Il gran ballo dell’istituto “Italia”

di Salvatore Romeo

In uno dei più verdi meandri del pianeta, in un luogo piccolo e trascurato dalle cartine politiche internazionali, dimora un antico istituto scolastico. L’istituto scolastico superiore “Italia”, più precisamente. Come da tradizione, la maggior parte delle scuole sparse nel Mondo ha delle consuetudini che devono essere rispettate, perché ben radicate nella propria storia; c’è chi riproduce la Natività, nella seconda metà di dicembre (per l’incontenibile gioia delle videocamere che vengono risvegliate da un lungo letargo dai cameramen-genitori per poi essere tristemente condannate ad un altro anno di inutilizzo); chi prepara delle enormi feste di fine anno scolastico, che si concludono immancabilmente con i professori, di tute le sezioni, intenti a pilotare un enorme trenino brasiliano, al grido di “Brigitte Bardot”. Nulla di tutto ciò accade all’istituto superiore “Italia”: la più grande usanza del comprensorio è l’organizzazione del “Grande ballo del comprensorio Italia”. Normalmente questa enorme festa, riservata ai soli studenti maggiorenni, viene pianificata ad intervalli regolari, ogni 5 anni, ma di sovente è necessario organizzarne molte di più. L’attività di maggior interesse dell’intero periodo inerente il gran ballo risiede senza dubbio nell’elezione del “miglior gruppo studentesco” dell’intero istituto. Ogni gruppo, come ogni squadra che si rispetti, elegge internamente un suo “capitano”, un’esponente fidato che si faccia portatore delle idee/interessi di ciascun gruppo e, possibilmente, ma non è sempre necessario, che agisca per il miglioramento dell’intero comprensorio. Al riconoscimento di gruppo migliore del gran ballo, che si terrà in una data molto prossima alla fine del mese di febbraio, si sono proposti principalmente cinque differenti gruppi, capitanati da un egual numero studenti.

Il primo di questi potete immaginarlo come il classico bravo ragazzo: alto, magro, vestito sempre in maniera inappuntabile, con sorriso e cravatta di circostanza sempre ben presenti. E’ il preferito dai suoi professori: risponde sempre puntualmente alle interrogazioni e non ha mai fatto un giorno di assenza. Anzi no, un giorno è mancato anche lui alle lezioni, ma solo perché è andato a donare il sangue. Inoltre se lo spiate all’uscita della scuola, lo proteste trovare sicuramente intento ad aiutare qualche vecchietta ad attraversare lo stradone trafficato che lo separa dalla sua lussuosa limousine. E’ sicuramente un candidato che esprime fiducia al primo sguardo! Ma c’è gente che potrebbe giurare di averlo visto intento a strattonare le vecchiette verso le automobili in corsa, salvo poi ri-trattenerle a se con un brusco movimento del braccio, solo per guardare l’”effetto che fa”. Molti studenti sono convinti inoltre, di aver osservato sul suo volto liscio e sicuro, delle espressioni di godimento per alcune interrogazioni andate male ad alcuni suoi compagni (di scuola ovviamente). Molti altri sono sicuri che sfoggi con insolenza e superiorità ai figli degli operai e dei piccolo borghesi, maggioranza nella scuola, i cellulari di ultima generazione che il padre gli compra con cadenza mensile. E a volte viene il dubbio che il quadro che lui custodisce gelosamente nell’armadietto, non sia il nonno centenario, come lui spesso afferma, ma la rappresentazione della sua anima nera e contorta, del suo “Io” interiore così follemente diverso dal suo aspetto pubblico.

Ma sulla sua integrità morale è pronto a giurare il preside dell’istituto, una figura vitale a primo impatto ma dai risvolti tristi e solitari. Gode della fama, riconosciuta da professori e studenti, di figura carismatica e saggia ma nella sua condotta qualcosa non convince. Da sempre contro le raccomandazioni e le “promozioni facili” , ormai una consuetudine nel suo istituto, ha affidato temporaneamente al suo pupillo la carica di “reginetto” della scuola, suscitando l’ira, prima, e la rassegnazione, dopo, di molti degli studenti interessati a quella carica.

Tra di loro c’è una ragazzo, secondo candidato al titolo di “reginetto”. E’ severo ad austero, pronto a tutto pur di riconoscere la sua indipendenza contro un sistema che non accetta né riconosce. E’ di animo buono, gentile ma risoluto nell’attaccare tutti i suoi rivali, apostrofandoli con termini ed espressioni dure e minacciose come “schiavo dei ragazzi più forti” od “cocco del preside”. L’impressione generale degli studenti è che potrebbe fare di meglio. Ma questo ragazzo ha un ulteriore grossa qualità: l’estrema coerenza delle sue azioni. O meglio ciò è quello che cerca di far credere a se e agli oramai disincantati studenti dell’istituto. E non importa che lui cerchi di dimostrare di avere “spalle forti e resistenti” o di essere capace a governare da solo la scuola, senza quel suo amico di bell’aspetto che l’ha tradito e di cui si dichiara a giorni alterni nemico e alleato. In cuor suo sa che se il cellulare squillasse e comparisse il “suo” numero, tornerebbe da lui, come un ragazzo tradito ma ancora innamorato tornerebbe dalla sua traditrice. Ma in questo idillio c’è un terzo incomodo, un fedele compagno di giochi. Segue il suo amico come un ragazzo brutto ne seguirebbe uno bello ed arrogante solo per poter uscire con lui la sera e conoscere nuova gente. Ed è eternamente indeciso se abbandonare gli abiti larghi e consunti per sorrisi e cravatte di ordinanza; se rinnegare gli occhialoni spessi per un paio di scarpe di pelle nera, che lo renderebbero sicuramente al centro dell’attenzione al grande ballo dell’istituto. Ciò che lo fa intimamente tentennare è la possibilità di schierarsi per il terzo candidato al titolo di “reginetto”.

