di Andrea Cazzato
La tre giorni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica ha lasciato in me, come in tanti altri qualche strascico. Malumore, voglia di cambiare, conferma che questa classe politica può essere in grado di raschiare il barile meglio di come si possa immaginare.
Nelle mie intenzioni, nell’immediato post-rielezione del Presidente Giorgio Napolitano, c’era la voglia di scrivere un pezzo al veleno contro il Pd tutto, dai renziani ai bersaniani, finendo al “sinistro” Fassina. Un po’ per pietà, un po’ per assenza di parole, ho evitato ed ho deciso di concentrarmi sulle sensazioni nate dal tuono di sabato mattino: la proposta di tutti i partiti di chiedere a Napolitano un nuovo settennato.
Sabato 20 aprile in terra lombarda era un giorno grigio, buio e piovoso. Davanti alla tv assistevo alla ottocentesima ora di diretta di Enrico Mentana, quando ecco l’annuncio dato dall’anchorman di La7: hanno deciso di chiedere aiuto a Napolitano. La sensazione di freddo è stata immediata, mista ad un sentimento di rabbia che da giorni si accumulava, per la triste e meritata sorte di un partito che non mi ha mai rappresentato, ma che comunque, agli occhi dell’opinione pubblica, rappresenta la sinistra di questo Paese. Raccontarvi la tre giorni di passione del Partito Democratico è cosa trita e ritrita oramai: tessere che bruciano, occupazioni delle sedi, ecc. Stupisce, e lo dico col groppo in gola, che gli stessi militanti, tanto solerti nel discostarsi dalla loro dirigenza in questi giorni, non abbiano avuto medesime reazioni quando il loro partito si rendeva complice della distruzione dell’articolo 18, dell’introduzione del pareggio di bilancio, del fiscal compact, ecc, ecc, ecc. Da anni ormai era ben chiaro che il Pd aveva scelto di rivolgersi ai lavoratori e alle classi meno abbienti come Alberto Sordi faceva nel film “I Vitelloni” di Fellini.
Tornando alla mia reazione all’uscita del nome di Napolitano, non ho potuto far altro che pensare ai miei concittadini. “L’uomo firma-tutto”, come l’ho soprannominato qualche tempo fa, è lo stesso che ha avallato lo scellerato decreto Salva-Ilva di Monti and co. Come quindi un tarantino può reagire alla rielezione della persone che con una semplice firma ha dato il via alla “morte” di una città?
Un presidente con le palle sarebbe sceso a Taranto quest’estate ed avrebbe cercato di trovare una soluzione al caos che si era venuto a creare. Napolitano, invece, è stato un fantasma, sparito dalla circolazione, lasciandoci nelle mani di Clini ed associati. Si è limitato a mettere la firmetta per parare il culo alla famiglia Riva.
Cosa aspettarci, quindi, dai prossimi sette anni di Giorgione nostro? Nulla di buono! Chi in questo anno e mezzo trascorso è il maggior responsabile della crisi economica e sociale di questo Paese, non può farci sperare in nulla di buono. Chi ha regalato il Paese alla morsa delle banche e del credito, non può farci vedere la luce in fondo al tunnel (non a caso la reazione della Borsa oggi è stata “esaltante”). Non aspettiamoci quindi di avere l’espressione estasiata di John Belushi nei Blues Brothers. Non succederà!
Rimane adesso un’urgenza più impellente, o almeno così pare: ricostruire una sinistra credibile, sperando di essersi liberati per sempre del fardello del Partito Democratico, ormai destinato a veleggiare verso lidi “destri”. Ma sperare nel salvatore della patria non ci aiuterà, se non saremo i primi ad essere di nuovo di sinistra.
“…essersi liberati per sempre del fardello del Partito Democratico”…
“… mi sento già di dire che il risultato della Serracchiani è straordinario e significa che questo è un partito che ha un futuro». Così Roberto Speranza, capogruppo del Pd alla Camera, ha risposto durante il TgLa7. “
di cognome e di fatto! :D
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Ancora peggio.Napo non ha avallato il decreto salva-ILVA ,lo ha ispirato,ricevendo al Quirinale Monti con il quale mette a punto dal punto di vista giuridico il testo del decreto.Così facendo stravolge l ruolo e le funzioni attribuite dalla Costituzione: il governo fa le leggi,il presidente le firma.