Sequestro Ilva. Marescotti: “Panico, numeri da catastrofe sociale che non corrispondono a verità”

di Serena Miccoli

Alessandro Marescotti (Peacelink) e Fabio Matacchiera (Fondo Antidiossina) hanno contestato ieri pomeriggio alcune cifre e motivi diffusi delle testate nazionali a seguito della notizia dei sequestri eseguiti dalla GdF all’Ilva.

Alcuni giornali hanno parlato, negli ultimi 3 giorni, di 40mila lavoratori impiegati nell’azienda: Marescotti, appellandosi al principio di massima trasparenza e citazione delle fonti, ha indicato questa come informazione non verificata. Sullo stesso sito dell’Ilva spa gli occupati ammonterebbero a 16343, di cui 12859 a Taranto. “Questo non vuole essere un ragionamento di tipo pignolo. – ha puntualizzato – Si sta diffondendo panico attraverso la diffusione di numeri da catastrofe sociale che non corrispondono a verità. Alla base della bufala c’è un’altra manipolazione: l’azione della magistratura, che è a tutela della collettività, è presentata invece come devastante per la coesione sociale. Se fino a ieri sapevamo che l’AIA era attesa alle buone intenzioni, poiché mancava un piano industriale e mancavano le risorse a bilancio, oggi sappiamo che le risorse la Magistratura le sta cercando attraverso la GdF.”

Gli attivisti hanno poi parlato di un panico che, più che riguardare la città, rispecchia più propriamente lo stato mentale di una classe politica che si è seduta allo stesso tavolo dei Riva contribuendo ad un sistema con molte ombre e controlli non sufficienti sul siderurgico; quello che la Magistratura oggi porta alla luce.

La presa di posizione espressa da Peacelink e Fondo Antidiossina è di gratitudine nei confronti dei giudici: “l’azione della Magistratura costituisce la speranza che domani ci possa essere un risarcimento per questa città.”

Più duro è stato l’intervento di Matacchiera che, riguardo la verifica delle fonti, ha chiesto ai giornalisti presenti se mai avessero visionato fatture o libri contabili prima di riportare le cifre sciorinate dai Riva alla stampa sulle spese per l’adeguamento degli impianti. Una fonte indagata per una maxi evasione fiscale, truffa, riciclaggio.

Ma il passaggio più interessante riguarda i beni sequestrati: “oggi sono congelati ma quando i beni saranno fruibili, al termine del processo e attraverso una condanna, il loro valore sarà utile per realizzare le bonifiche ambientali”.

Riguardo le posizioni di testate e personaggi di spicco del Governo, Matacchiera contesta: “Noi denunciamo prima di tutto i danni ambientali e sanitari. Giornalisti e politici parlano solo di crisi dell’acciaio e non dei problemi della gente di Taranto.”

“Se il governo ritiene strategica la siderurgia, noi riteniamo strategica la nostra salute e quella dei nostri bambini.” – conclude Marescotti, che ad una domanda riguardo la nazionalizzazione dell’azienda parla senza mezzi termini di uno “scaricare una patata bollente sulla collettività, dei problemi immani che dovrebbero ricadere sulle spalle dei proprietari dell’Ilva” e sottolinea, con riferimento alle vicine vicende dell’Arsenale di Taranto, che i veleni, anche in mano allo Stato, restano veleni.

1 comment

  1. gigi Maggio 28, 2013 7:39 pm 

    Pare che i beni congelati siano di gran lunga inferiori alla cifra prospettata. Quanto poi ad ipotizzare che, al termine dell’iter giudiziario, detti beni possano essere utilizzati per le bonifiche è una tesi tutta da dimostrare. L’arsenale, poi, rappresenta una storia a se, una storia che, oltre a tutto il resto e alle responsabilità accertate da studi incontestabili, tra breve sfornerà una moltitudine di casi di mesiotelioma pleurico dato che il termine della latenza è già arrivato. Nel mentre ci si accapiglia per la destinazione d’uso della elemosina interessata di pochi beni demaniali gonfi d’amianto o si insegue un inutile abbattimento di muri storici tra breve l’arsenale chiuderà i battenti ma se qualcuno pensa che la sua area sarà resa alla cittadinanza, allora si illude.

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