Questo studente è esattamente agli antipodi rispetto al belloccio, primo aspirante “reginetto”. E’ alto e magro si, ma con un aspetto ed un andatura trasandati e sciatti; ma ha degli ideali ed una grossa morale e li difende irrefrenabilmente contro chi lo accusa di non essere sufficientemente bello e presentabile per essere eletto “reginetto” del grande ballo. Il suo grande obbiettivo è vincere l’indifferenza generale dei suoi compagni (e questa volta nel termine più “aulico” della parola); a tale scopo ha deciso di accettare l’”aiuto” che diversi compagnucci di scuola gli hanno “generosamente” concesso. Ma dentro di se sa di dover prestare attenzione a molti di loro; non si fida sa che l’obbiettivo di alcuni di loro è solo quello di raggiungere la notorietà all’interno della scuola per poi “flirtare” con qualche compagnia meglio assortita. Ma sa di non avere alternative se vuole provare e a cambiare l’andazzo intrapreso all’interno dell’istituto: deve ingroiare il boccone amaro.

Il quarto candidato appartiene a quella che, nella scuola tra gli studenti, viene soprannominata “fazione opposta”. Opposta a chi non è ancora ben chiaro. A comporla è un gruppo nutrito di ragazzacci, gli “schifati” della scuola. Sono gli scapestrati, figli di famiglie “bene” della zona che hanno liberamente deciso di dedicare le loro esistenze all’oblio che solo lo sperpero del denaro può donare. Sono cattivi, rissosi, ladri e razzisti. Scorrazzano per i corridoi infastidendo le studentesse più carine ed insultando gli studenti più deboli ed indifesi. Insomma sono malvisti dalla quasi totalità della scuola. Eppure questa fazione è la più rappresentativa nell’”albo d’oro” dei vincitori del “gran ballo” dell’istituto “Italia”. Vi sembra strano? Ma è un paradosso tipico dell’”Italia”: durante l’orario scolastico gli studenti e professori tutti sono concordi nel rinnegare i loro atteggiamenti e nel tenerli deliberatamente il più possibile lontano dalle decisioni importanti che dovranno essere intraprese. Ma la notte, nel buio e la solitudine delle loro camere da letto, molti “italiani” (così si fanno chiamare gli studenti dell’istituto “Italia”) sognano di loro, dei loro comportamenti aggressivi e strafottenti, dei loro insulti razziali e verso i più deboli, della loro sete di “moneta” ed immeritato successo. E nell’anonimato delle votazioni, si riprendono la loro fetta di “orgasmo elettorale” segnando il simbolo del gruppo, salvo poi rinnegare tutto alla “luce del sole”. Trionfi la democrazia!

Infine vi sarebbe un quinto candidato. Sempre irascibile, presuntuoso e maleducato con i professori e gli altri studenti, cammina per i corridoi accompagnato da uno sparuto gruppo di fedelissimi. Utilizza i suoi modi bruschi ed intimidatori per beffeggiarsi degli altri candidati, senza usare mai ne toni ne argomenti che siano costruttivi per la tematiche della scuola. Accusa i deboli di essere troppo deboli, i bulli di essere troppo bulli; gli sporchi di essere troppo sporchi; i puliti di esserlo troppo poco. E’ una figura dispotica e solitaria. Ma non è in cerca una carica che gli dia lustro: lui vuole essere seguito ed adorato; questa la sua perversione. Lui al gran ballo non parteciperà: forse è troppa la paura, qualora fosse eletto “reginetto”, di dover svelare a tutti gli studenti di non avere nulla da dire. Nulla da proporre per il futuro dell’”Italia”.

Il giorno delle votazione è arrivato. Il preside osserva “sonnecchioso” il ballo di cui ne aspetta impaziente il risultato. In cuor suo spera che a vincere non sia il giovane dai fulgidi ideali, né tantomeno la “fazione opposta”. Spera in un accordo tra il “suo pupillo” ed il finto rivale, perché in realtà sogna che le cose rimangano così come sono sempre state: complesse ed inarrivabili. Come la felicità.

p.s. Evitando di sfociare in facili “paternalismi”, vorrei ricordare che l’atto di votare è un DIRITTO/DOVERE di ogni cittadino. Il non votare, pur sembrando, ad una prima superficiale analisi, un atto di ribellione verso una delle classi politiche più indegne della storia dell’istituto superiore “Italia”, fa, in realtà, “il gioco” di chi vince le elezioni per i voti di “claque” e servi “vari”. Dunque dovremmo ricordarci che il futuro dell’”Italia” dipende soprattutto da noi.