C’è Lega e Lega. Il caso di Giuliano Bignasca e del Ticino

di Luca Frosini

Ah, la Svizzera! Terra di formaggi, orologi a cucu, sporchi neutrali e poliziotti Huber.  In poche parole la terra promessa, un mito inseguito da quella specie ornitologica, molto comune nella confinante Lombardia, altrimenti detta dei disoccupatis pirlanis o poveri cristi che dir si voglia. Stipendi alti e prospettive che, soprattutto in un momento del genere, assumono caratteri leggendari tali da provocare un continuo aumento degli italiani, indicati con il nickname di frontalieri, portati ogni giorno a varcare il confine a forma di emmenthal per recarsi al proprio posto di lavoro.

Questo sproloquio iniziale, dovuto senza dubbio ad un abuso di succo di pinoli durante il pasto serale, serve ad introdurre il vero protagonista dell’articolo, l’unico e l’inevitabile Giuliano Bignasca. Se vi state chiedendo: chi [inserire espressione dialettale per l’organo maschile] è Bignasca? vi allego un documento fotografico:

Bignasca, ovviamente ritratto nella foto a destra, oltre ad una promettente carriera nel cinema come attestato dalla sua presenza nel cast di Star Wars, è anche il fondatore e caro leader della Lega dei Ticinesi, partito politico attivissimo nel omonimo cantone, il più interessato al fenomeno frontaliero qui dalle mie parti. Un movimento, quello della Lega in salsa svizzera, in prima linea in alcune durissime campagne contro i “terroni” dello Stivale, indicati in ordine d’importanza come ladri di lavoro, parassiti, distruttori di oneste tradizioni locali, ratti puzzolenti tanto pericolosi da richiedere, storia recente, la costruzione di un muro doganale per fermarli. Vi ricorda qualcosa, o meglio qualcuno?

Se pensate ad una puntate delle Tartarughe Ninja, non siete così lontano dal averci azzeccato, almeno per il colore verde. Per scoprire la verità dobbiamo però tornare indietro di una ventina d’anni, quando nel profondo sud del nord Italia iniziava ad esplodere il fenomeno leghista, mettendo in mostra leader e slogan arrivati quasi invariati fino al giorno d’oggi. Proprio guardando e traendo ispirazione delle gesta bossiane che il Bigna, un passato da calciatore in serie A svizzera e titolare di una ditta di costruzioni insieme al fratello Attilio, fondò la sua Lega nel 1991, con un programma basato su specifici capri espiatori insieme a un uso aggressivo e spregiudicato di ogni mezzo di diffusioni politica, da moderati slogan a dolcissime campagne mediatiche riassumibili nelle parole chiavi “stranieri” ed “escrementi”.

Un linguaggio capace di sfruttare con estrema efficacia determinate paure del popolo svizzero, voglioso di premiare il giovane soggetto con risultati in continuo crescendo, tanto che nell’ultima tornata interna al cantone il partito è diventato il primo per preferenze nel territorio ticinese. Un percorso che va di pari passo con la crisi economica ormai presente, con le dovute differenze, anche al di là delle Alpi, in un mix micidiale di timori generici e latente xenofobia al quale il nostro Giulianone si è prestato con grande voglia e profitto.

Un personaggio quindi, il nostro Bignascone. Nel suo curriculum figurano anche, per la cronaca, tre condanne giuridiche (due per possesso di sostanze stupefacenti e una per aver impiegato immigrati irregolari nella sua azienda), incontri al vertice con i pari grado nativi di Pontida, insulti al cetriolo di Tremonti (definito spesso come fascetto), attacchi all’Europa e svariate altre perle troppo belle e numerose da riportare in un solo articolo.

Cosa dimostra questa storia? Che certi atteggiamenti, che certe paure daranno sempre slancio e sfogo a determinate creature politiche in grado di cavalcarle, in mal comune ma con ben poco gaudio. La Lega ticinese somiglia a realtà con il fronte nazionale transalpino, l’ultradestra austriaca di Haider dei bei tempi che furono e tante altre, diverse per luoghi ma non così lontane per idee di fondo e tipologie di soluzioni proposte.

Concludo l’articolo con una frase immortale, di natali a me ignoti al momento ma molto acuta vedendo la situazione mostrata in precedenza: “si è sempre i terroni di qualcun altro”.


2 Comments

  1. lucafrost89 Febbraio 18, 2013 8:04 pm 

    doverosa precisazione: non intendevo mancare di rispetto o sbeffeggiare chi cerca o si reca al lavoro in Svizzera, definendoli accecati da stipendi alti o simili. La Svizzera è miraggio e sogno perchè vi sono le uniche possibilità di lavoro dignitose nel territorio altolombardo, al di là di ogni considerazione economica. Quindi scuse profonde a capo chino (cit)

  2. amico di bignasca Febbraio 18, 2013 9:54 pm 

    Bignasca farabutto….oggi maiale domani prosciutto!

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