25 novembre: Tra violenze domestiche, femminicidi e stupri. Un’Italia medioevale

Il  25 novembre, si è celebrata la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Siamo abituati a celebrare giornate per bambini del terzo mondo, della memoria, per la ricerca e per diverse piaghe sociali che affliggono il mondo; ma che ancora nel 2012 inoltrato si abbia bisogno di una giornata per ricordare che tante donne nelle omertose mura domestiche ricevono ogni tipo di violenza, non è certo una cosa di cui dovremmo vantarci.

Come ben sappiamo il nostro è quel Paese dove i diritti civili vengono puntualmente minimizzati e rimandati con un “abbiamo qualcosa di più importante di cui occuparci”.

Nello scorso articolo parlai dell’ennesimo no –da parte di pdl-lega-udc- per una legge contro l’omofobia. E proprio qualche giorno fa un ragazzino di 15 anni ha deciso di dare fine alla sua vita perché quella stessa vita che, spensierata e lieta dovrebbe essere a 15 anni, per lui era diventata solo un inferno.

Deriso e schernito continuamente da alcuni ragazzi del suo stesso istituto scolastico, per il suo originale modo di vestire, e la sua presunta omosessualità, Andrea, ha deciso di terminare quelle vessazioni giornaliere, legandosi una sciarpa attorno al collo, facendola finita.

Più o meno succede la stessa cosa con le donne.

In Italia solo il 5% delle donne denuncia la violenza.

Perché così poco? Sono tante le questioni legate a questa dato e quindi a questo non ribellarsi alla violenza!

  • Troppe donne hanno paura di denunciare
  • Molte altre ritirano la denuncia perché minacciate
  • Molte perché non saprebbero dove andare: i centri anti-violenza continuano a subire forti tagli da parte del Governo e spesso si ritrovano a dover dire “non abbiamo posto” ad un donna con i chiari segni di violenza sulla pelle
  • Tante altre donne invece non denunciano perché nessuno ha insegnato loro il rispetto per se stesse, cresciute in un ambito familiare, e in un Paese, fortemente cattolico e machista, sono convinte che uno schiaffone sia una cosa normale. Ma non lo è affatto, perché dopo lo schiaffone, c’è il pugno, poi il calcio e poi forse ti ritrovi sul lettino dell’obitorio con il cartellino appeso al pollice come le decine di donne ammazzate ogni anno.

Sulla violenza sulle donne c’è ben poco da minimizzare e bisogna smettere di pensare che siano panni sporchi da lavare in famiglia.

Perché le urla della tua vicina devono scuotere la tua coscienza e ti devono spingere a comporre quel numero e aiutarla, perché lei forse non può farlo.

La violenza maschilista viene spalleggiata da una totale assenza di parità in troppi ambiti.

Proprio qualche settimana fa, è affiorato un altro dato che conferma l’arretratezza del nostro paese : secondo il Gender Gap classifica stilata dal World Economic Forum l’italia si trova all’80esimo posto, su 132 paesi, come parità di genere.

Cosa significa un dato come questo? Semplicemente che l’Italia è ferma all’800 per quanto riguarda la condizione femminile.

Basti pensare al sud, la percentuale di donne occupate è meno del 17%. Sapete quanto può essere dannoso non avere un impiego nel caso in cui, il matrimonio si trasformi una prigione, dove colui che aveva promesso di amarti e onorarti si trasforma in una diabolico carceriere che ti umilia e ti aggredisce quotidianamente.

Come fanno queste donne ad uscirne fuori se non hanno un’indipendenza economica?

Spesso le stesse famiglie di queste donne, voltano le spalle, perché c’è ancora una normalizzazione della violenza domestica.

Nel momento in cui una donna decide di denunciare il suo aguzzino con il quale convive o no, viene lasciata completamente da sola.

Spesso le stesse Forze dell’Ordine, dissuadono queste donne dalla voglia di denunciare chi le picchia quotidianamente, spesso i preti che si fanno messaggeri della pace e dell’amore in famiglia, ti consigliano in modo latente che devi sopportare e non essere egoista se vuoi tenere salda la famiglia, ma dietro queste parole c’è solo una religione bigotta e maschilista che se ne frega anche dei bambini, perché i bambini, che pur non provando la violenza sulla propria pelle, la vedono inflitta su quella della propria mamma, sono comunque vittime di violenza.

