Tremendamente belli

di Cosimo Spada

Prima di cominciare questo articolo mi rivolgerò direttamente a voi lettrici.

Care ragazze di tutte le età questo pezzo di oggi parla di Maturità. In senso artistico e non solo, ne parlo anche in senso umano e, peggio, in senso maschile. So che è un argomento che triplica la vostra salivazione e cementifica l’amicizia fra donne (l’amicizia tra donne è un mistero che neanche Voyager è riuscito a risolvere).  Per queste ragioni questo articolo è pieno di paure, prese di posizione arbitrarie e tentativi di fuggire dalla realtà; andando contro al vostro incredibile senso pratico posso capire se non lo leggerete.

Bene, le ragazze sono andate via, aspettate… Ecco, anche l’ultima ha lasciato questa pagina, ora possiamo sbragarci, PASSATEMI UNA BIRRA!!!

DIVERSE ORE DOPO….

Ok, ci siamo divertiti cari amici, ma adesso che vi ho fatto rilassare ascoltatemi, parliamo del grande male: LA MATURITÀ.

No, non l’esame, ma proprio quella maturità. Quella che ti costringe ad alzarti la mattina e fare tutte quelle cose assurde che impari anche ad apprezzare, ma che allo stesso tempo ti fa rimpiangere il passato.

Vi ho depressi eh?! Ma non vi preoccupate cari amici, anni di politiche del lavoro miranti a distruggere tutte le nostre certezze hanno ritardato il passaggio alla maturità a tempo quasi indeterminato.

L’arte più in generale è un modo per rinviare a tempo indeterminato il momento della maturità, anche se va detto di maturità si parla in arte quando l’artista arriva ad una totale padronanza e consapevolezza dei propri mezzi.

Oggi però vi voglio parlare del nuovo album di una band che nello scorso decennio era riuscita come poche in Italia a raccontare la generazione dei giovani degli anni 00: gli Amari.

Questi tre ragazzi di Udine sono riusciti, grazie a testi davvero originali e ad un mix di elettronica, hip hop e cantautorato, a raccontare gli anni 00 meglio di tanti studi di sociologia.

Il loro ultimo album si chiama Kilometri, ed è totalmente differente da ciò che hanno fatto fino ad oggi.

Ascoltatevi due dei loro migliori album: Gran Master Mogol (il titolo di questo pezzo è tratto proprio da una canzone di questo album) e Scimmie in Amore. Già i titoli richiamano un modo giocoso di vedere la realtà. Inoltre gli Amari hanno sempre curato molto la veste estetica di dischi e video, puntando sempre sul colore.

Il loro punto di forza sono sempre stati i testi; immaginate Battisti molto allegro e senza tante pippe mentali e avrete un’immagine abbastanza fedele dei testi degli Amari. La loro forza è stata sopratutto quella di riuscire a raccontare una certa fragilità della vita nel decennio che ci siamo lasciati alle spalle: amori che non si ha voglia di far diventare più grandi, l’impegno politico da salotto, la paura di fare certi passi. Tutto questo raccontato con una leggerezza e con l’accompagnamento di una musica davvero trascinante.

Ma torniamo a parlare di maturità e di Kilometri. Il disco esce dopo tre anni di relativo silenzio ed è uno stacco considerevole rispetto al passato. Il titolo dice il vero, c’è una distanza considerevole rispetto ai loro lavori precedenti. Innanzi tutto è un disco molto più scarno musicalmente: l’elettronica è sottotono, vengono abbandonati campionamenti e skretch tipici dei dischi precedenti, in primo piano ci sono sopratutto chitarra e batteria analogica. Il vero punto centrale sono i testi.

Nella scrittura ormai sono scomparsi i giochi di parole che tanta parte avevano avuto nei precedenti lavori, e c’è molta più amarezza. Ad esempio in Africa, canzone sulla vita in provincia, oltre ad una visione idilliaca della vita in provincia, in un verso gli Amari dicono: “ È  inutile anche dirlo, si stava meglio prima”. Suona come una sconfitta per questa mia generazione di trentenni che proprio non riesce ad uscire dal guscio protettivo del passato. C’è però anche “Ti ci voleva la guerra” che propone degli Amari attenti a riflettere su quanto la “guerra” comunque la si intenda sia a volte necessaria per uscire da un empasse. C’è anche “La Ballata del Bicchiere Mezzo vuoto”, la canzone sicuramente più legata alle loro vecchie sonorità. Con “Il Tempo più Importante” ritorna il tema del tempo e della distanza, quando cantano “Il tempo che non hai è il tempo più importante”.

La distanza è il vero tema del disco, declinata in tutti modi possibili nelle nove canzoni del disco. Però c’è un senso di amarezza che aleggia qui che mi lascia interdetto.

Io amo gli Amari, ma rimango perplesso quando ascolto un verso come: “Quant’era facile innamorarsi negli anni novanta” da “A Questo Punto”. Allora è tutta qui la maturità, ci dobbiamo piangere addosso perché quell’eterna giovinezza che nel bene e sopratutto nel male ci siamo trovati tra le mani ad un certo punto finisce? Io non sono d’accordo con gli Amari. Eppure questo disco merita di essere ascoltato più volte, almeno per capire a che punto stiamo con l’età che avanza noi trentenni.

Ora vi lascio, da persona matura e giudiziosa quale io sono, vado a scolarmi un paio di birre.

Mentre scrivevo questo pezzo ascoltavo:

Elio e le Storie Tese, Eat the Phikis, 1996


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