Le mafie sono un fenomeno sociale complesso, non sempre riconoscibile. I film ne hanno costruito un’idea stereotipata, che non sempre corrisponde alla realtà, poiché il fenomeno mafioso non è solo legato al Sud del nostro paese e non è solo legato alla violenza. La fase politica ed economica che stiamo vivendo, a causa delle ricette d’austerità imposte dall’Europa e dal nostro governo, hanno alimentato l’esclusione dai percorsi formativi e il precariato esistenziale. A causa dell’assenza di politiche di benessere efficaci, stanno aumentando le disuguaglianze sociali che determinano la frammentazione del tessuto sociale: una condizione fertile per lo sviluppo della cultura mafiosa.
Le mafie, oggi, si rafforzano perché sono in grado di dare opportunità a coloro che non ricevano adeguati diritti e tutele dallo Stato ed approfittano delle condizioni di bisogno di gran parte della popolazione. Oggi le mafie rappresentano un elemento costitutivo del capitalismo nostrano. Quando reclutano la manodopera, quando la sfruttano sottopagandola nei settori edili, quando fanno offerte al massimo ribasso negli appalti, quando iniettano ingenti somme di denaro nella banche, quando prestano denaro agli imprenditori in difficoltà e quando si appropriano illegalmente del ciclo dei rifiuti, oltre a provvedere alla fornitura di beni come le sostanze stupefacenti, a causa delle politiche proibizioniste del nostro paese. Le mafie, purtroppo, offrono servizi vantaggiosi per gli operatori economici.
La verità, però, è che mafia e corruzione stanno saccheggiando la nostra società a causa di una vera e propria globalizzazione dell’illecito, che sta provocando effetti disastrosi per la capacità delle organizzazioni criminali di inquinare il tessuto sociale, economico e politico di intere comunità. La nostra città, Taranto, non è esente da queste infiltrazioni. Negli ultimi anni c’è stato un incremento consistente dell’attività e del radicamento della criminalità organizzata. La denuncia dell’On.le Rosi Bindi, Presidente della Commissione Nazionale Antimafia, circa il pericolo di inserimento nei clan locali della n’drangheta calabrese, non può sorprendere.
Agli occhi della popolazione, la criminalità organizzata della provincia di Taranto può sembrare una struttura disorganizzata e scomposta. Invece, nell’indifferenza generale, negli anni ha mantenuto i suoi legami con la Sacra Corona Unita e la Camorra. Ha allargato le proprie alleanze e ripreso la sua attività illecita con il traffico degli stupefacenti, il controllo delle attività commerciali, la gestione illecita degli appalti pubblici. Le operazioni e i processi “Alias” hanno smascherato questi legami, e le sparatorie delle ultime settimane rappresentano solo l’inizio della lotta per accaparrarsi i traffici e commerci illeciti in città.
E’ necessario, con lo sforzo di tutte e tutti, rilanciare l’attenzione sul tema, partendo dall’impegno civico di ognuno di noi. Non si può cedere all’espediente omertoso che afferma l’inesistenza di infiltrazioni mafiose nel nostro territorio. Le mafie speculano sullo sfruttamento a causa dell’assenza di diritti (in particolare, il diritto al Lavoro) che tutelino i soggetti in difficoltà. Siano essi cittadini italiani o migranti, come accade nelle nostre campagne con la piaga del caporalato.
Per contrastare le mafie, occorre rimettere al centro la dignità della persona. Riproporre la civiltà dei diritti contro la prevaricazione, violenta e non, delle organizzazioni criminali. Credo sia utile andare al di là della ritualità, riflettere su cosa voglia dire antimafia sociale. Non basta più parlare genericamente di lotta alla mafia. Per contrastarla servono azioni concrete, che contrastino duramente i fenomeni criminali. Per contrastare la mafia non bastano dichiarazioni o qualche atto formale nelle sedi istituzionali. Occorrono parole autentiche ed azioni efficaci che possano porre un argine al fenomeno mafioso.
Il rapporto Svimez del 2015 ci consegna dei dati allarmati per la nostra Regione. Il 16,1% delle famiglie pugliesi, vive in condizione di disagio alimentare. In Puglia il 27% delle famiglie è a rischio di povertà assoluta. A fronte di un sistema che alimenta le disuguaglianze, occorre dare la possibilità a migliaia di persone, attraverso il diritto al lavoro e il sostengo al reddito, di uscire dalla condizione di povertà. Solo in questo modo gli si darebbe la possibilità di emanciparsi, di liberarsi dal ricatto sociale su cui le mafie costruiscono il loro consenso. E’ necessario, inoltre, ripartire dalle scuole e dalle università. Rendere aperti questi luoghi, affinché diventino faro di cultura e aggregazione. Le studentesse e gli studenti della nostra città devono ampliare i propri orizzonti e possono farlo solo in una struttura che fornisca loro la coscienza critica necessaria per analizzare il mondo che li circonda.
Purtroppo i tassi di dispersione scolastica continuano a crescere, e scorrendo l’indice delle vittime delle mafie nel nostro paese non si può far a meno di notare l’alto numero di ragazzi. La memoria diventa fondamentale come base dell’impegno. Tante ragazze e tanti ragazzi, spesso inconsapevoli, o spesso, come accade nei nostri territori, costretti da un ricatto basato sulle precarie condizioni di vita, diventano vittime della criminalità organizzata. E’ necessario, quindi, ripartire dai luoghi del sapere, come luoghi dove ricostruire il futuro e contrastare la cultura mafiosa. Attraverso un reale investimento nel Diritto allo Studio si può dare l’opportunità alle studentesse e gli studenti di far diventare scuole e università un luogo reale di emancipazione sociale e culturale.
Anche a Taranto la memoria senza l’impegno non ha senso. Rispondiamo alla violenza della criminalità organizzata praticando democrazia e partecipazione. Oggi abbiamo un estremo bisogno di antimafia sociale, come forte protagonismo della cittadinanza nel costruire gli anticorpi al radicamento mafioso. Combattere la mafia, promuovere valori come la giustizia sociale e la legalità vuol dire lottare per una nuova società più libera e uguale.