I diritti civili e la condizione femminile, e quindi la parità, non sono argomenti di poco conto, ma sono indice di civiltà di un paese, e un paese non è fatto solo di economia, ma di sviluppo e lo sviluppo di un paese si ottiene solo quando tutti i cittadini –con alcuna differenza di genere, orientamento sessuale, religione e razza- ottengono gli stessi diritti e la stessa dignità.

Allora va ricostruita una società migliore così come hanno fatto altre nazioni , che sono riuscite a raggiungere la parità ed un senso di civiltà più alto di quello italiano.

Per fare ciò bisogna innanzitutto lavorare sulle nuove generazioni, educare nella stessa identica maniera i propri figli che siano maschi o femmine, non relegarli in ruoli stereotipati, non appoggiare o invogliare il bullismo e il machismo nei maschietti, ma insegnar loro il rispetto per le donne e per le diversità e insegnare alle bambine ad amarsi un po’ di più, ad essere libere, a volere una propria dimensione, una propria autonomia, a coltivare i propri sogni e desideri, perché le donne sono donne anche senza famiglia o figli, perché le donne hanno tutto il diritto di lavorare, di studiare e di realizzarsi, e che crearsi una famiglia deve essere una libertà e non un’imposizione sociale.

La violenza viene consumata troppo spesso sotto lo sguardo indifferente della gente, ed è quello che è successo a Carmela, un caso atroce accaduto proprio a Taranto.

Nell’aprile del 2007 Carmela Frassanito, una ragazzina di soli 13 anni, si suicidava lanciandosi dal 7° piano di un edificio di un quartiere tarantino.

Aveva subito violenze la piccola Carmela, da diverse persone, alcune delle quali anche minorenni.

Quando l’hanno ritrovata era devasta, sotto effetto di anfetamine, distrutta.

Nessuno ha creduto a Carmela, che nel frattempo è stata trasferita da un centro all’altro, e questo non ha fatto altro che peggiorare la sua condizione, perché in questi centri Carmela non veniva né aiutata e né capita ma solo imbottita di psicofarmaci.

Carmela non era più la stessa dopo la violenza, una bambina come può reagire, come può metabolizzare quella violenza atroce e la consapevolezza di non essere creduta quasi da nessuno!?

Il papà Alfonso, infatti ricorda che molti pur sapendo la fama e la poca raccomandabilità di alcuni degli individui denunciati, nessuno credeva alla storia della violenza perché giudicavano Carmela “strana”, una “spostata di testa”.

Tante sono state le dicerie, a Taranto su Carmela e la sua vicenda, tanta è stata l’ignoranza e l’indifferenza, tanta la solitudine in cui hanno relegato la famiglia di Carmela che dopo più di 5 anni lotta ancora per avere giustizia.

Nel frattempo il papà ha aperto un’associazione per la tutela dei diritti delle famiglie e dei minori, che gestisce con i proventi del libro omonimo della stessa associazione “Io so’ Carmela”.

Carmela è stata spinta dall’indifferenza -e dall’inefficienza della istituzioni- a farla finita a soli 13 anni, e possiamo considerarla a tutti gli effetti una vittima dello Stato.

Così come Carmela anche tutte le altre donne, perseguitate, minacciate, violentate, ammazzate sono vittime dello Stato (molte di queste ammazzate dopo aver sporto denuncia diverse volte). Uno Stato che con il suo silenzio, con la sua mancanza di interventi e aggravanti non fa altro che facilitare la vita di questi assassini, negando la giustizia alle donne abusate e ammazzate e non riducendo la possibilità che chi ha già violentato e ammazzato possa fare ancora male ad altre donne.

1 comment

  1. elena Dicembre 2, 2012 10:41 am 

    un articolo importante, la parola e l’espressione del proprio sentire, del proprio dolore e della propria voglia di vivere la vita e la gioia e un mondo più lieto e giusto è fondamentale , non bisogna mai smettere di avere fiducia che lo sia. siano parole dette da noi o dette dagli altri, che ci ricordano che parlare è una scelta migliore che tacere e subire o mettere sotto il tappeto.. grazie per l’articolo e per la volontà di ogni persona coinvolta. ogni gesto in favore della non-violenza è un messaggio di speranza.

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