Ci risiamo, la crisi miete vittime come la nuova peste…..e come di consueto a pagarne il caro prezzo sono sempre e soltanto i lavoratori.
Questa volta è toccato ad una cittadina nella Brianza comasca, Merone, dove si trova la Holcim, storica cementiera che dà, o meglio dava, “da vivere” praticamente a tutta la zona circostante. Si tratta infatti di una azienda storica, nata nel 1928 come Cementeria di Merone, in costante crescita fino al 1996, data in cui entra sotto il controllo del gruppo svizzero Holderbank (dal 2001 Holcim).Per questo lunghissimo periodo di tempo, quasi tutta la popolazione di Merone, e paesi limitrofi, ha lavorato nella cementiera.
Succede che, a causa di svariati cali di lavoro, dettati anche dalla crisi del mercato dell’edilizia e dalla mancanza di investimenti da parte dell’azienda centrale per portare impianti e macchinari a norma, è stato chiuso il forno principale: conseguenza diretta è la ristrutturazione aziendale e, indovinate un po’, il licenziamento di 180 dipendenti per ESUBERO.
A poco sembra siano servite le lotte sindacali, i picchetti, e le assemblee straordinarie; è arrivata la solidarietà del Prefetto di Como e di alcune forze politiche, ma di risultati, per ora, non se ne vedono e nè tanto meno si percepiscono.
Purtroppo, come sempre accade in questo tipo di situazioni, dove al disagio dei LAVORATORI (che tra poco non avranno più il loro posto) si contrappone il “fattore AMBIENTE”, i pensieri dell’opinione pubblica sono contrapposti. Tanti gioiranno della cessazione dell’attività produttiva della cementiera di Merone, perchè la vivranno come la fine dei fumi e delle esalazioni che da anni sono al centro della discussione politica locale.
Trovo terribile che nel 2013 si stia ancora a discutere sule conflitto tra lavoro ed ambiente. Entrambi sono argomenti di fondamentale importanza; entrambi sono valori da salvaguardare in tutto e per tutto. Ed i mezzi per farlo ci sarebbero: si chiamano INVESTIMENTI AZIENDALI che, fatti in modo corretto, portano impianti e macchinari a non inquinare ed evitano queste genere di tragedie occupazionali.
Io oggi mi chiedo se realmente questi 180 lavoratori che per anni hanno dato tutto alla cementiera, ed ora vengono apostrofati in questo modo terribile (ESUBERI), non abbiano un’altra strada da percorrere se non questa. La seconda domanda che mi pongo è: era proprio necessario arrivare a questo punto? Un’azienda con “fior fiore” di dirigenti ed ingegneri aziendali e gestionali può accorgersi di un problema finanziario solo quando ormai non c’è altra soluzione se non licenziare 180 persone? Non ci si poteva fermare prima e costituire un piano aziendale di investimenti in modo da rimettersi in condizione di essere competitivi sul mercato ?
Notizie come questa in tempo di crisi sono all’ordine del giorno, ma non credo che abituarsi alla cosa sia la soluzione.