di Lucia Schiavone
“Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo”: Primo Levi in “Se questo è un uomo”esprime, da disincantato testimone, l’impotenza, l’afasia del dolore, la debolezza dei progetti della coscienza e del dialogo, la disfatta dei valori e della ragione, una reazione tutta umana, la sua, alla deportazione nel campo di Monowitz(in polacco Monowice)- Buna, appendice di Aushwitz, in Polonia, nel 1944, dove conosce la Verità sulla “soluzione finale”: programmata dal nazifascismo tedesco del ‘900 per estirpare dalla faccia della Terra, col lavoro forzato prima e le camere a gas dopo, tutti gli oppositori politici ed asociali, portava a compimento il progetto di una società perfetta secondo i dettami della potenza, dell’efficienza, del culto dello Stato. Levi, tuttavia, muto per anni, senza più un nome, una famiglia, una cultura, una lingua, una posizione sociale, salvato dal destino e fuori dal Campo, troverà le parole universali ed eterne per descrivere quei fatti ed esprimere indignazione e speranze di memoria oltre ad un monito: “Vi comando queste parole./Scolpitele nel vostro cuore…”.
Ad una settimana dal ritorno nelle nostre “tiepide case” (sempre Levi) dalla Polonia, dopo lunghi, sofferti silenzi, lacrime, e tanti pensieri vaganti terrorizzati tra le immagini che hanno indiscutibilmente ricostruito i fatti di allora, anche noi troveremo le parole della Verità che i Testimoni come Levi ci hanno insegnato. Troveremo le parole per raccontare le indimenticabili giornate tra Cracovia (città nobile, bellissima, ospitale e colta), Auschwitz (in polacco Oświęcim) e Birkenau(in polacco Brzezinka), tra l’11 ed il 16 Gennaio scorsi, di sette scuole superiori di Taranto, l’”Aristosseno”, l’”Archita”, il “Pacinotti”, il “Pitagora”, il “Liside”, il “Falcone” di Sava, l’ IPSS di Crispiano, partite da BA con il “Treno della memoria”, un viaggio che l’Uomo dell’Occidente deve fare per conoscere meglio la sua storia recente. Eravamo ospiti dell’Associazione “Terra del Fuoco mediterranea”, con sede a Lecce, costola della nazionale “Terra del fuoco” di Torino, professionisti dell’animazione culturale e professionisti nei più vari campi volontariamente prestatisi all’animazione culturale, che ogni anno propongono ai Giovani dai 16 ai 26 anni un “loro” Viaggio della memoria, che ci ha cambiati. La proposta d’impegno di TDF si muove nei settori “della memoria e dell’accoglienza”, afferma il suo presidente, Oliviero Alotto, presupposti della pacifica convivenza e dei nuovi indirizzi da dare alla storia dell’Uomo. Il loro motto è “Difendiamo i nostri sogni realizzandoli”: ogni giorno, con impegno di studio e di ricerca storica, di creativa progettualità, di comunicazione, arrivano ai giovanissimi con la credibilità di chi dimostra di aver imparato la lezione della storia e con un coinvolgente, autentico calore umano, ed arrivano agli adulti, con un’offerta formativa e di condivisione che, serissima e profonda, ha conquistato i nostri studenti e formato profondamente noi insegnanti. Troveremo le parole giuste per descrivere cinque giornate di memoria ed impegno, di condivisione, rispetto, sintonia ideale, vissuti nell’essenzialità e nella calorosa convivialità, indimenticabili per contenuti, da cui sono nate amicizie vere e profonde, l’inizio di un percorso di formazione permanente e coinvolgente che accompagnerà la nostra vita professionale e le nostre scelte etiche. Eravamo sette Istituti superiori di TA e provincia ad accompagnare gruppi di studenti di una decina l’uno: ci siamo ritrovati ad essere 800 circa, con ragazzi e docenti del resto della Puglia e calabresi, di cui era difficile, impossibile distinguere in ultimo la provenienza, tutti un’”unica Famiglia”
( dicevano i Ragazzi sulla via del ritorno), accomunata dagli insegnamenti della storia, dalle scelte etiche e da gesti di sincera amicizia.
