Come tutte le persone normali, amo riempire gli spazi vuoti della mia vita con attività futili tipo fumare, guardare social network, ascoltare le conversazioni delle altre persone. Qualcuna di queste attività ha preso il sopravvento, quasi da diventare un lavoro. Purtroppo non ascoltare le conversazioni di altre persone, parlo invece dei social network (che, in fondo, ci assomiglia molto).
Un giorno ero alla fermata dell’autobus dell’AMAT ad aspettare un 20 o un 28 e, mentre aggiornavo la pagina di Siderlandia, scrollavo la mia dashboard di Tumblr in attesa di qualche immagine divertente da mandare ai miei amici tramite Whatsapp. (Amici veri con cui uscire a prendersi una birra e passare tutta la serata a scrivere tweet, mettere Mi piace e postare foto brutte su Instagram.)
E quindi mentre scrolli bacheche di social network a caso, ti ritrovi a canticchiare un motivetto sentito chissà dove che non ti si toglie più dalla testa. Che ti ricorda qualcosa già visto.
Blurred lines, di un certo Robin Thicke.
“…that man is not your maker and that’s why I’m going take
A good girl
I know you want it!”
Un momento. Ma cos’è che sa che voglio?
Cosa succede se si prova a leggere con più attenzione il testo di una canzoncina orecchiabile?
Succede che si scatena un putiferio che corre su tumblr. E succede che qualcuno si prende la briga di fare un confronto tra ciò che dice Robin Thicke e ciò che si vede facilmente su Project Unbreakable. Dapprima una disamina sul sito americano The Society Pages e poi un post con delle “foto animate” (che vedete in questo articolo) che ha fatto 478244 note, cioè 478244 tra apprezzamenti e condivisioni.
La ragazza a destra ha in mano un cartello che dice «Good girl». Sono le parole del suo stupratore. La foto proviene, appunto, da Project Unbreakable, un’iniziativa di una fotografa americana, Grace Brown, che, sensibile alla tematica in questione, ha deciso di fare questo reportage molto semplice nell’idea, ma molto carico di emozione. Volontariamente, uomini e donne tengono in mano un cartello con su scritte le parole che i loro molestatori dicevano prima, durante e dopo la violenza. E proprio con violenza ci ritroviamo faccia a faccia con la cruda cronaca.
Le parole sono quasi le stesse ma, forse, non ci fanno lo stesso effetto, mascherate da una melodia innocua ed estiva – ché poi la canzone sia un plagio di Got to give it up di Marvin Gaye è un altro discorso!
Lette, invece, fanno male. E no, non se ne trae nessun giovamento.
Una leggerezza? Una concezione maschilista/machista dei rapporti con le donne? Un’operazione di marketing?
Forse Robin Thicke voleva darci qualcosa di cui parlare, e sapeva che lo volevamo. Ma io, personalmente, non sono più tanto convinta che “nel bene o nel male, purché se ne parli”. Soprattutto perché non vorrei trovarmi nei suoi panni, rincorso da vittime di abusi sessuali e femministe infuriate.