ATTENZIONE: l’articolo che segue è scritto SOLO per il mio tornaconto.
Se c’è una cosa che la Bibbia e il Vangelo ci hanno insegnato, e ci hanno insegnato solo quello, è che bisogna scegliersi bene le persone che vogliamo intorno. Se Gesù avesse tenuto a mente questa lezione con Giuda avrebbe messo le cose in chiaro molto prima e ci saremmo risparmiati il film di Mel Gibson.
Insomma è importante circondarsi di gente giusta, che siano amici o colleghi di qualsiasi tipologia contrattuale di lavoro si conosca. La mia amica Valentina mi dice che non dovrei sempre dipingermi come uno sfigato, ok, ma ascoltate il mio problema.
Da sempre amo andare ai concerti: piccoli, grandi, dove si poga, dove si sta seduti, dove si conoscono belle pischelle, dove si conoscono solo altri sfigati. Penso di averli frequentati tutti. Il problema è sempre lo stesso: con chi ci vado?
Ci sono solo due cose che non amo fare da solo: 1) andare ai concerti; 2) andare al cinema. Lasciamo perdere tutte le altre cose che invece farei da solo e che getterebbero un’ombra sulla mia immagine di maschio alfa. La meccanica non interessa, andiamo ai fatti.
Il 15 giugno suona a Pulsano Andrea Appino, leader degli Zen Circus, che ha fatto uscire da qualche mese il suo primo album solista, Testamento, disco al quale hanno collaborato la sezione ritmica de Il Teatro degli Orrori, Giulio Favero che è anche coproduttore, Franz Valente, e alla chitarra Enzo Moretto degli …A Toys Orchestra. Il mio problema è che molto probabilmente tutti gli amici con cui esco normalmente probabilmente non vorranno uscire.
Per carità, intendiamoci, io voglio bene ai miei amici, affiderei a loro tutte le banconote false che produco nel mio garage; rispetto anche la loro diversità di vedute sulla musica, ma questo non cambia il fatto che rischio di andarci da solo. Andare ai concerti con altri amici è importante. Ti confronti con loro sull’esito del concerto, se ti ubriachi c’è sempre qualcuno di loro o tu che sorregge l’altro e potrei andare avanti all’infinito. Così mi sono detto: visto che Perle ai Porci ha un successo superlativo che neanche il Movimento 5 Stelle, ci scrivo sopra un pezzo, così la gente si commuove come non succede neanche nella peggiore tv del dolore e viene a vedere il concerto con me. Piaciuto lo spiegone? Che gran paraculo che sono!
Andrea Appino è il leader degli Zen Circus, una delle band che in questi anni ha ottenuto maggior successo combinando testi molto autobiografici (per la maggior parte di Appino) e una sorta di cantautorato rock che si lascia alle spalle quella musica scarna che i cantautori ci avevano appioppato e che in tanti ancora oggi continuano a seguire.
Appino ha realizzato un album solista slegato dalla sua band d’origine, che si avverte solo in alcuni momenti, come in La Festa della Liberazione, dove davvero si sentono echi di Guccini e degli Zen Circus, sopratutto nei testi, ma tra un po’ ci arriviamo. È invece fortissima l’influenza del Teatro degli Orrori, ma vabbé loro sono in maggioranza e quindi si possono permettere queste sopraffazioni. Specchio dell’Anima o Che il Lupo Cattivo Vegli su di Te risentono della presenza della sezione ritmica del Teatro, tanto che in alcuni momenti ci si potrebbe aspettare l’ingresso della voce di Capovilla, il che è sicuramente un buon auspicio per la resa dal vivo del disco (non prendetela per una paraculata per convincervi a venire al concerto, ma spero di avervi convinto). Il punto di forza del disco sono i testi, già come nei Zen Circus, molto autobiografici. D’altronde la sua autobiografia è una miniera di informazioni per i testi. I due temi principali del disco sono la famiglia e la religione. La Festa della Liberazione contiene entrambi queste due tematiche: “io prego molto, ma molto di più di chi si inginocchia e prega il soffitto e passo ore, giorni, mesi a pensare le stelle e non guardarle mai ho paura di vederlo spuntare sorride e dice Appino che cazzo fai?”. Oppure quando canta: “ ..E mia sorella rizzacazzi per scelta, un piercing all’ombelico e sei una celebrità” è una canzone con la quale Appino dipinge un quadro non esaltante del paesino di campagna durante la giornata di festa. Oppure in Solo gli Stronzi muoiono dove Appino si inventa un dialogo con la Morte: “poi mi decisi, presi fiato e cominciai a parlarci mi rispose e si mise pure a rassicurarmi mi diceva che tutti avevan fifa di lui e che la notte era un posto fatto apposta per noi per noi bambini che il giorno non ci troviamo mai non è la notte né la morte siamo soltanto noi agli indecisi che non han saputo scegliere mai / agli improvvisi di mestiere e tutti i loro guai i campi elisi sono pronti ad accogliere i lutti anche gli irrisi, gli indifesi, noi tutti”. Appino in queste canzoni racconta i suoi conflitti familiari e le sue esperienze di vita, rinunciando a quel tocco di ironia che è invece presente nei Zen Circus; l’impressione che se ne ricava è sempre che alla fine ci sia la ricerca di una catarsi che poi non arriva mai.
Vi è venuta l’acquolina in bocca? A me sì, dato che si prospetta un buon concerto vi invito ad andarci insieme. Se vi interessa io i concerti me li godo in silenzio senza rompere i coglioni con inutili chiacchiere. Non avete nessuna scusa adesso.
Mentre scrivevo questo pezzo ascoltavo:
The Pastels, Slow Summits, 2013
E’ un bell’album quello di Appino, ma da la sensazione di un “già sentito” (es. “la festa della liberazione” ricorda molto “via della povertà di De Andre”). P.s. ottimo articolo!
Sei un talento sprecato: questo è un articolo degno delle più grandi testate di giornali di musica! Verrei io con te ma abito troppo lontano. Affitta un amico e ricambia il favore al momento giusto ..il rischio peró potrebbe essere quello di ritrovarsi al concerto di gigi d’alessio ;)
grazie dei complimenti Ilaria, poi dammi le tue coordinate bancarie e ti pago quanto pattuito. Io comunque ci vado al concerto, pure da solo
Grazie Castoldo (complimenti a te per il nick) sicuramente non è un album originalissimo, i vari riferimenti si sentono tutti, ma è un album ben fatto, la parte che preferisco sono i testi, su quelli mi sento di dire che è un ottimo lavoro questo