Sono a Roma. È il primo maggio. Dopo averci pensato e ripensato decido di fare un salto al tradizionale concerto di Piazza San Giovanni.
Il primo ostacolo consiste nel trovare la giusta compagnia: attorno al concertone si vengano infatti a creare diverse correnti di pensiero. La prima è quella dei “preoccupati”, ossia di chi dice: “Sono tutti comunisti; la musica, i cantanti e persino la gente che ci va! Non è un ambiente sicuro, non ci vengo”; la seconda è quella dei “festaioli” per i quali: “Sono tutti comunisti, ma potremmo andarci perché alla fine basta che ci si diverta”; la terza invece, la più rara, è quella dei “convinti” o dei “nostalgici”, ossia di coloro i quali credono nel valore del concerto e nel suo significato e, magari, anche alla storia dei sindacati che lottano per i lavoratori.
Io ho optato per l’ultima categoria e se la nostra doveva essere una visita veloce alla fine si è trasformata in una partecipazione a tutto tondo. In realtà non sapevo nemmeno chi dovesse parteciparvi, mi interessava più che altro osservare tutto ciò che da casa non è possibile vedere. Una cosa che mi sono sempre chiesta infatti è: cosa accade tra il pubblico mentre sul palco si alternano i musicisti? È vero che i giovani partecipano alla manifestazione solo per divertirsi? È giusto pensare, come ogni anno si sente ripetere, di cancellare il concerto perché svuotato ormai del suo significato più profondo?
Questa volta avevo la possibilità di scoprirlo. Di fronte a me due realtà differenti: da un lato quella del palco avvolta da una finta frenesia (tutta dettata da tempi e interventi programmati), dall’altra quella della piazza in cui oltre al pubblico intervengono anche tutti gli “addetti alla sicurezza” e dove la suddetta frenesia diventa reale. Lateralmente viene lasciato libero un corridoio in modo da consentire il passaggio delle ambulanze e da facilitare l’intervento della protezione civile in caso di necessità. In pochi minuti gli operatori corrono da un lato all’altro della strada mentre intorno si continua a ballare e a cantare come se nulla fosse, con la musica ad alto volume.
Tra torsi nudi e pantaloncini non sono pochi i casi di svenimento o di allegri ragazzetti che, ubriachi, non risparmiano i presenti dalla vista delle sostanze ingerite in eccesso. Ma accanto a chi vive il primo maggio all’insegna dell’esagerazione c’è anche chi si impegna a sfruttarlo per portare avanti alcune importanti battaglie. Ė il caso di alcuni ragazzi curdi che, armati di carta e penna, raccolgono firme per la liberazione di Abdullah Öcalan, leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan e detenuto da diversi anni dai turchi nella prigione di İmralı. Con un italiano un po’ incerto mi raccontano di questa campagna che la loro comunità sta portando avanti in tutta Italia e di quanto possa essere importante l’occasione del concerto per raccogliere adesioni. Attorno a noi ci sono anche alcune famiglie con bambini molto piccoli che, adagiati alle transenne, osservano incuriositi quanti nella piazza iniziano a ballare in cerchio o a cantare abbracciandosi tra loro. L’allegria diventa contagiosa e in tanti si lasciano trascinare da questa ondata di gioia collettiva. Dal palco qualcuno racconta le proprie storie di vita e di lavoro e nel pubblico cala un inatteso silenzio. Certo, c’è anche chi inizia ad intonare cori da stadio, ma la maggior parte degli spettatori sembra sensibile alle tematiche.
Nelle ore successive poco lontano da me noto alcuni ragazzi avvicinarsi alla polizia per consegnare dei portafogli trovati lì intorno mentre accanto a loro una giovane adolescente afferra il braccio di quello che inizialmente credevo fosse un amico e lo addenta con un gran morso. I poliziotti intervengono prontamente a separare i due e decidono di trascinarli fuori dalla mischia per accertare quanto accaduto. Scoprirò solo dopo qualche minuto che la vittima stava ricevendo una punizione per aver provato a rubarle il cellulare. Intanto si è fatto buio e sul palco iniziano a comparire i primi volti noti… a causa della pioggia molti spettatori decidono di allontanarsi mentre gli altri rimangono a cantare sotto gli ombrelli.
La serata volge al termine e mi accorgo di aver ascoltato ben poca musica. In compenso però ho avuto l’opportunità di constatare quanto variegato ed eterogeneo possa essere il pubblico del concertone di Roma, riscoprendovi tutta la gamma di soggetti che caratterizza la nostra società. C’è il superficiale, il disonesto, l’opportunista, ma c’è anche l’onesto, il riflessivo e colui che lotta per i propri ideali. Perché allora generalizzare dicendo che in piazza San Giovanni ci va solo chi vuole “sballarsi”? Perché optare per la cancellazione di un’iniziativa tanto importante? Si parli piuttosto di sensibilizzare le generazioni più giovani nei confronti di temi quali la sicurezza e i diritti sul lavoro, perché si possa dire finalmente che quella piazza merita di partecipare ad una simile manifestazione.
Continuate cos
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