Le Giornate Mondiali contro/a favore di qualcosa non mi stanno molto simpatiche, con il loro modo un po’ bacchettone di affrontare un problema e poi lavarsi la coscienza per il resto dell’anno. È come essere buoni a Natale e voler bruciare gli zingari negli altri 364 giorni.
A questo si aggiunge il fatto che, spesso, queste giornate vengono fraintese o storpiate, come mi è capitato di sentire lunedì scorso su un pullman mentre tornavo dalla provincia; in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, una signora informava quella a fianco della giornata mondiale sulla violenza delle donne.
Ma non è di femminicidio che voglio parlarvi, non sono una femminista che vuole farvi la morale sul ruolo della donna e secoli di patriarcalismo. Me lo riservo per un’altra volta.
Oggi ricorre un’altra Giornata Mondiale che pare averci un po’ stancati, quella contro l’AIDS. Tant’è vero che in giro non se ne parla poi tanto. Quest’anno, poi, che viene di domenica, non ci saranno i volontari della Lila a distribuirci preservativi gratis davanti all’università. (Iniziativa accolta con una ridarella nemmeno fossimo alle medie.)
L’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita) ci sembra ormai un problema degli anni ’80 e ’90, una malattia da eroinomani e da artisti omosessuali. Continua a farci paura, almeno a quelli della mia generazione e di quelle prima, spaventati a morte da campagne pubblicitarie tremende fatte di spot televisivi di gente con aloni viola. Bambini terrorizzati che avevano paura di toccare chiunque, bambini che chiedevano ai propri genitori di comprargli i profilattici. Avevamo paura di farci fare punture, toccare gente non ordinaria, di avere bisogno di una trasfusione di sangue. Quindi siamo stati bravi e abbiamo iniziato ad avere paura dei malati, a discriminarli per bene, forse anche non conoscendone nemmeno uno. Qualcuno ha anche azzardato l’ipotesi del complotto delle case farmaceutiche!
Ci siamo tenuti lontani dall’idea dell’AIDS. Un brutto ricordo da allontanare. Solo che non ci siamo tenuti protetti.
«3853 nuove diagnosi registrate e un’incidenza del 6,5 per 100mila abitanti», dati del rapporto 2013 dell’Istituto Superiore di Sanità sulle infezioni da Hiv e sui casi di Aids.
Forse non avevamo così tanta paura se i nuovi casi sono così tanti: diminuiti quelli di infezione tra tossicodipendenti, sono tanti i casi in cui il contagio è avvenuto tramite rapporto sessuale – eterosessuale 33,2% o omosessuale 45,6%, senza, quindi, una grande differenza – o tra madre-figlio, in gravidanza.
Le Giornate Mondiali non mi stanno molto simpatiche, è vero, ma forse non sono abbastanza. Pecchiamo di presunzione, pensiamo di sapere già tutto e che a noi non succederà mai. E, in fondo, era quello che diceva anche Keith Haring: «Nella mia vita ho fatto un sacco di cose, ho guadagnato un sacco di soldi e mi sono divertito molto. Ma ho anche vissuto a New York negli anni del culmine della promiscuità sessuale. Se non prenderò l’AIDS io, non lo prenderà nessuno.» Non passeranno molti mesi prima di dichiarare in un’intervista a Rolling Stone di aver contratto il virus dell’HIV.