di Rita Taccardi
NOMOFOBIA, arriva dall’ Inghilterra questo nuovo termine, che sempre più spesso sta delineandosi anche in Italia. Cos’è la NOMOFOBIA? Non spaventatevi non è una nuova malattia, ma quasi. Questo termine sta ad indicare la forte angoscia che colpisce un individuo all’idea di perdere il cellulare o di restare disconnessi dai social network per più di una giornata. Questo fenomeno, se così vogliamo definirlo, iniziò già a delinearsi nel periodo della “Generazione dei pollici”, mostrando la tendenza degli adolescenti e dei giovani nel digitare messaggini senza sosta. Oggi però la situazione è degenerata grazie alla nascita dei social network e dei vari siti che consentono di avere risposte immediate in qualsiasi posto e in qualsiasi momento. La statistica sulle nuove community assegna il primo posto come leader indiscusso a Facebook con più di 22 milioni di utenti, che sono giornalmente in crescita; successivamente troviamo Twitter che è al secondo posto dei social network per diffusione con una crescita del 120% negli ultimi mesi. Leggendo qualche intervista fatta allo scrittore Phil Marso, autore nel 2004 del primo libro sul linguaggio degli sms, egli stesso dice: “Una buona parte della popolazione pensa che quando non è connessa si sta perdendo qualcosa e se si perde qualcosa non si può reagire prontamente e questo sviluppa forme di ansia e nervosismo. Tutto ciò distrugge la fantasia poiché tutto è a portata di mano e non c’è più spontaneità, il tutto uccide la bellezza dell’inaspettato.” Quali più veritiere parole; i nostri tanto usati e affidati social network ci stanno rovinando e molto spesso rovinano anche la vita privata della gente che ne fa uso. Facciamo qualche esempio: il reato più comune legato a Facebook? La diffamazione. Sempre più sono le persone che ricorrono ai social network per esporre i propri pensieri contraddittori o insulti nei confronti di qualcuno: questioni religiose e di politica costituiscono il campo in cui l’espressione del proprio pensiero sfora i limiti del rispetto di quello altrui. Anche la pubblicazione di foto di amici in atteggiamenti imbarazzanti o qualche battuta di troppo costituiscono reato.
Molto comodo approfittare di questi mezzi per diffamare: che tipo di individuo/a può essere uno che fa affidamento ad una tastiera ed uno schermo per offendere altre persone? Sicuramente una persona che non sa affrontare un dialogo diretto. E permettetemi di dire che chi si nasconde dietro uno schermo e spia continuamente le bacheche altrui oppure quelle private di un personaggio pubblico deve capire che determinati mezzi di comunicazione come i social network servono a formare delle comunità che non siano bieca lotta o spionaggio continuo come succede nella realtà.
Quando utilizziamo la tastiera del nostro pc dobbiamo sempre ricordare ciò che dicevano i latini :” VERBA VOLANT, SCRIPTA MANET” ovvero le parole volano, ma lo scritto rimane.
L’attività giornalistica ad esempio è un contraltare della diffamazione, bisogna sapere che siti come facebook, twitter, news group o blog non sono quasi mai mezzo d’informazione, quindi chi insulta o discrimina la personalità altrui o ancora l’aspetto e l’ideologia altrui non può invocare a sua discolpa il diritto di cronaca e di critica. Molti credono che il diritto di critica sia un qualcosa di indipendente dall’attività giornalistica e quindi spetterebbe a chiunque, anche all’utente di Facebook: tutto ciò è sì lecito, ma sempre rispettando i canoni imposti dalla Cassazione : UTILITA’ realmente sociale dell’informazione; VERITA’ dell’informazione; FORMA CIVILE dei fatti. Sono questo condizioni molto severe, che non vanno tralasciate solo per esprimere il proprio parere negativo nei confronti di qualcun altro. E se a volte una parolaccia può sembrarci appropriata… ”MEDITATE GENTE,MEDITATE!”
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