È praticamente impossibile avvicinarsi a qualsiasi opera recente che tratti della situazione tarantina senza aspettarsi di avere a che fare con un lavoro banale e buonista alla “volemose bene”. Devo invece piacevolmente considerare che, anche se gli esempi di cosiddette opere tanto buoniste e scontate da sfociare nell’ipocrisia sono molte, altrettante sono quelle di coraggio artistico nell’esporre le condizioni in cui versa della città dei due mari. Tra queste ultime, possiamo annoverare senza ombra di dubbio il cortometraggio “Alle Corde” di Andrea Simonetti, giovane attore tarantino all’esordio dietro la macchina da presa. In un Bellarmino sold out, il corto è stata proiettato il 27, il 28 e il 29 dicembre in anteprima assoluta.
Ventitrè minuti di storia coinvolgente, con largo uso del dialetto, che riescono a mettere insieme tanti elementi tra cui il degrado edilizio, l’indifferenza generale, la voglia di riscatto personale e collettivo. Allo stesso modo il film mette in luce quella che l’autore considera “la nostra possibilità di rinascita”, ovvero il mare, uno dei protagonisti assoluti della pellicola.
Non è un caso, tra l’altro, che in poche settimane “Alle Corde” abbia già vinto il premio della sezione Short all’Asti Film Festival e il premio alla miglior regia al Festival del Cinema Invisibile di Lecce.
Il corto narra la storia di Cosimo D’Agostino, giovane pugile della palestra Quero, interpretato dallo stesso regista, alle prese col suo percorso personale e con la realtà che lo circonda. Oltre all’ottima interpretazione del giovanissimo attore-protagonista, da sottolineare anche le interessantissime prove di Cosimo Cinieri e Nicola Rignanese.
Molto interessante risulta anche l’uso della macchina da presa a mano: con questo tipo di ripresa spesso si cerca di sopperire alla mancanza di dinamicità della storia con quella del movimento delle immagini, ma non è questo il caso. Grazie, infatti, anche a una buona fotografia e ad espedienti scenici di buon livello, le inquadrature scelte dal regista sono assolutamente coerenti con le intenzioni narrative. Il finale, molto ermetico ma pieno di significati, lascia ampi margini di discussione su quello che può essere l’alternativa alla drammatica situazione in cui versa il nostro territorio.