Novant’anni fa, era il 1923, le grandi battaglie sindacali italiane (sull’onda di ciò che avveniva a livello internazionale) condussero al riconoscimento di un diritto fondamentale per i lavoratori: l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore.
La vita dei lavoratori, di lì in poi, sarebbe cambiata: finalmente potevano assaporare e toccare con mano la libertà, dignità e la vita di famiglia. Solo un terzo della giornata sarebbe stato destinato al lavoro, infatti il motto della Prima Internazionale affermava: “otto ore di lavoro, otto ore di riposo, otto ore di svago”. Passavano i giorni, mesi, anni. Todo cambia. Si, ma in peggio.
I nostri avi, pensavano, novanta anni fa, che magari nel 2013 la condizione del lavoratore, sarebbe migliorata sempre più, se solo l’azione sindacale fosse stata promossa con la stessa intensità con la quale si ottennero i diritti fondamentali dei lavoratori. Già, perchè ci sono anche altri diritti da rispettare, oltre a quello del lavoro a tutti i costi. Uno su tutti il diritto alla vita.
I nostri avi, si sbagliavano. Non avevano fatto i conti con la politica, almeno, con questa politica.
Spending review, austerity, flessibilità del lavoro, parcellizzazione dell’azione sindacale, interessi politici nei sindacati, interessi sindacali nella politica, ma soprattutto la prevalenza della libertà di iniziativa economica privata su ogni altro diritto costituzionalmente garantito.
Oggi il lavoro è ritornato ad assumere lo stesso significato che aveva qualche secolo fa. L’orario di lavoro, la sicurezza, il trattamento pensionistico, il tfr, tredicesime e ferie pagate, appartengono oramai, ai brutti ricordi degli imprenditori, che oggi possono avvalersi dei regali gentilmente offerti dai governi che vanno da Amato a Monti e giustificati dal fatto che bisogna “crescere”.
Ma non basta. Oltre al flagellamento e alla ridicolizzazione del lavoro, che presuppone paghe base che si aggirano in casi limite (e per i più “fortunati”) attorno alle 250€ mensili, c’è la deturpazione del territorio, l’inquinamento, la politica del malaffare, la connivenza dei cittadini che credono che il metodo più giusto per dare il segnale forte alle istituzioni sia quello di disertare i seggi durante le votazioni, con la frase che ormai sembra essere diventata una presa per i fondelli anche per chi la pronuncia: “tanto non cambierà mai niente”.
Arriviamo a Taranto. Città dei due mari. Anche la geografia dimostra quanto Taranto, abbia i connotati di una città dove il doppio senso e la contraddizione rappresentino un must. Da una parte le “figghje de ‘ndrocchie”, dall’altra i “figli di papà”.
Il lavoro in questa città, non rappresenta né un diritto, né un dovere. Si tratta semplicemente di una facoltà esercitabile “eventualmente”. Si muore di lavoro, per raggiungere la mille euro sufficiente a pagare il fitto di casa e mantenere la famiglia con i salti mortali. Ma qui, a differenza di molte altre realtà, si lavora per morire. La gente che ha un posto di lavoro nella città della monocoltura dell’acciaio, lavora o meglio, è costretta a tenersi stretto il posto di lavoro, costi quel che costi sia in termini di salute che di condizioni, perchè alternative tangibili e fattibili nel breve periodo sono poche oppure semplicemente impossibili.
A questo punto la domanda sorge spontanea: i sindacati che ruolo hanno? Rappresentanti dei lavoratori o degli interessi economici? Fate voi.
Questo clima insalubre e degradato però, non ha fermato chi in questa città, da diverso tempo a questa parte ha iniziato a rompere gli argini del “sistema” diffondendo un messaggio forte e chiaro alla cittadinanza: “si ai diritti, no ai ricatti”. Si tratta del comitato dei Cittadini Liberi e Pensanti che partendo da zero, e spinto dalla voglia di fare qualcosa di buono, ha proposto la “non” Festa del primo maggio. Una buona occasione per farsi sentire e sfatare il mito che la Festa del primo maggio sia solo a Piazza San Giovanni. Una scommessa difficile alla quale il Comitato con grande umiltà, ha deciso di giocarsi il tutto per tutto. All’iniziativa, dal nome “Si ai diritti, no ai ricatti – Lavoro, ma quale lavoro?” che si svolgerà il primo maggio presso il Parco Archeologico delle Mura Greche dalle ore 10.00 alle ore 24.00, prenderanno parte artisti di fama nazionale e internazionale, che con la propria arte contribuiranno a richiamare l’attenzione sulla città di Taranto, diventata emblema delle problematiche legate al lavoro, salute e ambiente.
La mission dell’evento, così come riportato nel comunicato stampa ufficiale del Comitato, è quella di “ripartire da qui per ribaltare le sorti di un sistema che continua a stuprare il territorio disseminando veleni che provocano danni irreversibili alla salute ed all’ambiente, facendo leva sul ricatto occupazionale. Taranto vanta, suo malgrado, circa il 40% di disoccupati, precarietà diffusa, devastazione sociale, gli effetti di una colonizzazione industriale e militare.” Tali tematiche saranno sviluppate attraverso musica, dibattiti, laboratori e giochi per bambini, proiezioni, installazioni e autoproduzioni artigianali.
La lista degli artisti è destinata ad aumentare di giorno in giorno. Per ora hanno dato la loro adesione: Roy Paci, Raf, Sud Sound System, Francesco Baccini, Luca Barbarossa, Bonomo, Pierpaolo Capovilla, Chitarre e Tammorre, Diodato, Elio Germano e le Bestie Rare, Fido Guido, Lady Coco, Leitmotiv, Luminal, Fiorella Mannoia, Nadàr Solo, Officina Zoè, Orchestra Popolare Ionica, Michele Riondino & the Revolving Bridge, Andrea Rivera, Sciamano & Mosca 58, Riccardo Sinigallia, Daniele Sepe, Tarentum Clan, The Niro, Giovanni Truppi.
L’ accesso all’evento sarà gratuito. Nel comunicato si legge, che chiunque volesse aiutarli alla realizzazione di questa giornata, può effettuare un bonifico alle seguenti coordinate bancarie:
APS Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, IBAN: IT23C0335967684510700153304, Causale: erogazione 1 maggio.
Partecipare è un obbligo. Questa, sarà senz’altro una buona occasione per imparare a confrontarsi, ascoltare buona musica, prendere coscienza e unirsi insieme per un fine nobile: ridare un futuro a Taranto, un ‘altra possibilità.