Ingrid e Lorenza hanno deciso di sposarsi ad Ottobre e lo faranno presto: il 21 Giugno.
Per me ci sono due cose a fare “notizia” in questa vicenda. La prima è che c’è ancora chi crede nel matrimonio, concetto un po’ rivalutato sia da chi ha una relazione stabile da tempo, sia da chi non ce l’ha, sia da chi con il tempo e vivendolo ci ha ripensato. Ok, ci sono ancora persone che sognano il grande matrimonio, l’abito costoso e il tocco di Enzo Miccio, ma nella cerchia di persone che conosco e con cui ho parlato di questo argomento queste sono poche ma, devo dirlo, sinceramente convinte di questa istituzione.
L’altra notizia è che Ingrid e Lorenza si sposano in Svezia, e non perché fossero alla ricerca di una location esotica per sorprende gli amici, ma perché nel nostro Paese la loro bellissima scelta non può vedersi compiuta. L’Italia infatti non dà a tutte le persone che si amano la possibilità di sposarsi, nonostante i richiami da parte della Comunità Europea.
Ma cosa porta due persone che si amano a compiere il passo del matrimonio? “Ho sempre avuto nella testa che mi sarebbe piaciuto fare un rito, e non perché con questo una relazione valga di più o ci si voglia meno bene se non si fa: secondo me è un rito di passaggio – dice Ingrid, che racconta di amare i matrimoni, anche quelli più tradizionali (avrà mai visto la sobrietà dei video di alcuni matrimoni baresi?).
Lorenza invece, fino a qualche anno fa non avrebbe voluto: il matrimonio in Italia non sarebbe (e non è) valido e lo vedeva, perciò, come una presa in giro. “Ora ha preso una valenza diversa: fare questo gesto è mostrare la faccia e dichiarare che in Italia esistono persone a cui viene negata una possibilità e viene leso un diritto. Perciò lo facciamo e quando torniamo dalla Svezia ricorreremo alle vie legali per ottenere il riconoscimento del nostro matrimonio.”
Seguite da Cathy Latorre, avvocata e vicepresidente del Mit (Movimento Identità Transessuale), Ingrid e Lorenza si preparano dopo il 21 Giugno ad un percorso lungo per il riconoscimento della loro unione anche in Italia, agli occhi della cui legge le ragazze non saranno sposate: “chi l’ha fatto, ha dovuto affrontare bocciature su bocciature non essendoci una legge: è abbastanza frustrante” racconta Lorenza, e Ingrid aggiunge “Noi possiamo sposarci in Svezia perché possiamo farlo: avendo io la doppia nazionalità. È permesso solo ai cittadini svedesi di contrarre matrimonio, quindi questo è un privilegio che ho dalla nascita. In alcuni paesi è così, richiedono la residenza; altri no come il Portogallo e la Norvegia”.
Sul loro blog Lei disse sì le ragazze raccontano attraverso brevi video il procedere dei preparativi: dall’annuncio ai familiari, alle discussioni con la stylist circa i vestiti delle spose; dalla scelta degli anelli, all’entusiasmo delle damigelle e del capo delle damigelle. Sono piccole pillole di quotidianità condivise perché come scrive Lorenza “vogliamo dimostrare che anche le coppie omosessuali italiane sono pronte ad affrontare lo stress del matrimonio!”. Ad un mese dal grande giorno mi dicono che gli anelli sono pronti e gli abiti, i due abiti da sposa, devono essere confezionati e provati, ma ammettono: “fare un matrimonio all’estero è più costoso. Avevamo pensato ad una cerimonia con non troppe persone ma, nell’entusiasmo generale ci siamo trovate oggi ad avere più di 70 invitati i quali pagano da sé viaggio e alloggio. Altre persone che si sono sposate all’estero hanno cercato di fare le cose in maniera più semplice, con una festa al loro rientro. La faremo anche noi.”
Il confronto con gli utenti è un altro elemento di spicco del blog: oltre alle foto di altre coppie che hanno voluto (dovuto) macinare migliaia di chilometri per sposarsi, i commenti dei lettori contengono tutte le sfumature che rendono la storia di Ingrid e Lorenza un esempio. Ci si commuove, si ride e qualcuno condivide la propria storia sognando anche per sé il giorno del matrimonio o quello in cui avrà la forza di fare coming out con i genitori senza troppe aspettative sulle loro reazioni.
Consapevoli di quanto possa essere d’aiuto per la discussione nel nostro Paese sul riconoscimento delle unioni anche fra persone dello stesso sesso, il progetto Lei disse sì punta alla realizzazione di un documentario su tutto il percorso di Lorenza e Ingrid. Il progetto è finanziato dal basso e chiunque voglia contribuire può consultare questa pagina o, se se ne ha l’opportunità, può seguire le ragazze in una delle iniziative organizzate da associazioni in giro per l’Italia.
Non permettere a due persone che si amano di legittimare il proprio stare insieme, vivere nella stessa casa, condividere gli stessi momenti di gioia e difficoltà, ritenendole alla pari di due perfette sconosciute è una barbarie e anche una cosa stupida. Non riconoscere alcune coppie sposate all’estero come coniugate anche in Italia, mentre tutte le altre sì, è una violazione dei diritti bella e buona. Ma l’Italia persiste nell’inciviltà, calpestando ogni volta che viene pronunciata quella bella parola, sciorinata ai quattro venti, che è la famiglia (quella vera).