di volume d’aria disponibile per l’emissione. Di solito questa quantità coincide con la PBL (Planetary Boundary Layer), ovvero l’altezza di quella parte di troposfera in cui l’emissione inquinante può disperdersi. L’altezza della PBL dipende, a sua volta, da numerosi fattori; tra i principali (vento, stabilità atmosferica, orario del giorno,…) assume molta importanza l’ora del giorno: basti pensare che la notte l’altezza della massa d’aria a disposizione diminuisce notevolmente, facendo aumentare così la concentrazione e, di pari passo, la probabilità di inquinare.
L’intenzione di quest’articolo è di aiutare i cittadini tarantini (e non solo), ad apprendere dei concetti base su alcuni termini che il “bombardamento mediatico” ha introdotto forzosamente. Dunque quando qualche giornalista, sindaco, governatore di regione, presidente e/o proprietario di industria o rappresentante/portavoce di gruppi ambientalisti, proverà a imbonirvi con “torrenti” di termini e parole, senza capirne il nesso, potrete almeno spiegarli che l’AIA non è un noto produttore di carni.
*In questo articolo non è volutamente fatto accenno sulla nuova AIA che entrerà in vigore a Taranto. Le motivazioni risiedono nella volontà di lasciare al lettore la possibilità di leggere il testo e farsi un’idea dei suoi contenuti.
senza contare che BAT a taranto e riferito all’ilva significa anche reparto batterie. mi pare siano 9 in tutto lo stabilimento. ciao