di Sally
Un amico mi ha chiesto di scrivere un articolo, e io subito ho addotto la scusa di avere, cito testualmente,” un cazzo di blocco dello scrittore”.Vero, ma poi pensandoci mi sono ritrovata con un’idea fissa in testa, nata ormai diversi giorni fa, precisamente il 25 novembre. La giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Questo non è un articolo, in effetti, ma nemmeno è una confessione, badate bene, né una liberazione. Solo qualcosa da raccontare, e se non la metto giù adesso non riuscirei mai più a parlare di altro.
Ma partiamo dall’inizio.
Estate fra la quarta e la quinta elementare, profumo di pini e pomeriggio assolato.
In uno scantinato, quattro ragazzi poco più grandi di me mi insegnano parole che non avrei mai voluto sentire, ma soprattutto mi insegnano che il mio corpo, fino ad allora complice ed alleato per arrampicarmi sugli alberi, giocare a nascondino e imparare cose nuove, può racchiudere un dolore infinito. Un dolore profondo, intimo, malvagio, che ti scava dentro e butta fuori ogni gioia, ogni scoperta, ogni stupore. Di colpo rinsecchisci, come un ramo che si spezza un po’, non quanto basta per cadere, ma tanto per non ricevere più linfa. Le mani e i piedi sembrano buttati alla rinfusa intorno al tuo petto, caldo e dolorante. Senti battere il cuore, forte, preoccupato ti avvisa che sei ancora viva. Pensi che non potrai mai più sorridere, che non potrai mai più giocare. Pensi che il tuo mondo non ha più colori, che non ci saranno mai più sorrisi appena alzata, a salutare un altro giorno di piccole difficoltà e grandi scoperte. Ti domandi perchè, cosa hai fatto. Chi ti ha punito così? Come puoi aver fatto tanto male, nella tua minuscola vita, da meritarti un castigo simile? Poi non pensi più niente, piangi. Di un pianto diverso, difficile, che viene da una caverna dentro, di cui non conoscevi l’esistenza. E che da quel momento ti accompagnerà per sempre, perchè hai scoperto cos’è la morte. E cos’è la paura.
Sono cresciuta, e per anni ho tenuto dentro quel dolore, silenzioso, in testa e nel ventre.
Ero un’adolescente complicata e incasinata, e mio padre, che era stato abituato a risolvere le cose così, e aveva vissuto in un mondo difficile, spesso mi lasciava in faccia e sul corpo i segni del fatto che non sapeva come gestirmi.
Io la maggior parte delle volte mi nascondevo, mi rattrappivo, fuggivo, chiudevo a chiave le porte. Anche mia madre aveva un passato, e a volte, quando mio padre si infuriava, leggevo nei suoi occhi lo stesso terrore che c’era nei miei. Lei non si muoveva, mi vedeva li, dolorante, da sola a mettere il ghiaccio sul labbro o sull’occhio, ed era come immobilizzata. Come se mi stesse chiedendo scusa in silenzio, e lentamente scivolando in un senso di colpa eterno, quello che accompagnava anche me.
E per il mio dolore, per quello di mia madre, per quello di sua madre, a 17 anni ho alzato la testa, l’ho guardato negli occhi e ho detto:” Picchiami ancora, tanto non puoi più farmi male”. Da quel giorno neanche uno schiaffo. Poi, poco tempo dopo, sono andata via. Mio padre, facendo un enorme sforzo per un uomo cresciuto nel suo tempo, mi ha chiesto scusa con le lacrime agli occhi. Ed è cambiato. Radicalmente. Nonostante la lontananza non c’è giorno che non dimostri quanto abbia recepito il dolore che ha provocato, e quanto sia profondamente pentito di aver seguito una strada, l’unica che conosceva, che non gli corrispondeva. Io tanto l’ho già perdonato, quando ho visto il suo sguardo quel giorno. Aveva capito, e più tardi avrebbe anche conosciuto il mio passato.E avrebbe trasformato, diciamocelo schiettamente, il mio senso di colpa nel suo. Adesso, da molti anni a questa parte, è un padre adorabile, che parla le ore al telefono solo per sapere come sto, che non ha paura di abbracciare una figlia mai abbracciata prima dei 17 anni.
Purtroppo non tutti gli uomini che sbagliano riescono a cambiare. Alcuni non si troveranno mai di fronte alla verità. Alcuni non capiranno mai la bassezza alla quale sono disposti a scendere per un minuto di piacere, o per uno strano istinto di supremazia. Alcuni sono spietati, punto. Come quei ragazzi di tanti anni fa, scusa non me l’hanno mai detto.
Ma sono loro a sbagliare, donne. Non noi. Non c’è un motivo al mondo, uno, dico davvero, per cui un uomo possa arrivare a violentare o distruggere la faccia ad una donna, non c’è giustificazione che tenga, non c’è scusa plausibile.
E qui arrivo al punto in cui vi spiego perchè questo “articolo” non è firmato.
Non mi vergogno di quello che ho scritto, non lo rinnego. Ma vorrei non avere un volto, un nome.Vorrei essere una delle tante. Perchè?
Primo. Per gli uomini che ancora non sono cambiati.
Per mia sfortuna, pur essendo pacifista convinta, ho spaccato il naso a un tizio perchè mi voleva far sentire come la bimba di tanti anni fa. Beh, suppongo non lo rifarà tanto presto. Non voglio avere un volto pr oprio per essere una minaccia, perchè tutte possano sentirsi come me, forti, pronte a difendersi.Con tutti i mezzi. Quindi, uomo avvisato. Pensaci due volte.
Secondo. Per le donne che ancora non sono cambiate.
Voglio che mi sentiate, davvero, e se non sapete chi sono posso essere chiunque. Sono la donna che vi sta di fianco col carrello, quella seduta al cinema, quella seduta alla scrivania di fronte alla vostra, quella che sposta i bancali con voi. Sollevo lo sguardo, vi sorrido. Non siete più sole. Non lo siamo più. Alziamo la testa insieme.
Hai scritto:”Un amico mi ha chiesto di scrivere un articolo”, e io dopo averlo letto ho pensato meno male che l’ha scritto.
Grazie Sally di scrivere così
Il coraggio che hai avuto nello scrivere questo articolo non è da tutti. Così come il tenere testa a questi uomini padroni e prepotenti. Ma la cosa più bella è l’aver perdonato tuo padre, che conosceva solo quel metodo per cercare di tenere a freno la sua figlioletta scalmanata. Mi dispiace tanto per la tua adolescenza cancellata in pochi attimi…..
Per Mafalda, Grazie a te, di averlo letto, e di aver scritto parole così belle. É stato difficile, ma non posso fare a meno di pensare che il merito è soprattutto di quell’amico, che forse ha intuito il mio bisogno di dire qualcosa…e mi ha dato la possibilità di farlo, sostenendomi e spronandomi con determinazione e pazienza. Quindi…ti ringrazio per il dono!
Per Anna Maria: grazie anche a te, per i complimenti e per il pensiero…è vero, la mia infanzia e la mia adolescenza sono state schiacciate da una serie di eventi troppo grandi per poterli gestire serenamente. Son volate via…ma conto di rifarmi con una nuova consapevolezza, adesso che sono donna, sono comunque ancora giovanissima (o quasi)…e parto dall’aver scritto questo articolo! Perchè , di fatto, non mi sento più sola, e vorrei che tante altre si sentissero come me.