Il 23 gennaio 2016 la rete delle associazioni lgbtqi (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, Queer, Intersessuali) ha indetto presidi e manifestazioni in tutte le piazze delle città italiane, in vista della discussione al Senato del Disegno di Legge Cirinnà sulle unioni civili del prossimo 26 Gennaio. L’Italia è l’unico paese dell’Unione Europea a non avere una legislazione in materia di diritti civili. La società italiana, al contrario, si è dimostrata più attenta ed avanzata nel sottolineare che l’uguaglianza delle persone è un elemento imprescindibile, che non può essere negato. Il Disegno di Legge Cirinnà rappresenta un piccolo passo in avanti verso un più ampio riconoscimento delle unioni non tutelate anche sul piano legale dal “matrimonio classico”.
I giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, con la sentenza del 21 luglio 2015, hanno condannato l’Italia per inottemperanza all’obbligo positivo di dare attuazione ai diritti fondamentali alla vita privata e alla vita familiare delle coppie dello stesso sesso. Come sottolineato anche dalla Corte Costituzionale, il Parlamento italiano è chiamato oggi ad approvare “con la massima sollecitudine” una “disciplina di carattere generale” che tuteli le unioni omosessuali. Le corti europee richiedono che la normativa da emanare sia conforme al principio di non discriminazione ed assicuri un trattamento giuridico omogeneo a quello delle coppie coniugate, giacché ogni disparità esporrebbe la legge a nuovo vaglio di legittimità.
Che nel nostro paese esistano coppie eterosessuali e coppie omosessuali è un dato di fatto. Un altro dato di fatto è che esistano bambini che hanno un padre e una madre, bambini che hanno solo una mamma o solo un papà, ed esistono anche sempre più bambini che hanno due genitori dello stesso sesso. Tutti i Paesi con civiltà giuridica a noi affine si sono dotati di strumenti efficaci per la tutela dei figli di genitori omosessuali. E’ necessario che anche l’Italia si doti di una legge che dia un riconoscimento giuridico per le coppie dello stesso sesso e che regolamenti anche la vita di questi bambini. La “stepchild adoption”, in forma analoga a quella prefigurata nel ddl in discussione, è prevista da anni nella legge tedesca; alcuni dei maggiori Paesi europei (Regno unito, Francia, Spagna) già ammettono l’adozione piena e legittimante.
Il dibattito sociale e parlamentare sembra, però, bloccarsi sul tema della genitorialità, agitando questioni estranee al ddl, quale quella della surrogazione di maternità, comunque oggi vietata in Italia e rischia, di arenarsi sullo scoglio della c.d. “stepchild adoption”. L’adozione del figlio da parte del partner del genitore biologico, la c.d. “adozione in casi particolari”, diretta a dare veste giuridica ad una situazione familiare già esistente di fatto, rappresenta la garanzia minima per i bambini che vivono oggi con genitori dello stesso sesso. Il riconoscimento giuridico della relazione anche nei confronti del genitore sociale assicura difatti al bambino i diritti di cura, di mantenimento, ereditari ed evita conseguenze drammatiche in caso di separazione o intervenuta incapacità o morte del genitore biologico, salvaguardando la continuità della responsabilità genitoriale nell’esclusivo interesse del minore.
Queste bambine e questi bambini esistono. Il Legislatore non può cancellarli, non può voltarsi dall’altra parte, ignorandone le esigenze di protezione. E’ urgente una regolamentazione affinché il nostro paese si possa definire civile. È una battaglia di civiltà, in cui la coscienza e le convinzioni religiose non c’entrano nulla. L’assenza di leggi che riconoscano la piena dignità e i pieni diritti alle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, e che ne riconosca anche le loro famiglie, è una discriminazione inaccettabile.