Parte II: Assedio
Il giorno dopo la fuga dei romani, il centro abitato di Taranto era strettamente sotto il controllo dei tarantini e dei cartaginesi. Le truppe latine, intanto, si preparavano all’assalto finale di Annibale e i suoi soldati.
Il condottiero cartaginese, per evitare sortite dalla rocca, ordinò di costruire un muro di difesa nella parte orientale dell’avvallamento che divideva l’acropoli dal centro della città. La fortificazione doveva comprendere una palizzata e un fossato, che avevano il compito di tamponare gli attacchi romani in attesa della costruzione di un muro più solido. I romani decisero di evitare che la costruzione di tale difesa fosse eretta, in quanto sapevano che sarebbe stata di ostacolo ad un eventuale loro contrattacco. Le truppe uscirono dalla città alta e attaccarono i tarantini e i cartaginesi nei pressi del fossato. Dopo una strenua battaglia, i romani furono costretti a ritirarsi velocemente dentro le grandi mura dell’acropoli, incalzati dai nemici. In seguito i cartaginesi e tarantini riuscirono tranquillamente a terminare la costruzione delle difese.
Il completamento delle fortificazioni permise ad Annibale di accamparsi nei pressi del Galeso per preparare le sue macchine d’assedio e così attaccare la rocca e sgominare le ultime resistenze romane. Ne frattempo, i romani ricevettero dei rinforzi provenienti da Metaponto; questo rinforzò i ranghi e li portarono ad affrontare di notte le truppe cartaginesi, riuscendo a distruggere o danneggiare le armi d’assedio. Il condottiero cartaginese capì che senza una flotta non avrebbe mai potuto tagliare i rifornimenti ai romani, ma questi ultimi controllavano l’unico accesso al Mar Piccolo (l’istmo dove ora vi è il Ponte di Pietra), dove la flotta tarantina era ancorata. Il genio di Annibale gli permise di trovare una soluzione al problema: evidenziando la topografia di Taranto, bagnata a Nord e Sud dal mare, ideò la possibilità di trainare le navi attraverso una delle vie della città che collegavano le due sponde con grandi carri. I romani rimasero scioccati nel vedere le navi attraversare la città edancorarsi nel Mar Grande.
Nei mesi seguenti Annibale lasciò Taranto per proseguire la guerra contro Roma. La notizia della presa di Taranto portò altre città della Magna Grecia a ribellarsi ai romani e passare dalla parte dei punici. Nella polìs ionica entrambi gli schieramenti si osservavano dalle loro fortificazioni: entrambi aspettavano il momento giusto per sopraffare l’altro. I romani assediati soffrivano la mancanza dei beni di sussistenza che potevano arrivare loro solo via mare. Dalla Sicilia partì un convoglio navale romano contenente grano per poter rifornire così gli assediati nell’acropoli. La flotta tarantina comandata da Democrate pattugliava le acque del Golfo di Taranto ed incrociò le navi romane cogliendole di sorpresa e si preparò ad attaccarle. Subito fu presa di mira l’ammiraglia romana dove vi stanziava il pretore Quinzio, comandante delle navi latine, che tentava di organizzare la difesa del proprio carico, ma le navi tarantine erano più veloci e agili rispetto alle pesanti imbarcazioni repubblicane. Nicone, uno dei capi della rivolta, era su uno dei trireme tarantini che puntarono la nave ammiraglia e, vedendo il pretore esposto, lanciò un dardo verso quest’ultimo. Quinzio, ferito a morte, perse l’equilibrio e cadde in mare. Priva di una guida, la flotta romana cadde nel panico e i tarantini ne ebbero la meglio affondando e catturando diverse navi, di queste solo in poche riuscirono a raggiungere le sponde metapontine e turine, ignorando che esse erano ormai zone ostili. La flotta tarantina tornò in porto mostrando il bottino raccolto. Ma i vincitori non ebbero molti motivi per festeggiare, in quanto vennero a sapere che alcuni loro concittadini, presi dalla fame, erano usciti dalle mura per raccogliere cibo dalle zone vicine, ma le pattuglie romane ne avevano fatto strage.
Nei mesi seguenti la popolazione tarantina non riusciva più a sfamarsi a dovere, data anche la presenza della guarnigione e della flotta cartaginese giunta a Taranto come rinforzo, che consumavano buona parte delle scorte dei viveri. I tarantini chiesero ai loro alleati di far salpare la flotta per poter diminuire le bocche da sfamare.
Nel 209 a.C. i romani, dopo una serie di sconfitte, riuscirono man mano a recuperare terreno ed elessero di nuovo come console il generale Quinto Fabio Massimo, chiamato Cunctactor (il temporeggiatore) che, con le sue tattiche particolari che evitavano lo scontro diretto contro il nemico, aveva provocato diversi problemi al condottiero punico. Fabio Massimo ebbe come incarico la riconquista dei territori apuli e della stessa Taranto. L’avanzata in Apulia fu inarrestabile, Annibale era impegnato su altri fronti e non riuscì a rinforzare le difese apule. La presa di Manduria da parte dei romani diede il via all’obbiettivo principale: Taranto.
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BIBLIOGRAFIA
Polibio, Le storie.
Tito Livio, Ab urbe condita.