Troveremo le parole per descrivere gli orrori irragionevolmente e lucidamente crudeli, che sfruttavano manodopera servile (a costo zero) e si gloriavano di aver dato vita ad industrie (delle armi, dell’edilizia) efficientissime; che rastrellavano beni da tutt’Europa e creavano manufatti ricercatissimi (tante Industrie europee sapevano!). Le abbiamo trovate le parole tra le lacrime nel museo dell’Olocausto di Auschwitz, davanti alle vetrine stracolme di valigie, scarpe, pennelli da barba, lucidi e spazzole da scarpe, occhiali, pentole e suppellettili rastrellate ai prigionieri, agli abiti di neonati e bambini, alle montagne di capelli, da cui ricavare tessuti, tagliati ai prigionieri, prima della morte per igiene e dopo la morte per utilizzarli in maniera redditizia nell’industria. Non furono applicate solo le leggi di tutte le guerre, allora, non furono seguite solo le aberranti logiche produttiviste ammesse nei tempi difficili e miseri della guerra, ci fu qualcosa di nuovo e radicale rispetto al passato, aborrito poi fortunatamente da tanti, non ancora da tutti, nel Futuro: uomini dichiaratisi superiori rispetto ai loro simili si ergevano ad unici depositari e garanti del diritto, della giustizia, della legge, del progresso ed escludevano tutti gli altri dal loro esercizio, sciolti dai doveri dell’etica e dello spirito. Ma noi troveremo quelle dimensioni dell’ esistere, le rafforzeremo.
Troveremo le parole della resistenza alle logiche della difesa e dell’autodifesa, alle idee forti, alla “banalità del male” (disse Hannah Arendt) . Troveremo le parole per ricostruire i fatti con precisione, per rispondere e dialogare con chiunque voglia farlo con noi, con i Revisionisti ed i Negazionisti dell’Olocausto, per ricostruire le circostanze delle decisioni e delle politiche di sterminio e anche le connivenze dei Paesi democratici, dell’Europa oggi insignita del Nobel per la Pace nonostante l’inanità davanti ai fatti di Siria e le responsabilità nella questione mediorientale. Parleremo dei silenzi degli Americani, che fotografarono Birkenau (campo di sterminio progettato per questo unico fine), ma non bombardarono mai la ferrovia che fu costruita per trasportare direttamente in questa landa paludosa e malsana della Polonia centromeridionale i convogli da tutt’Europa destinati irrimediabilmente ai forni crematori ed alla fosse di combustione qui realizzati. E le indecisioni della Democrazie alleate, l’indifferenza, il ridimensionamento della persecuzione nazista negli anni della guerra motivato dal profondo antisemitismo delle Chiese cristiane, dall’odio e dall’emarginazione di tutti nei confronti di Sinti e Rom ed omosessuali ed oppositori, etnie e categorie indesiderate ovunque ancora oggi. Conosceremo meglio gli episodi della “crociera” della Saint Louis per Cuba o i progetti di deportazione degli Ebrei in Madagascar o in Etiopia (un’idea tutta italiana) che non riuscirono per le resistenze dei Colonizzatori europei e d’Oltreoceano.
Troveremo le parole ferme della denuncia: dall’ingenua, istintiva compassione passeremo alla rabbia e persino all’assurda forza del perdono e della speranza di riuscire ad essere Umanità nuova, che da vittima dell’odio ne vince le logiche, radicalmente diversa dai carnefici.
Troveremo, stiamo trovando, le parole per descrivere i confini della “zona grigia” tra il Bene ed il male, per parlare dei prigionieri che collaborarono con i macellai, dei Sonderkommando che per ordine degli aguzzini lavoravano nelle camere a gas e nei forni crematori o collaboravano agli esperimenti anatomopatologici o genetici dei Tedeschi, per terrore, convenienza, rassegnazione, disperazione. Parleremo ogni giorno delle nostre “zone grigie”.
Troveremo le parole per parlare della follia della Dignità nei lager, dei “cuori pensanti delle baracche” (E. Hillesum, Massimiliano Kolbe e tanti, tanti ancora), di chi seppe reagire e ribellarsi con l’ Amore: amore per se stessi, per i propri fratelli di qualsiasi razza fossero, per la Verità e per un dio, di chi ebbe la forza di testimoniare la Fedeltà all’uomo ed alla giustizia, al Bene.
Riconosceremo ogni giorno i semi della violenza e l’impostura di certe visioni , ci scopriremo radicalmente mutati e sapremo esprimere i nostri dubbi, la nostra dissidenza, sapremo parlare delle nostre ragioni. Ripartiremo, senza esitazioni, verso mete di partecipazione e solidarietà, verso una Terra pacifica e felice.
Il nostro “Viaggio” è appena iniziato…