A molti spettatori televisivi è sfuggito, ieri sera, un passaggio fondamentale dell’intervista concessa da Renzi a Ballarò. Al minuto 4 il Premier ha pubblicato il suo “manifesto liberista” dichiarando apertamente che “Il governo non crea lavoro”: dietro questa frase si cela tutto l’armamentario ideologico del mainstream, secondo il quale lo Stato deve mettere nelle migliori condizioni gli imprenditori per assumere – taglio dell’IRAP e flessibilizzazione del lavoro. Poco più avanti ha, infatti, affermato: “Gli imprenditori non hanno più alibi”. Si tratta del vecchio adagio reaganiano (“Il governo non è la soluzione del nostro problema, il governo è il problema”) e thatcheriano riproposto in salsa neanche troppo moderna, appena spolverato da un po’ di “terza via” blairiana costituita dalla manciata di mini-ASPI in sostituzione della Cassa Integrazione Guadagni. Altro che governo di sinistra! Neanche i politici più “a sinistra” seduti in studio hanno commentato questo passaggio, impegnati come sono a sfruttare tutta la lunghezza della corta catena liberista che li tiene appena poco lontano dal padrone: questa catena va spezzata se vorranno essere liberi di correre senza limitarsi ad abbaiare qualche argomento di buon senso.
E’ ora di risvegliare il senso critico che c’è in ognuno di noi: pubblichiamo la traduzione di un recente articolo apparso sul sito di Gustavo Piga, Professore d’Economia Politica a Tor Vergata, un liberale illuminato che spiega cosa succede in Europa e perché la manfrina dei “decimali” di debito da utilizzare per far valere l’onore italico sulla tecnocrazia europea è un’indegna messa in scena.
Ai lettori anglofoni che chiedono aggiornamenti sulla drammatica stagnazione europea, gradirei trasmettere le ultime notizie del Presidente della Banca Centrale Europea: Mario Draghi ha appena pubblicato un terribile grafico che racconta la storia di un continente colpito dalle punture di una nuvola di zanzare che gli hanno inoculato il virus della malaria, portandolo conseguentemente in uno stato di coma irreversibile. (Grafico 1)
Graf. 1 Andamento di investimenti e PIl Europeo dal 2008 ad oggi.
Il Prodotto Interno Lordo nell’Area Euro Allargata deve ancora recuperare i livelli pre-crisi raggiunti nel 2008 e il 2015 non promette bene. In realtà le cose stanno peggiorando, alla fine, anche in Germania (“alla fine” sta per “come ci si attendeva”).
Gli investimenti pubblici sono bassi, gli investimenti privati sono bassi come, del resto, il consumo per mancanza di speranza e ottimismo.
Coloro i quali – soprattutto di nazionalità americana – argomentano che questa somiglia tanto alla Grande Depressione degli anni Trenta dovrebbero dare uno sguardo al grafico che ho creato basandomi sui dati del Bureau of Economic Analysis at the US Department of Commerce (Graf. 2).
Graf. 2 Spesa pubblica, PIL ed investimenti privati USA dal 1929 al 1936.
Riuscite a vedere la differenza? Si, Il PIL è crollato durante gli anni Trenta più velocemente di quanto sia successo nell’area Euro oggi, ma ha anche recuperato più velocemente e con più decisione. Si, gli investimenti privati hanno subito un collasso molto maggiore che in Europa oggi, ma sono poi rimbalzati molto più velocemente.
E, soprattutto, NO, la spesa pubblica, contrariamente a quanto è stato fatto finora in Europa (Draghi mostra solo gli investimenti pubblici , ma la spesa pubblica corrente dell’Area Euro sta parimenti collassando) NON E’ MAI SCESA DURANTE GLI ANNI TRENTA. Sapete cosa successe, in realtà? Essa aumentò fortemente e credibilmente per sostenere la ripresa, sollevando gli spiriti e ripristinando la speranza. Potreste chiedere perché l’Europa non sta facendo lo stesso.La risposta tecnica è che l’Unione Europea nel 2011 ha deciso di legarsi ad uno strumento di politica fiscale incredibilmente idiota chiamato Fiscal Compact, mai utilizzato prima da nessun altro paese al mondo, che sostanzialmente statuisce quanto segue: “ non importa lo stato in cui versa l’economia, non deve essere concesso alla spesa pubblica di crescere per sostenerla”. Gli operatori privati lo sanno e si astengono dall’investire e consumare.
La risposta politica a questo comportamento masochistico è più difficile da trovare. Si potrebbe affermare che l’unica soluzione disponibile, esprerita da F.D. Roosevelt negli Anni Trenta , è impossibile perché implica un cambiamento di visione troppo grande da parte degli attori politici europei. Il Premio Nobel Prof. Sims ha recentemente affermato che l’Europa ha bisogno di “una politica fiscale espansiva, senza l’impegno di tagliare le future spese, o di alzare le future tasse per preservare l’attuale stabilità dei prezzi. Sfortunatamente la gente è fortemente convinta che non si tratta dell’attuale politica fiscale e che sarebbe necessario un cambiamento di pensiero dei policy makers e dei discorsi che tengono per indurre a far credere alla gente che agiranno così. C’è bisogno di impegni duraturi che devono essere rispettati nel tempo. E ciò è molto difficile per l’attuale classe politica”.
Può darsi. Ma io credo comunque che si tratti più di un semplice problema di incapacità. L’attuale recessione non sta solo colpendo duramente l’economia: sta procurando grandi divisioni sociali tra coloro che hanno un lavoro e coloro che non ce l’hanno. I primi, come dimostra il grafico pubblicato ancora da Mario Draghi, sono persone con alti livelli di educazione e formazione. I secondi sono coloro che hanno un basso livello di educazione (Graf. 3 e 4).
Graff. 3 e 4 Evoluzione dell’occupazione Area Euro per settore e livello e scolarizzazione dal 2008 ad oggi
E’ chiaro che la massa di gente povera che si indigna e protesta contro le attuali politiche si sta unendo alle fila degli unici partiti che li rappresentano, partiti populisti come il Front National della Le Pen in Francia, la Lega Nord e il Movimento Cinque Stelle in Italia. Ciò spiega allo stesso tempo l’attuale equilibrio politico, dove coalizioni di governo in paesi fortemente colpiti dalla crisi accettano la recessione senza cambiare le politiche, dal momento che essi rappresentano un elettorato che non sente troppo le difficoltà: la recessione si accanisce sui lavoratori sradicati dal posto di lavoro, il cui numero è in veloce aumento.
Proprio come la malaria è stata eliminata attraverso gli investimenti effettuati per bonificare le paludi, questa malaria europea potrebbe essere sradicata accettando che gli investimenti pubblici sostengano l’economia, costringendo le imprese ad produrre, quindi assumere, quindi ripristinare livelli di piena occupazione, fin quando il settore privato non si sia rimesso in piedi, desideroso di rischiare nuovamente di tasca propria.
Ma il tempo rimasto a disposizione è breve, molto breve. Gli equilibri politici, specialmente in Europa e tra i suoi Stati, è sempre stato fragile. La medicina che abbiamo scelto per curare il paziente è proprio quella che lo ucciderà, spedendoci indietro nei tempi in cui la difesa degli interessi nazionali, in linea di principio un lodevole fine, ci ha condotto al caos ed alla guerra.