L’ennesimo “coup de théâtre” in salsa italiana: i marò ed il popolo indiano.

di Salvatore Romeo ’85

Questa è storia di un gioco d’azzardo; una partita a poker per la precisione. Già perché indipendentemente dalle somme poste in palio, la vittoria è rilegata (con buona pace dei “pokeristi”) a un’ingente dose di fortuna. Ma a vincere, come spesso capita nella vita, non è sempre chi ha le “carte migliori”: nel poker infatti utilizzando particolari strategie e una sapiente gestione delle “puntate”, i giocatori più bravi riescono a vincere “mani” fallimentari dal punto di vista della qualità delle carte in mano. E’ il tipico concetto del “bluff”: millantare (o meglio far presuppore agli avversari) un elevato punteggio delle proprie carte, inducendo così gli avversari ad arrendersi, evitando così di disperdere un’elevata quantità di denaro. Ma a volte, per fortuna o per scaltrezza dell’avversario, (o per poca bravura di chi lo propone) il bluff non riesce. Qui riparte la nostra storia.

Una nave petroliera (l’Enrica Lexie), civile impegnata in una “missione” trans-oceanica , dei “pirati”, due marinai della marina italiana, due pescatori, due omicidi. Sembrano gli ingredienti di uno squallido film americano dei primi anni novanta, ma sono gli attori inconsci di una delle più brutte avventure di cui l’Italia può poco orgogliosamente fregiarsi. La storia è ben nota a tutti. I risvolti ancora da chiarire. La questione principale e più spinosa riguarda il luogo dell’uccisione dei due innocenti pescatori: acque internazionali sì, acque internazionali no? Di sicuro ciò che rimane è la tragica morte di due pescatori indiani e l’accusa di omicidio per i due marò italiani che, per questa ragione, sono tenuti in stato di fermo (in una lussuosa “prigione” d’oro) in India. O meglio erano tenuti in stato di fermo. Sì, perché ogni storia che si rispetti nasconde sempre dei colpi di scena. Il primo colpo di scena si è realizzato nel periodo natalizio quando, dietro una “caparra” di 800 mila euro di soldi pubblici, ai due marinai è stato concesso di ritornare temporaneamente in Italia per trascorrere le imminenti feste con le rispettive famiglie. Vi chiederete allora dove sia il colpo di scena. Ebbene, accompagnati da frasi e titoli di giornale lusinghieri sull’ “onore degli italiani”, i due marò hanno fatto realmente ritorno in India. La gente di tutto il Mondo ha all’unisono pensato: “Italiani brava gente”, in luogo dell’ormai consunto “Italiani mafia, baffo nero, spaghetti e mandolino”.

Per risalire al secondo colpo “coup de théâtre” basta spostarsi di qualche settimana nel passato: a febbraio infatti gli ufficiali ottengono dallo stato indiano un secondo permesso (della durata di un mese) per poter votare alle cruciali elezioni politiche italiane. E qui matura il “colpo gobbo” all’italiana, la “genialità” del suo popolo. L’Italia annuncia attraverso la figura del ministro Terzi che i due marò non faranno ritorno in India. Scherza? E’ una battuta di spirito colta sfruttando la situazione? Forse gli alti ufficiali della marina italiana e la Farnesina stessa si sono fatti influenzare da un celebre film italiano del 1975 che recitava che il “genio” fosse “fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione”? Ma la realtà si è dimostrata un’altra: chi lo va a spiegare adesso al ministro Terzi che il governo indiano non si è messo a ridere?

Quasi immediatamente in Italia infuria il dibattito se la partita di andata di Champions League tra Milan e Barcellona, finita con una schiacciante vittoria dei “diavoli” (poi dimostratasi inutile) sia stata truccata come sponsor elettorale per il PDL. “A ruota” segue il dibattito sulla legittimità o meno dell’azione intrapresa dall’ Establishment italiano. I pareri, come al solito sono fortemente discordanti.

Da un lato ci sono gli “hafattobenisti”: questi cittadini sono convinti che l’Italia, stralciando un accordo formale siglato con la nazione indiana che ha di fatto reso ostaggio l’ambasciatore italiano in India Mancini (obbligato ad non lasciare l’India), abbia fatto bene ad utilizzare il “pugno di ferro” con gli indiani (che vorrei ribadire non sono i “sioux” o i pellerossa contro cui facevamo combattere i soldatini in plastica). Con mia grande sorpresa, carpendo i pareri in internet e nella quotidianità (soprattutto tra i ragazzi della mia età), mi sono reso conto che la motivazione principe del forte accanimento che gli “hannofattobenisti” rivolgono al popolo indiano è da ricercare nella convinzione che quest’ultimo sia inferiore perché povero. Quella indiana è ritenuta una popolazione sporca, incivile ed inutile. Dunque la morte di due “selvaggi” (riposino in pace lontano da questo Mondo) è da considerarsi di minor rango rispetto alla privazione della libertà dei loro uccisori (fino a prova contraria)?

In questa storia ci si dimentica spesso delle persone più colpite, da chi ha il diritto (ed il dovere) di far sentire la propria voce rendendo pubbliche le frustrazioni: le famiglie. Le famiglie dei marò recriminano il loro ritorno a casa, vicino ai propri figli e alle consorti. Vogliono riabbracciare i loro uomini. Come le famiglie dei due pescatori. Rivendicano la loro ingiusta uccisione e una giustizia che vada al di la del risarcimento di 200 mila euro che lo stato italiano ha già concesso loro. Reclamano il ritorno a casa dei due pescatori che però non potranno tornare mai. Perché qui siamo alle prese con un omicidio, acque internazionali o no.

L’italiano ha tra le principali peculiarità quella di possedere una memoria “corta”: nel 1998, esattamente il 3 febbraio, un aereo statunitense uscito per un’esercitazione, volando ad una quota troppo bassa (al di sotto dell’altezza di volo minima) tranciò i cavi di una funivia, provocandone così lo schianto al suolo. Il bilancio di quella tragedia segna 20 vittime innocenti. Quell’incidente, passato alla storia con il nome di “strage del Cermis”, colpì profondamente l’opinione pubblica italiana che richiese che i piloti statunitensi fossero processati in Italia, temendo che una loro estradizione negli USA si traducesse pene più leggere (e dunque mancata giustizia). E così fu: il pilota fu scagionato dall’accusa di omicidio colposo (fu condannato a sei mesi per la distruzione di un video “compromettente”). Ma lo abbiamo scordato, la memoria degli italiani è sfortunatamente corta. Ma se quella del popolo indiano non sarà così, cosa accadrà agli accordi commerciali italiani con uno degli Stati più “promettenti” tra i vari paesi in forte espansione economica?


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